Restano due giorni per evitare il fallimento: la corsa di Messinambiente

Restano due giorni per evitare il fallimento: la corsa di Messinambiente

Francesca Stornante

Restano due giorni per evitare il fallimento: la corsa di Messinambiente

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martedì 27 Giugno 2017 - 05:40

La società di via Dogali si dovrà presentare in Tribunale entro il 3 luglio con un piano concordatario per evitare il fallimento. Ad oggi però mancano ancora gli atti finanziari più importanti.

Il tempo sta scadendo. La corsa è ormai contro i secondi. In due giorni si dovrà fare tutto quello che non è stato fatto in oltre cinque mesi. Per evitare il fallimento di Messinambiente bisogna fare in fretta e sperare che quello che si riuscirà a produrre nelle prossime 48 ore sia la strada giusta per convincere il Tribunale a dare un’altra chance alla società di via Dogali. Così ha deciso l’amministrazione Accorinti 6 mesi fa. Decisione che però ad oggi non si è tradotta ancora in nessun atto concreto che possa dare sostanza al piano concordatario che Messinambiente dovrà depositare entro il 3 luglio. Il liquidatore Giovanni Calabrò ha fissato come data limite quella del 29 giugno: «Entro giovedì si deve chiudere il piano» ha dichiarato a seguito della riunione che si è svolta ieri a Palazzo Zanca. C’erano gli assessori Guido Signorino e Daniele Ialacqua, i vertici di Ato3 e MessinaServizi Bene Comune, Michele Trimboli e Beniamino Ginatempo, c’erano i legali che stanno seguendo la procedura fallimentare per Messinambiente, Marcello Parrinello, Paolo Vermiglio, Carlo Vermiglio e ovviamente il liquidatore della società Giovanni Calabrò con il gruppo amministrativo, composto da Armando Bressan, Tania Venuto, Agata Santacroce e Ketty Fisichella, che sta lavorando al concordato. Riunione che ha seguito l’assemblea dei soci straordinaria che era stata fissata per ieri dopo il nulla di fatto dello scorso 21 giugno, assemblea che doveva servire per siglare il piano da portare in Tribunale. Neanche ieri però si è chiuso il cerchio. Si è preso atto del passo in avanti fatto con l’affidamento dei servizi a MessinaServizi Bene Comune, che rappresenta il via libera per quel concordato “in continuità” che i legali stanno mettendo in piedi (VEDI QUI). Ma nulla di più. Serviva la famosa delibera di giunta che mette nero su bianco l’impegno finanziario che il Comune intende accollarsi per scongiurare il fallimento, prevedendo di inserire nei bilanci di Palazzo Zanca i 30 milioni di euro che pesano come un macigno sul futuro della società. Delibera che non è ancora stata esitata. L’amministrazione ha garantito che l’atto sarà prodotto oggi, per questo è già stata fissata una nuova convocazione dell’assemblea dei soci per domani. Saranno questi i due passaggi più importanti per dare concretezza al piano concordatario e dare seguito a quelle che sono state fin dal principio le intenzioni dell’amministrazione. Come sempre però si cammina sul filo del rasoio. E si sta aspettando l’ultimissima data utile per chiudere una procedura che ha scatenato tanti dubbi e polemiche e che ancora oggi non convince tutti. C’è per esempio l’amministratore di MessinaServizi Bene Comune che vuole capire quali saranno le implicazioni per la nuova società che in questo modo diventa la NewCo che garantisce la continuità aziendale. In questo modo MessinaServizi dovrà affittare il ramo d’azienda da Messinambiente, con tutti gli oneri anche economici che ne conseguono. Il garante sarà sempre il Comune, che è socio unico delle due società. Ma questo non basta a diradare le tante nubi che ancora oggi si annidano su un percorso che è stato impervio sin dal principio.

Un percorso iniziato lo scorso 16 novembre, quando il giudice Giuseppe Minutoli rigettò il reclamo presentato da Messinambiente contro il pignoramento da 29.795.039 euro di Riscossione Sicilia. Poi il 27 gennaio la mazzata: l’avvio della procedura fallimentare da parte del Tribunale fallimentare. La prima udienza fu fissata per l’8 febbraio, poi slittò tutto al 22 febbraio. Quel giorno Calabrò e i legali si presentarono in Tribunale con la richiesta di concordato preventivo per evitare il fallimento. Il 3 marzo arrivò il responso del giudice Minutoli che accolse la proposta di tentare il concordato avanzata da Messinambiente, concedendo solo due mesi di tempo per confezionare il piano e presentarlo in Tribunale. In quei primi 60 giorni soprattutto il Comune avrebbe dovuto fare la sua parte e dare sostanza finanziaria ad una proposta che altrimenti sarebbe stata solo una richiesta vuota e ovviamente improponibile in sede giudiziaria. Non accadde nulla e il 29 aprile Messinambiente chiese un’ulteriore proroga, ottenendo altri 60 giorni di tempo per presentare la propria proposta di piano concordatario. Così si arriva al prossimo 3 luglio. E’ quella l’ultima scadenza. L’ultima spiaggia. In questi due mesi è stata scelta la strategia del concordato in continuità, manca però ancora quella sostanza rappresentata dall’impegno finanziario. In questo momento è tutto nelle mani della giunta Accorinti, poi la passa passerà al Tribunale. L’unica certezza adesso è che questi due giorni saranno decisivi.

Francesca Stornante

4 commenti

  1. E speriamo che la giustizia metta la parola fine a tutto sto teatrino, dichiarando il fallimento, ovviamente!!!

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  2. E speriamo che la giustizia metta la parola fine a tutto sto teatrino, dichiarando il fallimento, ovviamente!!!

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  3. Mamma mia quanti “cervelli” per duplicare una società fallita…
    Scarsi oltre ogni limite ma tanto al colpa sarà sempre di chi c’era prima e di chi ci sarà dopo! In mezzo, ovviamente, la “dittatura democratica” continua: come la vogliamo chiamare questa abitudine a presentare gli atti salienti un minuto prima delle scadenze, invocando il SI per “evitare disastri epocali”? Consideriamo l’inutile consiglio comunale in termini di reale capacità politico/gestionale (bocciano una delibera per poi approvarla dopo qualche giorno senza che la stessa sia stata modificata almeno in una virgola…) ed il cerchio è chiuso!

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  4. Mamma mia quanti “cervelli” per duplicare una società fallita…
    Scarsi oltre ogni limite ma tanto al colpa sarà sempre di chi c’era prima e di chi ci sarà dopo! In mezzo, ovviamente, la “dittatura democratica” continua: come la vogliamo chiamare questa abitudine a presentare gli atti salienti un minuto prima delle scadenze, invocando il SI per “evitare disastri epocali”? Consideriamo l’inutile consiglio comunale in termini di reale capacità politico/gestionale (bocciano una delibera per poi approvarla dopo qualche giorno senza che la stessa sia stata modificata almeno in una virgola…) ed il cerchio è chiuso!

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