Coronavirus: il caso del dipendente comunale positivo e la caccia all'untore

Coronavirus: il caso del dipendente comunale positivo e la caccia all’untore

Rosaria Brancato

Coronavirus: il caso del dipendente comunale positivo e la caccia all’untore

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sabato 17 Ottobre 2020 - 11:42

Oggi è toccato al dipendente comunale, domani potrebbe capitare a noi. Il clima da caccia all'untore alimenta i peggiori istinti

La calunnia è un venticello, si dice, ma in tempi di covid rischia di diventare un uragano spinto da rancori, invidie, antipatie. E’ emblematico il caso del dipendente comunale risultato positivo e che è stato costretto a rivolgersi ad un’avvocata dopo essere stato accusato di aver avuto comportamenti da “untore”.

Il clima da caccia all’untore

L’avvocata Basilia Germanà sta tutelando il suo cliente in merito alle dichiarazioni della segretaria comunale  secondo la quale il dipendente in questione, consapevole di essere positivo (e di sapere da chi e quando e come era stato contagiato), si sarebbe ugualmente recato al lavoro ed avrebbe anche partecipato ad un’assemblea sindacale. Sugli aspetti giuridici della querelle saranno altre le sedi competenti ad accertare l’accaduto. Quel che preoccupa è il clima.

Il caso dell’impiegato comunale

Il dipendente spiega nella missiva, trasmessa per conoscenza anche alla stampa, di non aver avuto alcun sintomo nell’immediatezza e quindi di non sapere di essere positivo quando si è recato al lavoro ed all’assemblea. In entrambe le occasioni ha rispettato la normativa di sicurezza e quando ha saputo che il soggetto con cui era venuto in contatto era positivo, ha chiesto un permesso e non si è recato al lavoro (pur non avendo alcun sintomo). Ha quindi eseguito il tampone e il 12 ottobre gli è stata notificata la positività al virus.

Diffamato e mortificato

Ho quindi agito responsabilmente, con senso civico e nell’interesse dell’Ente e della collettività. Quanto riferito dal Segretario Generale nel corso del Consiglio Comunale, oltre alla portata diffamante e calunniosa, ha determinato nello scrivente una profonda amarezza ed un grande senso di mortificazione. Ciò alla luce dell’operato di chi a volte rappresenta l’Istituzione senza accertarsi dei fatti ha infangato l’onore e la dignità di un dipendente dell’Ente. Nel riservare ogni opportuna azione si invita il Vs. Ente a voler smentire pubblicamente quanto esposto nel corso della seduta del Consiglio Comunale”.

L’altro è un nemico

Stiamo per arrivare alla “caccia all’untore”, in un clima di allarmismo tale per cui, il venticello delle indiscrezioni, della frase detta a metà, si trasforma in un dito puntato su chi, oltre ad essere vittima del virus, viene accusato di comportamenti non etici. Stiamo mischiando l’aspetto scientifico e medico a concezioni etiche e morali che nulla hanno a che vedere (o dovrebbero avere a che fare) con la malattia. Il caso in sè avrà risvolti legali ma non è questo il punto. Il nocciolo della questione è che il positivo, per di più asintomatico (quindi colui che non sa proprio perchè non ha alcun sintomo), diventa un nemico, un potenziale diffusore del virus. Insomma, un untore.

Invidia, rancore, vendetta

Ma quel che è peggio è il passaggio assolutamente discrezionale sulla caccia all’untore. Ormai per strada, in ufficio, nei negozi, nei locali, l’altro è visto come un nemico, anzi come il “nostro nemico”, personalissimo nemico che ci inietta la peste nera. Stiamo perdendo quel necessario senso di comunità che è alla base del vivere civile. La caccia all’untore scatena infatti I più bassi istinti. Diventa arma per andare contro l’altro. Non sappiamo come stanno le cose al Comune, quel che sappiamo è che in modo avventato sia stato veicolato un messaggio sbagliato nei confronti del dipendente. Chi ha innescato la calunnia? Perchè? E perchè basandosi sulle indiscrezioni quella voce è stata ripetuta pubblicamente?

Domani può capitare a noi

Oggi è toccato al dipendente comunale (peraltro categoria già attaccata dall’opinione pubblica), domani potrebbe toccare a noi, magari perchè stiamo antipatici al vicino, al collega, all’amico, al parente. E oggi il dipendente si è dovuto difendere grazie a un avvocato. Domani non sappiamo se continuando questa china ci saranno lapidazioni mediatiche con conseguenze GRAVISSIME. La famosa frase sulle segnalazioni  pronunciata dal ministro Speranza ospite da Fazio ha scatenato le reazioni social non soltanto per il contenuto in sè ma per il contesto che si sta creando.

Istigare alla denuncia

Il clima è quello di istigare alla denuncia chiunque: il vicino, il ristoratore, il cliente, il libero professionista, la persona in fila, il parente, l’amico, I giovani, gli imprenditori, i viaggiatori dei mezzi pubblici. Puntare il dito sull’altro per contestare il suo comportamento presta il fianco alla calunnia. Un conto sono le violazioni delle regole normative un altro è l’espressa denuncia di comportamenti che non si ritengono moralmente corretti ed un altro ancora (ed è questo il problema) la calunnia verso chi, per svariate ragioni, consideriamo da colpire. Stiamo attenti perchè la caccia all’untore non è degna di un Paese civile. Un giorno, senza che ce ne accorgiamo, a furia di additare gli altri untori, possiamo finire noi vittime della stessa accusa. E nessuno ci difenderà.

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4 commenti

  1. Povero cristo, non bastava il covid. Anche questo. Non ci sono parole.
    È veramente vergognoso.
    Mai avrei pensato che un giorno della mia vita, avrei assistito a cotanta infamia!

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    1. Gentile Sir. Felice,
      Non ritiene Lei che se il soggetto in parola ed il sindacato che aveva organizzato l’incontro avessero avvertito il senso civico di diffondere la notizia a tutti avrebbero agito nell’interesse generale?
      La “caccia all’untore” è la conseguenza diretta della mancata, dovuta e corretta divulgazione della notizia da parte di chi per primo avrebbe dovuto farlo.

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  2. Che follia. Nel 2020 ancora la caccia all’untore….

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  3. Amici cari, stiamo ZANNIANNO.
    Qualcuno veramente ritiene che il capo del personale del Comune, venuto a conoscenza del fatto, non avesse il DOVERE di dare alla notizia la massima diffusione a tutela della salute dei propri dipendenti e della comunità?
    Avrebbe DOVUTO, io ritengo, LO STESSO SINDACATO avvisare tutti i partecipanti all’incontro della possibilità di contagio.
    Ritengo che non si dovrebbe fare “tiatru politico” anche su questi fatti ed in questo particolare momento..

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