Adottata a 6 anni a Saponara dalla Romania: la storia di Anna Barbera diventa un libro

Adottata a 6 anni a Saponara dalla Romania: la storia di Anna Barbera diventa un libro

Giuseppe Fontana

Adottata a 6 anni a Saponara dalla Romania: la storia di Anna Barbera diventa un libro

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domenica 30 Luglio 2023 - 08:00

Nel 1990 il suo arrivo a Saponara ha rappresentato un vero evento. La giovane ora vuole "dare voce a tutti i bambini che sono partiti e a chi non ce l'ha fatta"

SAPONARA – Poco dopo la caduta del Muro di Berlino, nel 1989, l’Europa si è riunificata dopo decenni di guerra fredda. Tra le vittime di quel conflitto silenzioso ci sono stati migliaia di bambini. E tra loro ce n’è stata una che dalla Romania è arrivata a Saponara, tra i primissimi bambini dell’Est europeo adottati da famiglie italiane nel 1990. Si chiama Anna Barbera, figlia adottiva di Pietro Barbera e Caterina Calabrò, e oggi ha deciso, 33 anni dopo il suo arrivo, di raccontare la propria incredibile storia in un libro: “Andreea Baev. Nata adulta con occhi da bambina” (Europa Edizioni).

Anna adottata nel 1990

Anna si racconta e parte dall’inizio, da quando l’hanno accolta tra le loro braccia: “Sono qui da quando ho 6 anni e mezzo, dal 13 gennaio del 1990. Sono arrivata a Saponara, il paese che mi accolto, dopo che i miei genitori mi hanno seguita nell’iter per quasi tre anni. Prima non potevano adottarmi perché col regime comunista di Ceaușescu in Romania non si poteva far nulla. Quando poi è caduto il muro tanti bambini come me, anche dai Balcani e da altri Paesi, sono stati adottati. Per farmi venire in Italia hanno raccolto molti fondi, tutti insieme. Non era semplice in quella fase. Per me è stato come essere adottata da tutta Saponara”.

La battaglia della madre adottiva

“E poi quando sono arrivata con l’aereo del ministro degli Esteri – prosegue ricordando il clamore mediatico suscitato da quelle primissime adozioni – c’è stata pure la diretta televisiva. Nel libro me lo chiedo spesso: perché io? Non me lo so spiegare. Ne hanno parlato tanti giornali. Mia madre è stata una sorta di promotrice, perché ha coinvolto altre famiglie. Sono diventati i pionieri nelle adozioni di bambini dall’Est Europa. Ha lottato molto e non per me da sola, ma per tutti quelli che potevano venire qui in Sicilia. Mia mamma è riuscita anche a consegnare una lettera nel 1989 alla moglie di Gorbaciov, per sollecitare”.

I primi tempi difficili in Sicilia

Nell’autobiografia si parla di questo e della vita in orfanotrofio, ma anche del cambio totale nell’arrivo in Sicilia: “Lì eravamo maltrattati, non ci facevano mangiare o parlare. Ricordo i suoni della guerra, ma ricordo anche che avevo paura di tutto, anche del mare. Abbiamo alcune videocassette di quando sono arrivata in Italia e si vede il mio viso impaurito, in mezzo a tanta gente curiosa che voleva vedermi e conoscermi. In tutti quei video io piango: non avevo mai visto tante persone attorno e quelle che avevo avuto fino al mio arrivo in Italia mi facevano paura, perché mi picchiavano. Non capivo i sorrisi, mi faceva paura anche quando qualcuno si avvicinava”.

“Ci sono voluti due anni prima di parlare”

“C’è voluto un po’ a far passare la paura, credo almeno un anno – continua Anna -. In quei mesi ricordo che quando mi portavano i giocattoli io li buttavo, ma per me il regalo più grande era il cibo. Abituata a non mangiare niente, con un cioccolatino o una caramella mi illuminavo. Pian piano mi sono aperta alle persone, chiedevo la compagnia di qualcuno. Ma ci ho messo due anni prima di parlare, non dicevo praticamente nulla. Avevo paura degli oggetti, di quello che toccavo o vedevo, perfino del bagno. Piano piano è cambiato tutto”.

Il bullismo: “Mi dicevano di tornare in Romania”

Crescere non è stato semplice: “Io sono un po’ ingenua e tendevo a fidarmi sempre. Quindi mi è capitato di avere a che fare con bambini, ragazzini, che mi insultavano o trattavano male, ma non distinguevo il bene dal male, un complimento da un insulto. Non capivo bene questi meccanismi. Qualcuno mi diceva di tornare in Romania, mi chiamavano ‘miss stecchino’ perché ero alta e magrissima a 9 o 10 anni, mi dicevano che avevo i denti sporchi. Questi disagi non mi hanno mai portato a odiarli. Crescendo ho capito quando c’era cattiveria o ipocrisia, ma da bambina o da ragazzina è stato difficile farsi capire, scrivere o leggere bene. Forse serviva un po’ di comprensione in più, anche a livello scolastico. Tutto questo mi ha fortificato”.

La rivincita da adulta

E da adulta? “Non sono mai stata vendicativa, ho cercato sempre di non litigare e continuo a essere così. Ho provato sempre a rispondere con i fatti. E l’ho fatto: ho fatto teatro, suono, scrivo poesie, ora il libro, insegno, ho studiato molto, ho fatto un master, ho lavorato in ospedale. In questo libro racconto anche questo, il mio modo di essere docente oggi con ragazzi che sono com’ero io trent’anni fa. Ho incassato diverse sconfitte personali, ma per me è sempre stato qualcosa di positivo”.

Il messaggio: “Voglio dare speranza”

E proprio questo è l’obiettivo di Anna, lanciare un messaggio positivo: “Voglio dare speranza, perché è vero che ognuno di noi soffre, affronta molti problemi, anche gravi come nel caso di forti stress. E voglio dare voce a tutti quei bambini che come me sono stati adottati e a quelli che invece sono sepolti in Romania, che non sono riusciti ad andare via, che sono morti lì dove siamo nati. Penso anche alla mia madre biologica, che era una prostituta di guerra: non è un tema semplice, ma se io posso affrontare questi argomenti è anche grazie all’amore della mia mamma adottiva. Sono tematiche difficili e spesso non se ne parla, ma noi ci sentiamo diversi, anche se siamo amati. Dietro c’è un costo, un prezzo che ti senti addosso sempre. Questa è la verità che voglio portare fuori, dando voce a loro e a me”.

Il futuro: “Un’adozione? Mi piacerebbe”

E Anna pensa anche alle sue origini: “Non mi dispiacerebbe arrivare a chi mi può aiutare a capire se ho fratelli, sorelle, perché è successo tutto ciò che è successo e se ci sono ancora i miei genitori biologici”. Pensando al futuro, invece, il pensiero va a un’adozione: “Se dovessi avere un compagno che lo volesse, non nego che mi piacerebbe. So che non è facile, oggi anche più difficile di trent’anni fa. Ci sono tanti fattori in ballo, ma il mio desiderio è da sempre anche questo. Con i miei genitori lo abbiamo fatto, anche se a distanza, per parecchi anni. Mi piacerebbe poter aiutare qualcuno a stare bene”.

Un commento

  1. Giovanna la fauci 31 Luglio 2023 15:06

    Bellissima storia! ♥️ Bellissima famiglia! Storie che toccano il cuore ❤

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