Barcellona P.G: l' interrogazione del Senatore Lumia sul Parco Commerciale

Barcellona P.G: l’ interrogazione del Senatore Lumia sul Parco Commerciale

Barcellona P.G: l’ interrogazione del Senatore Lumia sul Parco Commerciale

martedì 26 Gennaio 2010 - 14:13

Approdata anche in Senato, con un’ interrogazione del Senatore del Pd Lumia, la possibile Costruzione di un Parco commerciale a Barcellona P.g., tale struttura, da molti indicata come -faraonica-, ha fatto scaturire non poche polemiche in citta’.

L’ Interrogazione a risposta scritta, è cosi’ stilata:

– Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell’interno – Premesso che, per quanto risulta all’interrogante:

-in data 19 novembre 2009, il Consiglio comunale di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), con 22 voti favorevoli e un solo astenuto, ha approvato il piano particolareggiato per l’insediamento in contrada Siena di uno dei maggiori parchi commerciali di tutto il Sud Italia. Come si evince dal progetto presentato dai relativi progettisti, su una superficie di 18,4 ettari di terreni oggi agricoli, si prevede di realizzare infrastrutture per 398.414,45 metri cubi, contro un volume delle costruzioni esistenti di appena 23.164,68 metri cubi. All’odierno sistema di viabilità di 5.052 metri quadri si aggiungeranno sei sezioni stradali per ulteriori 35.714 metri quadri; le opere di urbanizzazione primaria richiederanno una spesa di 2.018.201,99 euro, di cui appena 40.950 destinati «a verde pubblico attrezzato»;

– più specificatamente il nuovo piano si articola in:

a) una zona -D- di 16,86 ettari ricadente a ridosso del nuovo asse stradale industriale previsto dal Piano regolatore generale dell’area di sviluppo industriale, destinata più specificatamente a -parco commerciale- e alle attività di vendita al dettaglio integrate «da attività paracommerciali, ricreative e del tempo libero e da altri servizi complementari quali modeste strutture ricettive-alberghiere connesse»;

b) un -sistema residenziale- ricadente in una zona -A- di 347,40 metri quadri di «recupero di beni isolati di particolare valenza ed interesse storico-architettonico ed etno-antropologico» e «senza alterazione dei volumi», ove istituire un -Paese-albergo- in cui sono consentite destinazioni d’uso alternative stagionali e attrezzature come alberghi, ristoranti, trattorie, bar, luoghi di svago e di riunione anche grazie a «forme di contributo pubblico a fondo perduto da parte del Comune e/o della Provincia Regionale»;

c) le zone -B- con una superficie totale di 15.100 metri quadri e una previsione di edificabilità per 37.750 metri cubi, ove gli interventi edilizi saranno finalizzati al «miglioramento della qualità abitativa attraverso il recupero e la ristrutturazione delle unità ad uso residenza, commercio al dettaglio, pubblici esercizi e servizi di somministrazione e di ristoro, modeste attività alberghiere e turistico-ricettive, studi professionali, artigianato di servizio, spazi e attrezzature per la cultura e la comunicazione, attrezzature di quartiere e di interesse generale, parcheggi al piano terra e seminterrato, cliniche private, attività del terziario»;

– come si evince da quanto sopra e secondo quanto segnalato dal movimento civico -Città Aperta- di Barcellona Pozzo di Gotto, unica associazione locale che ha espresso sino ad oggi forti critiche sul progetto di insediamento del parco commerciale, «la sua approvazione rischia di portare ad un’ennesima spaventosa colata di cemento, in un territorio già fortemente compromesso dal punto di vista ambientale e idrogeologico»; inoltre il progetto non «ha alcuna valenza dal punto di vista economico, poiché i parchi commerciali presenti nella vicina Milazzo sono già con tutta evidenza sopradimensionati per il mercato locale»;

– indipendentemente dalla portata del progetto, va tuttavia segnalata la gravissima anomalia rappresentata dalla società che ha proposto il piano per il megaparco, ottenendone l’approvazione dal Consiglio comunale, la Dibeca sas, direttamente riconducibile ad un noto pluripregiudicato locale, l’avvocato Rosario Pio Cattafi, che, secondo quanto riportato nella relazione conclusiva di minoranza della Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare della XIV Legislatura, con primo firmatario l’interrogante, «solo nel luglio 2005 ha finito di scontare la misura di prevenzione antimafia della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, irrogatagli nel massimo (cinque anni), per la sua pericolosità, comprovata, secondo quanto si legge nel decreto emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Messina il 2 agosto del 2000, dai suoi costanti contatti, protrattisi per decenni e particolarmente intensi proprio nella stagione delle stragi, con personaggi del calibro di Benedetto Santapaola, Pietro Rampulla, Angelo Epaminonda (col quale Cattafi relazionò nel lungo periodo di sua permanenza a Milano) e Giuseppe Gullotti (addirittura di quest’ultimo, capomafia barcellonese condannato definitivamente per l’omicidio del giornalista Beppe Alfano, Cattafi, nella migliore delle tradizioni di -Cosa Nostra-, è stato testimone di nozze)». Nelle stesse motivazioni della misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di Barcellona per la durata di cinque anni, vengono descritte minuziosamente le gravi vicende giudiziarie che hanno interessato il personaggio barcellonese, evidenziandone in particolare i rapporti con numerosi esponenti della criminalità organizzata provinciale e regionale, con particolare riferimento a Francesco Rugolo, ucciso il 26 febbraio 1987, ai vertici del gruppo barcellonese;

– a quanto risulta all’interrogante, Rosario Pio Cattafi è stato pure -compare di anello- del boss Giuseppe Gullotti, a capo della mafia del Longano perlomeno sino alla sua condanna definitiva per l’omicidio del giornalista Beppe Alfano, peraltro indicato dal collaboratore di giustizia Giovanni Brusca come la persona che gli avrebbe fornito il telecomando per l’attentato mortale contro il giudice Falcone, la moglie e la scorta il 23 maggio 1992 a Capaci;

– numerosi collaboratori di giustizia, tra i quali spiccano Angelo Epaminonda e Maurizio Avola hanno indicato Cattafi come personaggio inserito in importanti operazioni finanziarie illecite e di numerosi traffici di armi, in cui sono emersi gli interessi di importanti organizzazioni mafiose quali, oltre alla cosca -Santapaola-, le famiglie -Carollo-, -Fidanzati-, -Ciulla- e -Bono-;

– sin da giovane Rosario Cattafi, aveva militato nelle file della destra eversiva, rendendosi protagonista nell’ambiente universitario messinese di alcuni pestaggi (unitamente al mistrettese Pietro Rampulla, l’esperto artificiere della strage di Capaci), risse aggravate, danneggiamento, detenzione illegale di armi. Particolarmente rilevante la vicenda inerente alle raffiche di mitra sparate dal Cattafi in una camera della Casa dello studente nell’aprile 1973, a seguito del quale è stato tratto in arresto;

– successivamente lo stesso Cattafi fu sospettato di essere stato uno dei capi di una presunta associazione operante a Milano, responsabile del sequestro, nel gennaio 1975, dell’imprenditore Giuseppe Agrati, rilasciato dopo il pagamento di un riscatto miliardario. All’organizzazione fu anche contestata la compartecipazione nei traffici di stupefacenti e nella gestione delle case da gioco per conto delle -famiglie- mafiose siciliane;

– nei primi anni Ottanta, Cattafi si sarebbe attivato in vista del trasferimento di una partita di cannoni svizzeri -Oerlikon- a favore dell’emirato di Abu Dhabi. I documenti sulla transazione di materiale bellico furono scoperti nel corso di un’inchiesta della Procura di Milano interessata a verificare se dietro un viaggio del Cattafi a Saint Raffael c’era l’obiettivo di stipulare per conto della famiglia Santapaola un accordo con la famiglia dei Greco per la distribuzione internazionale di stupefacenti. Le indagini consentirono di accertare che il Cattafi aveva avuto accesso a numerosi e cospicui conti correnti in Svizzera e che lo stesso aveva tenuto non meglio chiariti rapporti con presunti appartenenti ai servizi segreti;

– nell’agosto 1993 Cattafi fu indicato in una nota della Squadra mobile di Messina quale fornitore di materiale esplodente e di armi ai sicari della cosca barcellonese ed uno dei maggiori esponenti del clan. Il 1° settembre dello stesso anno la sua abitazione fu oggetto di perquisizione su decreto emesso dalla Procura di Messina nell’ambito di un procedimento penale per traffico internazionale di armi e materiale bellico, associazione per delinquere, truffa e corruzione, nel quale egli risultava coindagato unitamente al re dei casinò delle Antille olandesi Saro Spadaro e al cittadino italo-peruviano Filippo Battaglia, di cui proprio Cattafi era stato testimone di nozze. Il procedimento fu trasmesso poi alla Procura di Catania che rinviò a giudizio il solo Battaglia (poi assolto);

– a quanto risulta all’interrogante, Rosario Cattafi fu invece tratto in arresto il 9 ottobre 1993 in esecuzione di un ordine di custodia cautelare emesso dal Gip presso il Tribunale di Firenze su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia, nell’ambito dell’operazione relativa all’autoparco Salesi di via Salomone a Milano, nella quale rimasero coinvolti alcuni soggetti ritenuti legati alla criminalità organizzata lombarda e siciliana. Dopo una pesante condanna in primo grado a 11 anni e 8 mesi (4 anni dei quali scontati nel carcere di Opera) per traffico di sostanze stupefacenti, la sentenza fu annullata per un vizio procedurale. Con il nuovo processo, Cattafi venne assolto perché in sede dibattimentale furono dichiarate inutilizzabili le intercettazioni ambientali che avevano documentato le sue frequentazioni dell’autoparco milanese;

– di Cattafi si occupò poi la Procura della Repubblica di La Spezia nell’ambito dell’inchiesta sul faccendiere Pacini Battaglia e su un presunto traffico di armi delle società costruttrici Oto Melara, Breda ed Augusta con paesi sottoposti ad embargo. I magistrati spezzini scrissero che egli era «inserito a pieno titolo nel commercio illegale delle armi e degli armamenti nella sua qualità di appartenente alla famiglia mafiosa capeggiata da Nitto Santapaola»;

– nel 1998 Cattafi fu infine sottoposto ad indagini (poi archiviate) dalle Procure di Caltanissetta e Palermo relativamente ai cosiddetti -mandanti occulti- delle stragi di Capaci e via D’Amelio ed al procedimento denominato -Sistemi Criminali-. In tali fascicoli il nome di Cattafi comparve accanto ai boss mafiosi Salvatore Riina e Nitto Santapaola, al patron della P2 Licio Gelli, al leader di Avanguardia Nazionale Stefano Delle Chiaie e al mercante d’armi messinese Filippo Battaglia. Su Cattafi e gli altri la Procura di Palermo aveva ipotizzato che avessero, con condotte causali diverse ma convergenti, promosso, costituito, organizzato, diretto e/o partecipato ad un’associazione, promossa e costituita in Palermo anche da esponenti di vertice di Cosa Nostra, avente ad oggetto il compimento di atti di violenza con fini di eversione dell’ordine costituzionale, allo scopo – tra l’altro – di determinare le condizioni per la secessione politica della Sicilia e di altre regioni meridionali dal resto d’Italia. Secondo un rapporto della Direzione investigativa antimafia del 1994, sarebbero stati rilevati contatti telefonici fra le utenze utilizzate da Rosario Cattafi con soggetti riconducibili a Licio Gelli e Stefano Delle Chiaie, fra la fine del 1991 e gli inizi del 1992;

– nel curriculum criminale di Rosario Cattafi ci sono infine due denunce (una in data 9 agosto 2000, l’altra il 14 luglio 2001) per violazione degli obblighi della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di Pubblica sicurezza; una denuncia, il 20 luglio 2001, da parte del Nucleo operativo della Compagnia Carabinieri di Barcellona, per minaccia nei confronti di un medico e per violazione agli obblighi della sorveglianza speciale di P.S.; inoltre, vi è la revoca da parte del Prefetto di Messina della patente di guida (8 gennaio 2001);

– in merito alla società proponente il piano particolareggiato e proprietaria di 5,4 ettari di terreni di contrada Siena, secondo alcune inchieste del giornalista siciliano Antonio Mazzeo, pubblicate in varie testate, si evince che: la società Dibeca, già -Dibeca snc di Cattafi Rosario & C.-, ha sede in via Garibaldi 58, Barcellona Pozzo di Gotto; fu costituita nel novembre 1982 proprio da Rosario Cattafi e ha avuto amministratore unico, sino al 1987, il fratello farmacista Agostino, poi sindaco di Furnari (Messina), recentemente deceduto. Il Comune di Furnari è stato interessato dal recentissimo decreto, emesso dal Presidente della Repubblica su delibera del Consiglio dei ministri che ha accolto la proposta del Ministro dell’interno, con cui è stata sciolta l’amministrazione comunale per condizionamenti della criminalità mafiosa locale; oggetto sociale della citata Dibeca è l’esecuzione di lavori edili, stradali, marittimi, ferroviari, idraulico-forestali, acquedotti, fognature, movimenti terra, nonché l’acquisto, la vendita, l’amministrazione e la gestione di terreni, fabbricati per civile abitazione, turistico-alberghieri, industriali, commerciali, eccetera;

– alla società barcellonese la commissione ispettiva della Prefettura di Messina aveva dedicato nel 2006 un intero paragrafo della propria relazione sui sospetti condizionamenti mafiosi del Comune di Barcellona Pozzo di Gotto. Per insediare gli uffici dell’acquedotto e degli impianti sportivi, il 18 ottobre 2001 il Comune aveva preso in locazione dalla Dibeca un immobile di via Operai 72. L’unico contratto sottoscritto con soggetti privati, un rapporto economico da cui – secondo gli ispettori prefettizi – discendono forti elementi sintomatici che contraddistinguono, in termini di permeabilità, una gestione amministrativa che sembra privilegiare, non appena gli è possibile, rapporti economici con soggetti che, direttamente o indirettamente, risultano contigui, se non intranei, ad ambienti criminali locali di natura mafiosa. L’affitto per la durata di sei anni era stato stipulato con Alessandro Cattafi, figlio di Rosario Pio, «amministratore unico della Dibeca, in sostituzione della proprietaria, Nicoletta Di Benedetto (madre di Rosario Cattafi), dietro corresponsione di un canone annuo di 27.888,67 euro. Il giudizio degli ispettori fu lapidario. A quanto consta all’interrogante, essi affermano nella richiamata relazione come l’amministrazione comunale, sia al momento della stipula del contratto di locazione che durante l’intera durata del contratto stesso, non abbia esperito i dovuti accertamenti e, soprattutto, non abbia posto in essere le iniziative atte ad evitare che l’Ente locale potesse avere rapporti economici con la società gestita dai familiari di un soggetto sottoposto a misura di prevenzione ai sensi della legge antimafia 575/65»;

– il 10 dicembre 2004, la Dibeca è stata trasformata da società in nome collettivo a società in accomandita semplice, assumendo il nome di -Dibeca s.a.s. di Corica Ferdinanda e C.-. Soci accomandanti risultano Alessandro Cattafi (quote sociali per 6.988,69 euro), figlio di Rosario Pio; Nicoletta Di Benedetto, la madre (1.032,91 euro); Maria Cattafi, la sorella (2.272,41 euro), impiegata presso la biblioteca comunale di Barcellona, già socia con il fratello della Sanovit, società costituita a Milano nei primi mesi del 1989 per la vendita di prodotti naturali, medicinali, dietetici, alimentari e di apparecchi odontoiatrici e chirurgici (principali clienti: Postal-Market, Esselunga, SMA, eccetera); Ferdinanda Corica, nominata rappresentante dell’impresa nonostante detenga una quota sociale di appena 35,12 euro;

– la Corica, in particolare, risulta essere moglie di Stefano Piccolo, dottore commercialista notoriamente legato a Rosario Cattafi, con studio a Barcellona Pozzo di Gotto in via Kennedy 296, stesso indirizzo e stessa utenza telefonica dello studio del ragioniere commercialista Mariano Sottile, odierno revisore contabile del Comune di Barcellona. Quest’ultimo è fratello del dottor Armando Sottile, responsabile dell’ufficio del personale del Comune di Barcellona Pozzo di Gotto, nonché Capo di gabinetto e vice segretario generale del Comune di Milazzo;

– accenna a Stefano Piccolo in una relazione del Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata (Scico) della Guardia di finanza di Firenze sui rapporti di Cattafi con innumerevoli personaggi nazionali e siciliani, alcuni dei quali legati alla -famiglia- mafiosa di Benedetto Santapaola. L’informativa fu inviata il 3 aprile 1996 alla Procura di La Spezia, nell’ambito del procedimento penale sul presunto -comitato- con ambizioni politiche ed affaristiche, che vedeva indagati, tra gli altri, il noto banchiere -Chicchi- Pacini Battaglia. Secondo quanto riportato dalle inchieste giornalistiche di Antonio Mazzeo, «soffermandosi sull’hotel -Silvanetta Palace- di Milazzo, amministrato dall’imprenditore Giovanni Filippo Muscianisi, il G.I.C.O. segnalava che -il Muscianisi era stato sentito a Firenze il 17 maggio 1993 nel contesto del procedimento penale che vedeva quale indagato, tra gli altri, il noto Dante Saccà, nato a Rometta (Messina). Egli aveva dichiarato in tale sede di svolgere l’attività di commercialista e di essere comproprietario, unitamente alla sorella Silvana e alla madre Carmela La Rocca dell’Hotel Silvanetta; di essere l’amministratore unico della -Holiday Line S.r.l.-, con sede in Milazzo; di aver avuto una remota conoscenza con Rosario Cattafi, con il quale non aveva intrattenuto alcun rapporto-»;

– come accertato dalla Guardia di finanza, la -Holiday Line- era risultata proprietaria di appartamenti siti in Olbia (Sassari) nel complesso turistico -Le Vecchie Saline-, sequestrati (e poi restituiti) ai sensi dell’art. 12- quinques, comma 2 del decreto legislativo 8 giugno 1992, n. 306. Al momento dell’intervento della pattuglia del Gruppo d’investigazione sulla criminalità organizzata di Firenze presso il -Silvanetta- di Milazzo, avvenuto il 5 ottobre 1995 con lo scopo di esaminare ed estrarre copia del registro delle presenze, il «Muscianisi richiedeva che a tale attività presenziasse, con la relativa firma degli atti tale Stefano Piccolo, nato a Barcellona Pozzo di Gotto ed ivi residente, nella sua qualità di -responsabile dell’ufficio contabile dell’Hotel- come dichiarato dal Muscianisi. Era così che il Piccolo veniva fatto giungere appositamente da Barcellona per assistere i militari operanti;

– a quanto risulta all’interrogante, i militari del GICO scrissero che: «È alquanto singolare la circostanza che il Muscianisi, che si era professato nell’interrogatorio svolto a Firenze commercialista, avesse bisogno di altro commercialista per la gestione contabile dell’albergo; se si considera però che il Piccolo risulta in stretto contatto con il Cattafi, di cui è anche commercialista, la situazione delineata genera non pochi sospetti». Ancora più significativo il successivo passaggio dell’informativa dello Scico della Guardia di finanza. «Le suesposte circostanze appaiono degne di attenzione se si considera che dall’analisi dei soggiorni nell’hotel è risultato, e ciò non appare casuale, che il giorno 30 aprile 1993 prendevano ivi alloggio la catanese Gambino Maria e i quattro figli di età compresa tra i 7 e gli 11 anni. Il successivo 1 maggio 1993 si univa ad essi Santapaola Giuseppe, fratello di Benedetto Santapaola e marito di Gambino Maria. Il gruppo partiva il giorno 2 maggio. Nello stesso periodo risultavano alloggiati nell’albergo di Milazzo anche Di Mauro Salvatore e Rizzo Angela. Il Di Mauro risulta avere precedenti di polizia per associazione mafiosa, detenzione di armi, ecc.»;

– particolarmente contorto appare inoltre l’iter che ha condotto alla presentazione del progetto di piano particolareggiato e alla sua approvazione da parte degli organi istituzionali locali;

– sempre secondo quanto ricostruito dal giornalista Mazzeo, Rosario Cattafi, rientrato in Sicilia nell’ottobre 1997 dopo l’assoluzione al processo contro il sodalizio criminale dell’Autoparco di Milano, apriva un contenzioso con il locale Oratorio salesiano, ritenendo che i religiosi non avessero pienamente rispettato le volontà del nonno, che alla vigilia della morte aveva donato loro 5,4 ettari di terreni di contrada Siena. Il contenzioso si concludeva nell’aprile 2005, con una transazione: previo versamento di circa 800.000 euro, gli eredi Cattafi rientravano in possesso di 5,24 ettari di terreni con annessi fabbricati rurali di contrada Siena, area a vocazione agricola, ricca di fonti idriche, che da Barcellona Pozzo di Gotto si estende sino alla piana di Milazzo. L’opzione all’acquisto era però stata formalizzata già quattro anni prima dai familiari del benefattore. A sottoscrivere l’accordo con i Salesiani fu Alessandro Cattafi (figlio di Rosario), in qualità di -rappresentante- della Dibeca;

– nella primavera del 2005, la Dibeca stipulava un contratto di comodato d’uso, con relativa promessa di vendita dei terreni, a favore della GDM – Grande Distribuzione Meridionale S.p.a. di Campo Calabro (Reggio Calabria), azienda leader della grande distribuzione in Sicilia e Calabria dove gestisce gli ipermercati della francese Carrefour più numerosi supermercati dei marchi Quiiper, Dìperdì e Docks market;

– il 14 giugno 2006, dieci mesi prima della pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della Regione Siciliana dell’approvazione del nuovo Piano regolatore generale di Barcellona Pozzo di Gotto che individuava proprio nell’area di contrada Siena la cosiddetta «Zona D.3.2 con destinazione esclusivamente commerciale», la GDM affidava l’elaborazione della planivolumetria del piano, con allegata relazione illustrativa e previsione di massima delle spese, all’architetto Mario Nastasi, professionista che aveva già collaborato alla stesura del Piano regolatore generale di Barcellona. Il lavoro durava all’incirca un anno e nel giugno 2007 il progetto approdava finalmente al Comune;

– sorprendentemente, undici mesi dopo, la società calabrese decideva però di ritirarsi dall’affare multimilionario. A spiegare le ragioni dell’inattesa rinuncia fu l’avvocato Mario Battaglia, legale della GDM, il quale, a quanto risulta all’interrogante avrebbe dichiarato che: «In base al contratto stipulato nel 2005 con la Dibeca di Barcellona era previsto che l’acquisto dell’area di proprietà Dibeca era subordinato al verificarsi di una serie di condizioni, consistenti nell’ottenimento, entro e non oltre tre anni dalla sua stipula, sia dell’approvazione del progetto di un Centro commerciale con annesso ipermercato, sia del rilascio delle relative concessioni edilizie da parte del Comune, sia dell’autorizzazione amministrativa commerciale per l’apertura di una grande struttura di vendita. Nessuna delle condizioni previste in contratto si è avverata nel termine triennale indicato: da qui il venir meno dell’interesse di GDM all’iniziativa urbanistica. Così, con nota privata del 28 maggio 2008, è stato comunicato alla Dibeca di non dare corso alla stipula dell’atto di acquisto, stante il mancato avveramento nel termine triennale delle condizioni sospensive previste fra le parti, inerenti il mancato perfezionamento degli iter amministrativi previsti dal contratto»;

– in un articolo apparso il 24 dicembre 2008 sul settimanale messinese -Centonove-, che cita come fonte l’assessore comunale al commercio e all’artigianato in carica dal 2007 Nicola Marzullo, si afferma tuttavia che la società calabrese sarebbe stata condizionata dalla «bocciatura» del piano particolareggiato da parte della commissione edilizia perché «prevedeva la costruzione della megainfrastruttura in un’area di contrada Siena di 18 ettari prettamente agricola». «Il progetto sarebbe passato solo con una variante al piano regolatore che avrebbe permesso di trasformare la zona in questione (…) in area commerciale. Ma a Barcellona, come fa notare l’assessore (…), un’area commerciale esiste già: è quella in prossimità dello svincolo autostradale, dove sorgono il centro Famila superstore e il supermercato Lidl, ed è perfettamente in grado di ospitare anche un parco di grandi dimensioni. -Il fatto che la GDM non abbia fatto ricorso contro la decisione dell’ufficio tecnico – dice Nicola Marzullo – mi fa pensare che abbia dovuto fare i conti con problemi interni che ne hanno condizionato le strategie-»;

– sempre nello stesso articolo del settimanale -Centonove- si spiega che «A certificare questa brusca frenata è anche una relazione redatta dal Comune sullo sviluppo della rete commerciale barcellonese relativo al periodo 1988-2003. Solo una settantina i negozi aperti negli ultimi 15 anni: una crescita minima, pari allo 0,52 per cento annuo, al di sotto della media regionale che, per i comuni con più di 35.000 abitanti, si attesta invece introno al 2 per cento». Vengono delineate infine ben altre priorità di sviluppo da parte dell’assessore comunale competente: l’approvazione di «piani particolari che prevedono la creazione di mini-aree commerciali in zone antiche della città come la -vecchia pescheria-» e la realizzazione della -zona artigianale-, i cui lotti sono stati assegnati dieci anni fa «a ditte che non hanno mai costruito». Il piano GDM sarebbe dunque stato bocciato dalla commissione edilizia perché ultradimensionato e incompatibile con i piani di sviluppo agricolo e commerciale dell’amministrazione barcellonese;

– il 5 gennaio 2009, 12 giorni dopo la pubblicazione delle dichiarazioni dell’assessore Marzullo, era però direttamente la società Dibeca a presentare al Comune una domanda di cambio di titolarità della richiesta di concessione edilizia per l’identico piano particolareggiato, valendosi di quella che sostiene essere una continuità soggettiva, atteso che la nuova istanza viene dai proprietari di quei terreni che davano sostanza alla richiesta della GDM. A giudizio dell’interrogante, con la discesa in campo della famiglia Cattafi sono dunque mutati gli scenari: i primi di agosto 2009 la commissione urbanistica approvava il piano e il mese successivo giungeva l’imprimatur della terza commissione consiliare. Il piano approdava così in Consiglio comunale e, il 16 novembre, è giunto il suo sigillo definitivo al megaparco commerciale;

– a firmare il progetto prima per conto di GDM e successivamente per la Dibeca è stato l’architetto Mario Nastasi, originario di Torregrotta (Messina) ma residente a Barcellona Pozzo di Gotto, che si sarebbe avvalso pure della collaborazione del fratello Santino Nastasi, anch’egli architetto;

– i nomi di Mario e Santino Nastasi compaiono pure tra i collaboratori alla redazione del Piano regolatore generale di Barcellona Pozzo di Gotto, approvato l’8 febbraio 2007 con decreto dell’Asessorato al territorio e ambiente della Regione siciliana. È stato il nuovo Piano regolatore generale ad individuare proprio in contrada Siena una delle due zone destinate a insediamenti commerciali;

– all’adozione del Piano regolatore è stato dedicato un intero paragrafo della relazione finale dalla Commissione prefettizia inviata a Barcellona Pozzo di Gotto nel giugno 2006 per indagare sulle possibili infiltrazioni mafiose all’interno del Comune. «Questa Commissione» – recita un passaggio – «ritiene di dover porre in opportuna evidenza che tra i collaboratori dei progettisti che hanno proceduto alla materiale redazione del Piano regolatore generale emerge la figura dell’architetto Giovanni Cattafi. La sua presenza tra coloro che risultano aver svolto il ruolo di collaboratori dei progettisti incaricati del PRG desta a questa Commissione non poche perplessità a causa del grado di permeabilità che tale persona può aver determinato in riferimento a particolari interessi non coincidenti con quelli della pubblica utilità. Va infatti evidenziato che l’architetto Giovanni Cattafi è cognato del Consigliere comunale Sergio Calderone, eletto con 300 preferenze nella lista A.N.-M.S.I.. Egli ha difatti contratto matrimonio con Domenica Cinzia Matilde Calderone, sorella, altresì, di Mario Giulio Calderone, pluripregiudicato ritenuto affiliato al gruppo dei -barcellonesi-, ex sorvegliato speciale di Pubblica Sicurezza, nonché sorella di Giulio Massimo Calderone, pregiudicato, il quale risulta in servizio presso il corpo della Municipale di Barcellona Poggio di Gotto quale agente addetto alla verifica sui cambi di residenza presso l’ufficio anagrafe comunale». In alcune informative della Questura di Messina prodotte tra il 1980 e il 1984, Giulio Massimo Calderone era stato descritto come «presunto appartenente» all’organizzazione di estrema destra -Terza Posizione-. Militante del Fronte della gioventù, nel settembre 1980 fu denunciato per vilipendio alla Repubblica italiana, mentre alle elezioni amministrative del 1985 si candidò insieme al boss mafioso Giuseppe Gullotti per il rinnovo del Consiglio comunale di Barcellona nella lista del MSI-DN, capeggiata allora dall’odierno sindaco Candeloro Nania, che fu eletto insieme a Giuseppe Buzzanca, poi Presidente della Provincia dal 1994 al 2003 e odierno Sindaco di Messina;

– Giovanni Cattafi ha dunque collaborato alla stesura del Piano regolatore generale della città del Longano accanto ai fratelli Mario e Santino Nastasi. I tre architetti, del resto, dividono lo studio professionale e risultano altresì soci-amministratori della -Infoterri Engineering Srl- di via Roma 157/F a Barcellona, società costituita il 27 marzo 2000 con capitale sociale 15.000 euro, avente come oggetto sociale l’esecuzione di studi di fattibilità, ricerche, consulenze, progettazione e direzione dei lavori per costruzioni rurali, industriali, civili, artistiche, impianti chimici e siderurgici, cantieri navali, scuole, ospedali, case popolari, caserme, cimiteri, mercati, impianti sportivi, cinema, chiese, banche, alberghi, centri commerciali al minuto ed all’ingrosso di qualsiasi forma e dimensione, impianti di discarica e smaltimento rifiuti solidi urbani, inceneritori, strade, autostrade, linee tranviarie e ferroviarie, ponti, dighe, ecc… La Infoterri Engineering può inoltre partecipare a gare d’appalto o concorsi di progettazione indetti da privati o enti pubblici in ambito nazionale, comunitario ed extracomunitario e svolgere «consulenze e servizi professionali per gli apparati militari» o a favore di «aziende, società ed enti pubblici e privati, nell’ambito dei finanziamenti agevolati di qualunque genere e specie, provenienti da Regioni, dallo Stato e/o dalla Comunità europea». La Infoterri nasce infatti il 31 dicembre 2007, data in cui i tre professionisti hanno deliberato la variazione della denominazione e delle ragioni della loro società di servizi topografici, composizione litografica, eliografica e toponomastica -I. & T. – Snc di Nastasi Santino Antonio Maria, Cattafi Giovanni e Nastasi Mario Domenico-. Alla I. & T. erano state affidate nel 2002 le elaborazioni grafiche e la stampa del Piano regolatore generale di Barcellona Pozzo di Gotto,

si chiede di sapere:

– se siano già stati disposti, sulla scorta delle gravi denunce giornalistiche e in base alla normativa antimafia, i dovuti accertamenti sulle irregolarità dell’approvazione del parco commerciale di Barcellona Pozzo di Gotto o, in caso negativo, se il Governo non ritenga ciò improcrastinabile;

– quali iniziative intenda intraprendere per ripristinare la legalità in uno dei territori siciliani più martoriati dalla presenza asfissiante della criminalità mafiosa, che a Barcellona Pozzo di Gotto da sempre gode di inusitate protezioni da parte di soggetti istituzionali, come dimostrano le vicende relative all’assassinio del giornalista Beppe Alfano, il più grave episodio criminoso della storia barcellonese, di cui proprio in questi giorni ricorre il diciassettesimo anniversario.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta
Tempostretto - Quotidiano online delle Città Metropolitane di Messina e Reggio Calabria

Via Francesco Crispi 4 98121 - Messina

Marco Olivieri direttore responsabile

Privacy Policy

Termini e Condizioni

info@tempostretto.it

Telefono 090.9412305

Fax 090.2509937 P.IVA 02916600832

n° reg. tribunale 04/2007 del 05/06/2007