Alluvione Messina, un coro si leva compatto: “Non parlate di abusivismo”…piuttosto di mancata rinaturalizzazione delle colline

Alluvione Messina, un coro si leva compatto: “Non parlate di abusivismo”…piuttosto di mancata rinaturalizzazione delle colline

Alluvione Messina, un coro si leva compatto: “Non parlate di abusivismo”…piuttosto di mancata rinaturalizzazione delle colline

martedì 06 Ottobre 2009 - 22:56

Gli sfollati dei villaggi della zona sud, istituzioni, l’opinione pubblica d’accordo nel mettere all’angolo la tesi dell’abusivismo edilizio quale causa della tragedia. Parla l’agronomo Saverio Tignino “Il vero problema è la mancata rinaturalizzazione del territorio che ha reso la terra friabile e più esposta a frane di questa entità”. Intervengono anche Wwf, Legambiente e rappresentanti politici

“L’abusivismo non c’entra. Almeno non stavolta”. Non sanno più come spiegarlo gli abitanti di Giampilieri, Briga, Scaletta, Altolia, Molino, frazioni finite nel mirino della montagna assassina nella maledetta notte del primo ottobre. Proprio così: perché se quella notte la terra è venuta giù non è stato a causa dell’abusivismo edilizio così come erroneamente dichiarato da Guido Bertolaso la mattina di venerdì appena giunto sui luoghi della tragedia: “Ribadisco che fin quando l’uomo continuerà a costruire senza rispettare criteri logici e senza applicare le norme previste, ci ritroveremo a piangere vittime innocenti”, tuonava il Capo della Protezione civile riscuotendo, almeno nell’immediato, uno stuolo di consensi.

Poi però le ore sono passate, i giorni anche, e qualcosa è stato riconsiderato riflettendo sulle cause del disastro. Le immagini del palazzo, ormai raso al suolo, di Scaletta Zanclea, diventato il simbolo dell’abusivismo denunciato da Bertolaso e che nel giro di pochi minuti sono rimbalzate in tutta Italia, sono state viste sotto una luce diversa. Una costruzione dei fatti, quella a caldo, che ha convinto sempre meno, perché sempre meno ha rispecchiato la realtà, al punto da portare anche noi a condividere l’appello lanciato dai cittadini dei villaggi sud “l’abusivismo, almeno stavolta, non c’entra”.

A parlare, anche in questo caso, le immagini: quelle che raccontano, quelle che spiegano, quelle che spesso in questi ultimi giorni ci hanno lasciato senza fiato, ci hanno fatto saltare il cuore in gola. I costoni rocciosi che dominano i diversi paesi investiti dal fango killer, non sono più riusciti a reggere il peso di se stessi. Privi infatti di quella “ragnatela arborea” che fino ad una decina di anni fa permetteva che si mantenessero ben “aggrappati” alla parete, a causa del violentissimo temporale i costoni sono venuti giù iniziando la cieca corsa sulle abitazioni, tra le strade, sulle vite, distruggendo e trascinando qualsiasi cosa ne ostacolasse il percorso, fino ad arrivare in mare. Lo zampino dell’uomo, ben inteso, anche questa volta non manca, ma fa capolino per ragioni diverse, non immediatamente legate alla cementificazione del territorio, o almeno non in quella porzione della provincia messinese. Lì infatti il problema sta nella mancata rinaturalizzazione del territorio, reso fragile e soprattutto friabile dalla mancanza di cure e attenzioni da parte degli addetti ai lavori. Le conseguenze sono oggi diventate tristi e fredde pagine di cronaca nazionale ancora per poco in primo piano.

Un parere tecnico. Per cercare però di capire insieme a voi cosa abbia favorito il verificarsi di un tale diasastro, ci siamo rivolti ad un esperto, l’agronomo Saverio Tignino che prima di tutto sottolinea un’importante differenza tra la pedologia e la geologia: “Sulle quelle colline, gli incendi, gli scarsi interventi da parte dell’uomo per favorire la ripiantumazione dell’area, il mancato avvio di nuove attività agricole, hanno determinato un impoverimento dello strato pedologico del terreno, quello cioè superficiale ed attivo, in cui attecchiscono le radici degli alberi che trattengono la terra. E questo perché dagli anni ’70 in poi si è assistito ad un progressivo abbandono delle colline. Lì l’abusivismo non c’entra anche perché si tratta di insediamenti antichi”. Corretto dunque parlare di dissesto idro-geologico ma non prima di aver spiegato cosa manca ed è mancato “in superficie”.

Un discorso lineare pur nella sua tecnicità quello esposto da Tignino, che non manca di dire la sua anche rispetto a “chi” avrebbe potuto fare di più per ridare nuova vita alle quelle colline: “A mio avviso quelle componenti della società impegnate nella difesa dell’ambiente, anziché puntare il dito solo contro un abusivismo che abbiamo visto in questo, e in altri casi, essere poco attinente, si sarebbero dovute battere di più per una politica di rinaturalizzazione del territorio che non va considerato come una sorta di intoccabile monumento” .

Le associazioni ambientaliste. Contattati dopo essere stati chiamati in causa, i rappresentanti di Wwf e Legambiente Messina, “interrogati” sul tema lanciato dal dott. Tignino hanno così risposto. Anna Giordano(Wwf): “Non abbiamo mai avanzato nessuna iniziativa specifica in tal senso perché in un territorio come Messina riteniamo prioritario la lotta all’abusivismo edilizio che continua a causare lo “sbancamento” di intere colline”. A tal proposito il Wwf ha diffuso una “mappa” delle zone maggiormente a rischio che potrete consultare cliccando su approfondimento.

Santina Fuschi (Legambiente): “Abbiamo presentato un progetto per la creazione di “orti sociali comunali” da realizzare in quelle aree demaniali libere da impiegare per attività agricole, che abbiamo individuato nel I e VI quartiere. La nostra iniziativa punta a raggiungere due obiettivi: favorire la ripresa di quelle zone collinari inaridite e fragili a causa di incendi e scarsa vegetazione, impiegando persone da reinserire nel contesto sociale. Il progetto è stato però bloccato in consiglio a causa dei ben noti problemi di bilancio”.

La politica. Arriva poi il momento in cui i nodi, quelli veri, vengono al pettine, e quasi sempre si tratta di nodi politici. Sulla tragedia di Messina sud è ben chiara e quasi del tutto compatta, sia a destra che a sinistra, la posizione di Comune e Provincia: il sindaco Buzzanca e il presidente Ricevuto considerano precipitose le affermazioni di Bertolaso sull’abusivismo, almeno nella specifica circostanza. Chiara e dettagliata in tal senso la spiegazione del consigliere provinciale Pippo Lombardo più volte recatosi sui luoghi del disastro: “ La sfortuna, di chi ha perso la vita o la propria abitazione, sotto migliaia di metri cubi di fango, detriti, e massi di decine di tonnellate, è stata di essersi trovato nella traiettoria, di quello che può definirsi un effetto “Vajont”, che ha creato un’immane ondata, che ha riversato a valle tutto ciò che ha trovato davanti alla propria strada. Le foto (correlate all’articolo, mostrano la montagna franata a Scaletta) che testimoniano questa mia riflessione sono incontestabili: dove c’erano terrazzi centenari, coltivati ad agrumi e ulivi oggi c’é solo la nuda roccia. E sicuramente, l’autostrada, gli acquedotti “Alcantara e Fiumefreddo”, che hanno tagliato in più punti questa vallata, non hanno alleviato il dissesto. In conclusione lancio un appello a chi deve accertare la verità. Oggi è necessario che le responsabilità invece di addossarle sempre verso il basso sui più deboli, forse è arrivata l’ora di iniziare a guardare anche verso l’alto”.

Necessario dunque ripartire proprio da “lei”, dalla natura troppo spesso abbandonata e che ora, con violenza, torna a chiedere attenzione. Mettere in sicurezza le zone più esposte al rischio idro-geologico (in tal senso necessario attendere la nuova mappatura del Pai ndr) e investire in progetti che puntino all’imboschimento dei terreni sfruttando i “Psr-Progetti di Sviluppo rurale 2007-2013” pubblicati sulla Gazzetta ufficiale della Regione Sicilia e che permetterebbero di ottenere stanziamenti europei. Sull’argomento abbiamo fatto qualche domanda all’assessore provinciale all’agricoltura Cusumano. Quest’ultimo, rispetto alla tragedia di Messina, ha puntato il dito contro il commissario nel 2007 incaricato di gestire l’emergenza di Giampilieri e che ha definito “fin troppo superficiale”. “Rispetto al Psr – afferma – l’unico vincolo è rappresentato dal fatto che la porzione di spazio interessata ad eventuali progetti di rimboschimento dev’essere costituita da un certo numero di ettari di terreno contigui. Sul fronte degli interventi agricoli mi preme invece dire che abbiamo da poco ottenuto un finanziamento di 900 mila euro da parte della regione che investiremo per progetti volti a rivitalizzare il territorio”.

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