Inchiesta "Planning": 'colpo' ai De Stefano, ma pure al... calcio

Inchiesta “Planning”: ‘colpo’ ai De Stefano, ma pure al… calcio

mario meliado

Inchiesta “Planning”: ‘colpo’ ai De Stefano, ma pure al… calcio

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mercoledì 27 Luglio 2022 - 07:30

Per l'accusa, l’ex calciatore della Reggina Cozza si sarebbe prestato a intestazioni fittizie. Il già vicepresidente Nato Martino avrebbe fatto da "garante"

REGGIO CALABRIA – Non solo politica&affari nell’operazione Planning, che ieri ha visto la Guardia di finanza e la Direzione investigativa antimafia, coordinate dalla Dda reggina, porre in carcere 8 persone e agli arresti domiciliari altre 4 (ma gli indagati in totale sono 20) e sequestrare imprese e quote societarie, appartamenti e rapporti finanziari per oltre 32 milioni di euro.

Anche il calcio nel mirino della Dda reggina

La Dda reggina ha anche ‘puntato’ due fari del calcio calabrese, peraltro notoriamente “amici per la pelle”: l’ex trequartista della Reggina Francesco “Ciccio” Cozza e l’imprenditore ed ex vicepresidente della società amaranto Fortunato “Nato” Martino.

L’ex ‘numero 10’ dai piedi buoni, cosentino di Cariati, a fine carriera è diventato ‘mister’ e ha anche allenato la Reggina; come pure, a citare i soli team calabresi, il Catanzaro e, più di recente, il San Luca.

Cozza, intestazioni fittizie per «destare meno sospetti»

Nell’inchiesta Planning, Cozza risulta indagato a piede libero. Insieme a Martino e ad altri coindagati, tramite la Business Group avrebbe contribuito alla realizzazione di due supermercati “Eurospar” a Pescara, gestiti dalla società mediante la Business Food srl. Nei due centri della grande distribuzione organizzata in terra abruzzese gli indagati, a dire dell’accusa, avrebbero riciclato denaro delle ‘ndrine, ostacolando in questo modo il sequestro di beni ai danni dei clan.

Stando a quanto evidenziato nelle 523 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare l’ex calciatore amaranto si sarebbe peraltro prestato a varie intestazioni fittizie a proprio nome di quote societarie e ruoli amministrativi che sarebbero da ricondurre ai clan.

Scopo? Ad avviso del giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Reggio Calabria Antonino Foti, «diversificare gli investimenti in territori distanti» dalla Calabria, in modo da «destare meno sospetti».

Nato Martino e i Ficara-Latella

È invece finito in carcere Martino. L’ex vicepresidente della Reggina (nella foto, è alla sinistra dell’allora presidente del sodalizio amaranto Mimmo Praticò) secondo il gip Foti sarebbe uno degli imprenditori che avrebbero costituito un addentellato col potente clan De Stefano. In questo caso, tramite la ‘ndrina Ficara-Latella – egemone nella periferia Sud della città –, e in particolare attraverso Vincenzo Ficara e Antonino Latella, in quartieri come Pellaro, Saracinello e Croce Valanidi.

Nato Martino, si legge nell’incartamento relativo all’inchiesta Planning con la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria al timone, avrebbe fatto da «organizzatore e garante» delle infiltrazioni mafiose in alcuni settori imprenditivi strategici: edilizia, materiali per cantieri edili, gestione d’impianti sportivi e di centri commerciali. E ingentissime sarebbero state le risorse finanziarie con cui imprenditori come Martino, Giampiero Gangemi e Roberto Di Giambattista “inondavano” le cosche reggine, finanziando le attività lecite presunto strumento di money laundering.

Riciclaggio di denaro sporco e acquisti “forzati”

Per altro verso, il “patto sinallagmatico” avrebbe visto l’imprenditore avvalersi della forza intimidatrice dei clan per costringere molti piccoli imprenditori ad acquistare i suoi materiali edili.

Ad avviso del giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Reggio, Nato Martino «beneficiava dell’intimidazione del sodalizio per imporre gli acquisti presso la sua rivendita di materiale edile; in qualità di riconosciuto imprenditore, espressione dell’associazione, i suoi interessi erano protetti dai sodali, mentre in forza del siffatto ruolo, egli si relazionava, con modalità sinallagmatiche profittevoli, con esponenti apicali di altre articolazioni territoriali della ‘ndrangheta, operanti nella zona Sud della città ovvero geneticamente riferibili al quartiere di Archi, al fine di ampliare i suoi investimenti economici e le sue iniziative imprenditoriali».

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