"Caro Tempostretto, dai voce ai messinesi all'estero"

“Caro Tempostretto, dai voce ai messinesi all’estero”

Autore Esterno

“Caro Tempostretto, dai voce ai messinesi all’estero”

domenica 18 Maggio 2025 - 15:20

Il lettore Fabrizio Spanò lancia una proposta alla nostra testata e racconta il rapporto ambivalente con Messina tutte le volte che torna dall'estero

Ci scrive un nostro lettore, Fabrizio Spanò, un messinese che vive nella Repubblica Ceca.

Sono le 23.54 qui in Repubblica Ceca, o Cechia se più vi piace, nel momento in cui inizio a scrivervi. Perché vi scrivo? Forse perché tra le varie testate che leggo, tra quelle dedicate a Messina, leggo più spesso la vostra. Forse perché avevo voglia di scrivere più di due righe tramite i commenti agli articoli. Forse entrambe le cose. Sicuramente però la ragione principale è un’idea, una proposta che vorrei farvi, nata da una domanda che mi sono posto dopo aver letto il vostro ultimo articolo su un certo Bilancio pop: quanti sono i messinesi residenti all’estero? Una surfata su Facebook mostra almeno un gruppo con decine di migliaia di iscritti.

Se una parola tira l’altra, una domanda ne invita altre mille: chi sono questi messinesi “fuori”? Cosa fanno? Che età hanno? Qual è il bilancio della Messina sparsa nel mondo? Cari amici di Tempostretto, un paio di domande le pongo a voi: quanti sono i vostri lettori dall’estero? Perché non iniziate un blog sul vostro sito, dedicato a questi lettori? Perché non lasciare anche che quegli stessi lettori contribuiscano con veri e propri articoli per raccontare la propria storia (una riga nei capitoli che narrano l’eterna fuga del sud verso un’ altra vita)? Per raccontare (una finestra che mostra quell’altra vita e la stessa Messina da un’altra lente) le proprie idee?

Un sincero abbraccio da lettore ai lettori.

Fabrizio

Di seguito il suo testo. Per scrivere e raccontare la propria storia e la propria esperienza all’estero o comunque lontano da Messina: info@tempostretto.it.

“Quel rammarico e quel senso di sconfitta quando torno a Messina”

“Non tornare più!” , dice Alfredo a Totò. E ancora: “…Bisogna andare via per molto tempo, per moltissimi anni, per trovare, al ritorno, la tua gente, la terra unni si nato…”.
Parole tratte dal film “Nuovo Cinema Paradiso”, capolavoro di Tornatore.
Parole che chissà quanti, come me, non hanno mai più dimenticato. Non solo per la loro profondità, ma anche per aver vissuto quella lezione sulla propria pelle.
Come la luce di una lontana stella illumina con la sua forza certi lontani angoli d’universo perfino dopo anni che si è spenta, così l’eco di una potente promessa chiamata Londra toccava ancora i confini d’Europa più ostili al cosiddetto progresso, negli anni della mia gioventù, nonostante quel sogno fosse già alla fine.
Lasciai Messina con l’arroganza e la spietata saggezza dei vent’anni. Perché non meritava uno come me, e perché “cosa ho fatto io di male per meritare Messina?”.
Lasciai Messina sulla scia del mantra che ha ricordato senza tregua alla mia ed altre generazioni che “ccà non c’è nenti”.
Lasciai Messina perché non mi bastava di essere solo messinese, in un mondo dove “mondo” significava già da tempo davvero un intero pianeta.
Non fu solo Londra: l’ebrezza del viaggio e della scoperta mi fu compagna in molte città. Un lusso che pochi emigrati o immigrati (a seconda del lato del muro da cui si guarda) si possono permettere. Solo quelli non così tanto disperati da dover affrontare ben altri viaggi, su gusci di noce e a piedi nudi, sbattuti tra onde di sale, acqua, sabbia.
Tornai a Messina. Ci tornai dopo tre anni, e diedi ragione ad Alfredo: Il filo era rotto. Ci trovai sì la terra natia, ma in essa tutto ciò da cui ero fuggito. Non era cambiato niente, eppure era già cambiato tutto. Ero cambiato io.
Lasciai Messina di nuovo. E ci ritornai, e la lasciai di nuovo. Ogni volta ci restavo meno. Ogni volta con più amarezza. No, non era l’amarezza della nostalgia. Era qualcosa di peggio, un misto tra il rammarico e la sconfitta: l’amarezza di non poter tornarci più, di non sentirsi più messinese, la vergogna di esser fuggito per cercare il nuovo invece di restare e crearlo io stesso, la rabbia nel sapere quanto sarebbe stato ancora più difficile creare quel nuovo ora che l’avevo già visto altrove così facilmente, era come esser stati cacciati via senza rendersene conto. Un’otre odinica di sentimenti, nemici tra loro eppure alleati contro di me, si schiudeva ogni volta che attraversavo lo Stretto, ogni volta che sfioravo la terra del Sole, che fosse con il corpo o con la mente.
Una storia vecchia quanto Ulisse.
Ancora oggi, alla soglia dei quarant’anni, quella tempesta non si quieta. Ancora oggi vado e vengo, corpo e mente, cercando di risolvere il dilemma: possono due alberi crescere dalle stesse radici? Può una porta chiusa da anni riaprirsi senza sprigionare una nube di tossica polvere del passato? Ha davvero ragione Alfredo fino in fondo? Spero che qualcuno più sveglio di me abbia una risposta meno confusa della mia.

Fabrizio Spanò

4 commenti

  1. Booooommmmmmm

    è l’unica risposta adeguata a Ciucci

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  2. Non è più la messina,di tanti anni fa,,,la politica ha rovinato tutto.

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  3. io ogni volta che torno la vedo meglio messina.
    Gia solo solo che mi riesco a muovere con i mezzi pubblici e non mi la necessita di dovermi far prestare una macchina

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  4. l’idea è carina, si corre il rischio però di leggere messaggi tutti dello stesso tenore. Non ci sono dubbi che Messina e più in genere l’Italia intera, sia un paese ormai invivibile. Ma guardiamoci intorno, rispetto ad altri paesi europei ( per non andare lontano) siamo mille anni luce indietro sotto ogni aspetto. Ed alcuni aspetti non sarà possibile modificarli nemmeno tra mille anni perchè il degrado, morale soprattutto, ma anche legato a ciò che ci sta intorno, lo abbiamo nel dna

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