Autorità nel Cristianesimo e nell’Islam: un confronto all’Università di Messina

Autorità nel Cristianesimo e nell’Islam: un confronto all’Università di Messina

Giacomo Maria Arrigo

Autorità nel Cristianesimo e nell’Islam: un confronto all’Università di Messina

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giovedì 31 Ottobre 2019 - 12:41

Si è svolto ieri un incontro all'Università di Messina tra S.E.R. Mons. Cesare di Pietro e il prof. Dario Tomasello sull'autorità spirituale nel Cristianesimo e nell'Islam.

L’arcidiocesi di Messina, Lipari e S. Lucia del Mela e il Centro islamico di Messina hanno organizzato ieri presso l’Aula Cannizzaro dell’Università di Messina un incontro a dir poco attuale sui rapporti tra Islam e Cristianesimo nell’ambito dei “Dialoghi di conoscenza e riconoscimento reciproco”. Questa volta il tema era “Autorità e vita spirituale”, e i due relatori sono stati S.E.R. Mons. Cesare Di Pietro, vescovo ausiliare di Messina, Lipari e S. Lucia del Mela, e Dario Tomasello, professore associato di Letteratura italiana contemporanea presso l’Università degli Studi di Messina, dove coordina anche il corso di laurea in Turismo culturale e disciplina delle arti, della musica e dello spettacolo (DAMS) e il Centro Interdipartimentale di Studi sulle Arti Performative (UNIVERSITEATRALI).

Il convegno è iniziato con un momento di preghiera durante il quale i musulmani hanno recitato la al-Fātiha, la prima sūra del Corano, e i cristiani hanno pregato il Padre Nostro. Dopodiché ha relazionato Cesare Di Pietro il quale, basandosi sui testi magisteriali, ha approfondito i rapporti tra le fonti della Rivelazione e il magistero della Chiesa. «L’autorità nella Chiesa», ha esordito, «è servizio, non dominio». Ha quindi recitato un’espressione che sovente ricorda ai fedeli: «La fede non è un pacchetto preconfezionato di ricette da prendere o lasciare», con ciò volendo sostenere che bisogna «proporre e non imporre l’unica verità che è Gesù Cristo», secondo le parole di Giovanni Paolo II. «Si diventa cristiani non per indottrinamento ma per accensione del cuore», avrebbe più tardi detto Benedetto XVI, corroborando quell’insegnamento secondo cui non bisogna fare proselitismo ma essere testimoni. L’autorità si manifesta propriamente in un simile atteggiamento vivo vissuto, non solo dichiarato e predicato.

Il vescovo ausiliare ha affermato l’importanza della trasmissione della Verità rivelata, il cui deposito viene preservato intatto nella tradizione apostolica. «Il Magistero non è la fonte della Rivelazione ma è al servizio della Rivelazione», ha detto. La Chiesa, sorretta dalla presenza viva dello Spirito Santo, «piamente ascolta, santamente custodisce, e fedelmente espone la Parola di Dio», come è asserito nella Dei Verbum, la costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione del Concilio Ecumenico Vaticano II. La fonte dell’autorità della Chiesa è sempre Gesù Cristo morto e risorto.

Mons. Di Pietro ha concluso il suo intervento con un avvertimento: oggi l’obbedienza è in crisi in diversi ambiti della società. Bisogna tornare ad affidarsi – a Dio, al Papa, al Vescovo, ai maestri. La bussola deve essere la Parola di Dio che, ha detto il Monsignore, «il Vescovo cerca di interpretare. Quindi vi esorto a pregare per me».

La parola è poi passata a Dario Tomasello. Il suo intervento ha preso le mosse da una constatazione ormai largamente nota: non esiste una istituzione ecclesiastica all’interno della tradizione islamica. Eppure – ed è questo il punto centrale – è sempre esistita una maestria, cioè «una continuità rispetto a un modello, il Profeta Muhammad». E il Profeta, che è l’applicazione coerente della parola di Dio, è il «modello di autorevolezza assoluta», ha sostenuto Tomasello. Nonostante non ci sia mai stata una continuità codificata in una qualche forma di architettura ecclesiale, la storia ha testimoniato una applicazione coerente degli insegnamenti muhammadici.

Il modello profetico è «un modello di servizio e di povertà, e anche di guerra senza quartiere (cioè jihad) contro il proprio egoismo e contro le proprie passioni». Nella ricostruzione di Tomasello la parola jihad torna al suo significato originale e proprio, quello di sforzo contro le proprie inclinazioni più basse.

Tutto ciò, però, non significa che non esista una istituzionalizzazione o sistematizzazione degli insegnamenti islamici. L’Islam ha sviluppato nel tempo un edificio giuridicamente complesso (basti pensare alle quattro scuole giuridiche). La conoscenza, in questo costituzione, è sempre stata la stella cometa dei maestri e sapienti. «A chi procede verso la scienza, Dio spiana la strada per il Paradiso», recita un hadith(tradizione profetica) riportato dal professor Tomasello. «I sapienti sono gli eredi dei profeti», ha continuato. Autorevolezza, conoscenza e pia devozione stanno e cadono insieme. «Non c’è costrizione nella religione», recita il Corano – il che permette di coniugare libertà, conoscenza e fede in un nodo inestricabile.

La relazione di Tomasello si conclude con un accenno alla dimensione iniziatica nell’Islam. Il celebre teologo e filosofo al-Ghazali una volta disse: «La sola scienza teorica non è di nessun aiuto [dopo la morte]». Dario Tomasello ricorda quindi la necessità della sequela di un maestro, e di conseguenza di un sincero rapporto maestro-discepolo, che permetta di vivificare le lettere di per sé morte dei testi (teologici e filosofici).

La chiosa finale riprende la conclusione di Mons. Di Pietro: oggi viviamo in un’epoca di misconoscimento dell’autorità spirituale, e l’Islam ne risulta particolarmente afflitto a causa dei vari fondamentalismi ed estremismi violenti. Come fare a recuperare quel sano rispetto per l’autorità rimane un punto di domanda per entrambi i relatori, un problema comune e, di conseguenza, un compito collettivo. Con questo punto interrogativo che interpella la coscienza di tutti e di ciascuno si è concluso l’evento.

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