Accolla, dalle periferie al cuore della Chiesa: “Senza servizi, la malavita prospera” INTERVISTA

Accolla, dalle periferie al cuore della Chiesa: “Senza servizi, la malavita prospera” INTERVISTA

Carmelo Caspanello

Accolla, dalle periferie al cuore della Chiesa: “Senza servizi, la malavita prospera” INTERVISTA

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domenica 25 Febbraio 2024 - 07:00

MESSINA. Visita pastorale. Da settembre 2023 al giugno 2025, Arcidiocesi ai "raggi x": Un mosaico di esperienze e testimonianze che raccontano la vitalità della Chiesa. Ma anche le criticità al di là delle Sacrestie

accolla
Ascolta l’intervista all’Arcivescovo di Messina, mons. Giovanni Accolla

di Carmelo Caspanello
MESSINA – Sguardi che si incontrano, parole che si intrecciano, cuori che si aprono. La visita pastorale dell’Arcivescovo Giovanni Accolla è un mosaico di esperienze e testimonianze che raccontano la bellezza, la vitalità della Chiesa di Messina. Una preziosa occasione di verifica e rilancio della propria testimonianza di fede.

Mons. Accolla, uscire dalle sacrestie e andare nelle periferie. Lei punta molto su questo tema. Le periferie di Messina, dell’Arcidiocesi.
“L’ho ripetuto più volte e non mi stancherò mai di dirlo: ne sono convinto. È possibile che la mia analisi sia sbagliata e soggettiva, ma credo che se non si creano opportunità di servizi nelle periferie delle grandi città e dei territori provinciali, rischiamo di lasciare terreno fertile alla malavita, alla delinquenza e alla mafia, che schiavizzeranno la gente. La prima periferia è quella del cuore, che si apre all’accoglienza. Spesso pensiamo che l’uomo si distingua per razza, religione o altro, ma credo che queste barriere vadano superate. L’accoglienza diventa il primo approccio: in siciliano si diceva che se la soglia della porta non sorride conviene cambiare. Penso che il primo approccio sia l’immediato impatto che nasce da uno sguardo negli occhi, ma che diventa espressione dello sguardo del cuore”.

Qual è la sfida più grande che la Chiesa di Messina deve affrontare in questo momento?
“La Chiesa di Messina affronta le sfide in comunione con la Chiesa universale, seguendo l’insegnamento del Santo Padre sull’annuncio del Regno di Dio. Il cammino sinodale diventa il prezioso strumento di questa comunione, promuovendo l’unità e la condivisione tra le varie realtà ecclesiali. Camminare insieme è il ritornello che dovrebbe scolpirsi nel cuore di ogni uomo, poiché coinvolge non solo le singole realtà ecclesiali delle Chiese particolari, ma anche il dolore del mondo in questo momento. Tra le violenze che si verificano all’interno delle famiglie, nelle piccole società e tra le grandi nazioni, credo che emerga un’urgente necessità di comunione, che se vissuta diventa un soffio di vita per tutti. La visita pastorale si configura come uno strumento per promuovere questa comunione, consentendo una celebrazione diffusa della gioia di camminare insieme e condividere, sia nei vari territori della nostra diocesi che nelle diverse comunità”.

In che modo le diverse realtà ecclesiali stanno rispondendo all’incontro con il Vescovo?
“C’è una cosa bella, un valore prezioso: l’accoglienza. È un segno esteriore di una domanda profonda nel cuore dell’uomo. Se c’è la gioia dell’accoglienza, vuol dire che l’uomo cerca sempre il bene, non il male. Questo valore assoluto è la preziosità delle nostre fragilità. Ho preso dalla lettera ai Corinzi l’espressione “un tesoro in vasi di creta”, per dare il titolo alla Visita pastorale. Veramente il cuore dell’uomo è ricco di risorse, perché la grazia di Dio non manca mai. Dobbiamo solo scoprirla e condividerla”.

La lettera con la quale ha aperto la visita pastorale evidenzia l’importanza della formazione permanente del clero e dei laici?
“Certo, ho indicato la formazione, ma essa non è mai un aspetto né didattico né speculativo. Se non è radicata nell’identità, una chiesa non è tale. E non lo è nemmeno se non è una chiesa orante. Se manca il trasporto del cuore, difficilmente si può entrare in dialogo, perché il dialogo diventa altrimenti falsato da ipocrisia. Stiamo lavorando tanto e i segni della carità, della solidarietà e della condivisione sono moltissimi. L’accoglienza della gente diventa quindi un segno esterno della gioia, del desiderio e della premura di vedere un mondo che cambia”.

La visita pastorale sta favorendo anche attraverso le unità pastorali la collaborazione tra le diverse realtà ecclesiali nel territorio della città e dell’Arcidiocesi.
“Le unità pastorali non le ho volute costituire attraverso un decreto canonico, né cercando di soddisfare aspetti del diritto. Preferisco che nascano dal basso, cioè da gente che sa condividere e poi dalla condivisione si prende atto come esperienza di vita e che la comunione diventa arricchente”.

La visita pastorale è iniziata a settembre e finirà nel giugno del 2025. Le ha già regalato un momento particolare che l’ha colpita, un momento che la fa sperare, l’ha riempita di gioia, magari che l’ha rattristata in questa primissima fase?
“Non posso dire di essere rattristato, ma solo di provare una grande gioia. Il titolo che abbiamo dato alla visita pastorale sta trovando riscontro nel cuore e nella partecipazione della gente, del presbiterio e delle comunità ecclesiali”.

Ci ha colpito molto come si sta approcciando a questa visita pastorale: al di là degli incontri con le istituzioni, guarda con attenzione al rapporto che instaura anche durante la celebrazione eucaristica con la comunità, con i giovani, con gli anziani, con chi abita nelle case popolari, con chi ha difficoltà ad arrivare a fine mese, con chi ha un lavoro e gioisce di ciò che ha.
“Devo dire che la vastità delle parrocchie della diocesi, 247, non consente proprio di poter abbracciare tutti, uno per uno, come vorrei fare. Sarebbe presuntuoso da parte mia. Però, se da un lato questo è un limite, dall’altro mette in evidenza la gioia che la gente prova nell’incontrarsi, nello stare insieme. E stanno emergendo non soltanto le problematiche della vita ecclesiale e sociale, ma soprattutto quei valori e quei tesori che sono in ognuno di noi”.

Un messaggio alle istituzioni, ai fedeli, ai sacerdoti, per quanto riguarda il prosieguo della visita pastorale, ma non solo.
“Agli amministratori pubblici direi che potrebbero benissimo diventare sacerdoti o pontefici. Il loro ruolo, infatti, è quello di fare da ponte per generare solidarietà e partecipazione nella vita della gente. Come cantava Giorgio Gaber, “la libertà è partecipazione”: se si abbassa la soglia della partecipazione, la libertà viene soffocata. Ecco perché questi “sacerdoti” della pubblica amministrazione hanno il dovere di creare un legame saldo tra il mondo istituzionale e i bisogni delle persone”.

Un commento

  1. In linea di principio sono d’accordo con Mons. Accolla. La civiltà di una città si vede dai servizi che essa riesce ad offrire alla sua comunità e di servizi a Messina ce ne sono ben pochi specialmente nelle periferie abbandonate a se stesse da decenni da amministrazioni invereconde che non hanno fatto mai nulla per migliorare questa povera città. Anche la Chiesa di Messina è stata complice della cattiva politica nei decenni trascorsi, assecondando le speculazioni edilizie sempre ed esclusivamente per il profitto. Il Vangelo è stato tradito più volte e il Dio denaro ha prevalso su tutto come è successo con lo scempio del bellissimo Collegio dei Gesuiti di Piazza Cairoli. Fino a che punto la Chiesa è stata contaminata dall’eresia della cattiva politica? Egregio Monsignore Accolla a Messina la Chiesa ha perduto da tempo la sua autorità dimostrando di agire per interesse e non per la verità, per opportunismo e non per Vangelo. Spesso in questo paese la Chiesa ha assistito allo sfacelo morale del Paese cieca e muta, sepolta da una cortina d’incenso che le ha impedito di vedere la verità e quindi la realtà. Condivido quindi le sue preoccupazioni e le rispetto, ma non posso in alcun modo accettare che la Chiesa assolva l’immoralità di quel clero che ha portato il nostro popolo al livello più basso mai registrato valorizzando la forza, la furbizia e l’egoismo individuale.

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