"Andare in bici non è appannaggio delle città pianeggianti"

“Andare in bici non è appannaggio delle città pianeggianti”

Autore Esterno

“Andare in bici non è appannaggio delle città pianeggianti”

mercoledì 24 Dicembre 2025 - 08:37

La riflessione dell'ingegnere messinese Francesco Cancellieri. Nel segno della mobilità

di Francesco Cancellieri

Spesso si cade nell’errore di pensare che la ciclabilità sia appannaggio esclusivo delle città pianeggianti (come Amsterdam o Ferrara).
In realtà, nel Mobility Management, le città con orografia complessa (collinari, terrazzate o con forti dislivelli, tipiche di molte realtà italiane come Genova, Perugia o Napoli) non solo possono, ma devono puntare sulla mobilità ciclabile.
Ecco un’analisi strutturata del perché è possibile, perché è necessaria e come integrarla con il Trasporto Pubblico Locale (TPL).

  1. Perché è possibile rompere il mito della pendenza
    La barriera fisica della salita è stata, storicamente, il principale deterrente. Oggi, due fattori rendono la ciclabilità possibile ovunque:
     La Rivoluzione delle E-bike: la bicicletta a pedalata assistita è la vera “livellatrice” delle città. Una pendenza del 10%, che per un ciclista urbano medio è proibitiva, con una e-bike diventa percorribile senza sudare e con sforzo minimo. Questo rende l’orografia un ostacolo trascurabile.
     Ingegneria dei Percorsi (Isocline): una buona progettazione non traccia linee rette. In città complesse, le ciclabili possono seguire le curve di livello (isocline), creando percorsi “in
    quota” quasi pianeggianti che collegano quartieri alla stessa altezza, riducendo la necessità
    di affrontare dislivelli continui.
     Sistemi di risalita meccanizzata: l’integrazione con ascensori pubblici, scale mobili e funicolari permette di superare il dislivello “verticalmente” senza pedalare (vedi punto sull’integrazione TPL).
  2. Perché è necessaria (oltre la sostenibilità)
    Nelle città con orografia complessa, la ciclabilità è paradossalmente più urgente che in pianura per
    questioni di geometria e fisica urbana:
     Congestione e Spazio Limitato: le città collinari hanno spesso strade strette, tortuose e prive di vie di fuga. Un’auto occupa circa 10 mq; in strade strette, poche auto creano
    ingorghi paralizzanti. La bici occupa un quinto dello spazio e mantiene il flusso fluido.

 Inquinamento concentrato: un’auto che affronta una salita con continue ripartenze (stop-and-go) emette esponenzialmente più inquinanti rispetto alla marcia in pianura. Sostituire queste auto con mezzi leggeri (bici/e-bike) ha un impatto drastico sulla qualità dell’aria.
 Resilienza della rete: in caso di lavori o incidenti, una città collinare con poche arterie carrabili si blocca. Una rete ciclabile capillare offre alternative di mobilità che non dipendono dalle poche strade principali.

  1. L’Integrazione Strategica con il TPL
    Per rendere una città “a misura d’uomo”, la bici non deve competere con il trasporto pubblico, ma
    esserne l’estensione (il cosiddetto Last Mile o Ultimo Miglio). Ecco come devono integrarsi:
    A. Intermodalità Verticale (Il “Ponte” tra livelli)

In città su più livelli, il TPL funge da ascensore.
 Funicolari e Ascensori: devono essere sempre accessibili alle bici, trasformandosi in “ciclabili verticali”.
 Bus e Tram: rastrelliere esterne o spazi interni dedicati permettono all’utente di fare il tratto in salita col mezzo pubblico e quello in discesa o in falsopiano in bici.
B. Velostazioni nei Nodi di Interscambio
Nelle stazioni a valle o nei punti nevralgici in quota, è fondamentale creare parcheggi sicuri e coperti (Velostazioni).
 Scenario d’uso: l’utente scende dalla collina in bici, la parcheggia in sicurezza alla stazione a valle, prende il TPL per il centro o l’area industriale. Al ritorno, risale col TPL o con la bici (se e-bike).
C. Bike Sharing “Elettrico” Integrato
Il bike sharing in queste città deve essere prevalentemente elettrico e integrato nel sistema tariffario
del TPL (MaaS – Mobility as a Service).
 Esempio: con lo stesso abbonamento dell’autobus, sblocco una e-bike per coprire l’ultimo chilometro in salita verso casa.
Sintesi: Il modello a “Ragnatela Tridimensionale”
Immagina la mobilità non più come linee su una mappa piatta, ma come una struttura 3D:

  1. Le linee di forza (TPL pesante/verticale): funicolari, metro, bus rapidi che coprono le lunghe distanze e i forti dislivelli.
  2. I capillari (Ciclabilità): e-bike e piste ciclabili che connettono i quartieri residenziali alle stazioni del TPL, muovendosi lungo le curve di livello o affrontando le pendenze grazie alla pedalata assistita.
    Nota Bene: in questo contesto, le piste ciclabili devono essere protette. In salita, il differenziale di velocità tra auto (veloci) e bici (lente) è pericoloso. In discesa, le bici possono raggiungere velocità
    elevate. La separazione fisica è vitale per la sicurezza.
    PER SAPERNE DI PIU’
    Il Mobility Management non è più solo una “buona pratica” opzionale, ma è diventato un pilastro fondamentale delle strategie aziendali e urbane, spinto da obblighi normativi stringenti sia in Italia
    che in Europa.
    Ecco una panoramica strutturata per comprendere il concetto, le figure chiave e le normative
    vigenti.
  3. Cos’è il Mobility Management?
    Il Mobility Management è l’insieme delle iniziative finalizzate a organizzare e gestire la domanda di
    mobilità delle persone (dipendenti, studenti, visitatori).

L’obiettivo principale è ridurre l’uso dell’auto privata (specialmente con un solo occupante) a favore di modalità di trasporto più sostenibili, come il trasporto pubblico, il carpooling, il car sharing, la bici o la micromobilità elettrica.
Le Figure Chiave
In Italia la normativa distingue nettamente tre figure:
 Mobility Manager Aziendale: nominato dalle aziende. Si occupa di ottimizzare gli spostamenti casa-lavoro dei dipendenti.
 Mobility Manager d’Area: nominato dal Comune. Coordina i vari manager aziendali sul territorio e fa da “ponte” con l’amministrazione pubblica.
 Mobility Manager Scolastico: si occupa degli spostamenti casa-scuola (istituito dalla L. 221/2015).

  1. Normativa Italiana: La Svolta del 2020/2021
    Sebbene la figura esistesse dal “Decreto Ronchi” del 1998, la vera accelerazione è arrivata con la pandemia e il PNRR.
    Il Decreto Rilancio e l’Obbligo di Nomina
    Il riferimento normativo attuale più importante è l’Art. 229 del Decreto Rilancio (D.L. 34/2020),
    attuato poi dal Decreto Interministeriale 12 maggio 2021.
    Chi è obbligato a nominare il Mobility Manager? L’obbligo scatta per le imprese e le Pubbliche Amministrazioni che soddisfano entrambi i seguenti requisiti:
  2. Hanno più di 100 dipendenti per singola unità locale (precedentemente la soglia era 300 o
    800).
  3. Sono ubicate in:
    o Capoluoghi di Regione;
    o Città Metropolitane;
    o Capoluoghi di Provincia;
    o Comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti.

Nota Bene: le aziende che non rientrano in questi parametri possono comunque nominare un Mobility Manager su base volontaria, pratica molto apprezzata per il Welfare e la “reputazione” (Esg).
Il PSCL (Piano Spostamenti Casa-Lavoro)
Il cuore dell’attività normativa è il PSCL. Le aziende obbligate devono redigerlo entro il 31 dicembre di ogni anno.
Il PSCL deve contenere:
 Un’analisi degli spostamenti attuali dei dipendenti.
 Le misure da adottare per ridurre l’auto privata (es. navette aziendali, convenzioni TPL,
incentivi bici).
 I benefici attesi in termini di emissioni di CO2 ridotte.

  1. Normativa Europea e Contesto Strategico
    L’Europa non impone una singola “legge sul Mobility Manager” identica per tutti, ma detta la strategia climatica che i paesi membri devono tradurre in leggi nazionali.
    Il Green Deal e “Fit for 55”
    Il pacchetto Fit for 55 è la normativa quadro che impone all’UE di ridurre le emissioni del 55% entro il 2030. Questo impatta le aziende attraverso:
     Direttiva EPBD (Case Green): obbliga all’installazione di colonnine di ricarica nei parcheggi degli edifici non residenziali (uffici) sopra una certa dimensione.
     CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive): le grandi aziende devono rendicontare il loro impatto climatico; il trasporto dei dipendenti è una voce significativa (Scope 3 emissions) che il Mobility Manager aiuta a ridurre.
    I PUMS (Piani Urbani della Mobilità Sostenibile)
    A livello europeo si spingono le città ad adottare i SUMP (Sustainable Urban Mobility Plans), in italiano PUMS. Il Mobility Manager aziendale deve dialogare con il PUMS della sua città per
    assicurarsi che le strategie aziendali (es. orari flessibili) siano coerenti con i servizi offerti dal
    territorio.
  2. Perché farlo? (Oltre l’obbligo)
    Al di là della conformità legale, il Mobility Management offre vantaggi concreti:
     Welfare Aziendale: riduce lo stress da pendolarismo per i dipendenti.
     Risparmio Economico: ottimizza i costi delle trasferte e dei parcheggi aziendali.
     Reputazione (ESG): dimostra impegno concreto verso la sostenibilità, fondamentale per
    attrarre talenti e investitori.

Ingegnere Francesco Cancellieri

2 commenti

  1. Tutto bello, Ingegnere, lì dove i tutti cittadini, compresi anziani, disabili, madri di famiglia, lavoratori con orari impossibili ecc., sono posti al centro dell’ azione politica. Qui al centro ci stanno altri interessi e perciò l’azione meritoria di liberare le città da inquinamento e rumore è solo una patina, già scrostata in molti punti, sotto la quale vi è semplicemente la vessazione del contribuente. Quando torneremo ad essere cittadini, e non soltanto contribuenti, se ne potrà riparlare in modo serio.
    Buon natale
    Messina libera!

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  2. Mai sentite in vita mia un concentrato di assurdità così ampio, l’ingegnere forse sta su Marte.

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