Foti e Silipigni: «Semplice interpellanza invece dell'obbligatorio concorso per sostituire gli inidonei diventati verificatori»
Acque sempre agitate all’Atm. La crisi continua, e i creditori iniziano a battere cassa. Lo ha fatto, in maniera anche piuttosto pesante, la ditta Ventura, che si occupa tuttora, in regime di proroga in quanto non è stato rinnovato l’appalto, del servizio di manutenzione della linea tranviaria. Un milione e duecentomila euro la cifra richiesta, tramite magistratura, e ottenuta dalla ditta, frutto del lavoro svolto nel 2007. Somma pignorata dalle già disastrate casse dell’Atm, e che guarda caso corrisponde alla mensilità dell’intero personale dell’azienda. Piove sul bagnato, insomma, e la Cgil interviene con i suoi rappresentanti che si occupano delle -disavventure- dell’Atm, Pino Foti e Franco Silipigni, i quali puntano il dito contro la gestione commissariale partendo da un concetto: la lotta al -portoghesismo- non basta.
«Da tempo, e purtroppo inutilmente, andiamo richiedendo – affermano – che i vertici dell’Atm assolvano veramente alle funzioni per cui sono stati straordinariamente ed urgentemente nominati, che sono, lo ricordiamo, la predisposizione di un serio piano industriale e la trasformazione in società di capitali. Nonostante l’improvvisa scomparsa di qualsiasi alito di protesta, dallo scorso 15 febbraio, invece, di tutto ciò non vi è traccia, ed il futuro di questa disastrata azienda, che vanta buchi da 16 milioni, sembra ormai affidato unicamente alla sbandierata lotta al -portoghesismo-, azione sì imprescindibile e necessaria ma logicamente insufficiente. Ci si affida quindi a roboanti quanto inconsistenti proclami nel disperato tentativo di giustificare solamente il proprio operato, e per offrire il tempo al commissario Sinatra per non fare nulla e per riconsegnare una azienda, in condizioni ancora peggiori, al nuovo sindaco, come se dopo il conto non venga presentato sempre alla città».
«Anziché tirare fuori uno straccio di progetto – proseguono – che dica oggi quali attività l’Atm debba garantire, con quanti mezzi e, nondimeno, con quanto personale, ci si limita ad affrontare una parte dei problemi mandando sulle poche vetture che ancora escono dai depositi, un gruppo di lavoratori inidonei trasformati in verificatori, e ciò purtroppo anche a prescindere dagli effettivi compiti che almeno una parte di questi finora svolgeva in azienda. Si tratta, sia ben chiaro, di lavoratori che non sono più idonei a svolgere la mansione con cui sono stati assunti ma che da tempo sono stati utilizzati in altri compiti e che oggi, proprio per l’assenza di un piano che indichi chi serve ed a fare cosa, possono divenire o meno esubero, oppure essere mantenuti nell’incarico o avviati a mansioni di verificatore, sulla base del semplice potere discrezionale del loro capo servizio, che ne certifica, siamo sicuri in maniera più che obiettiva, l’indispensabilità. Ma se i posti che questi occupavano erano così inutili, non si comprende infatti perché l’azienda abbia immediatamente promosso un urgente interpello tra tutti i lavoratori per la loro necessaria copertura, tra l’altro senza bandire l’obbligatorio concorso, così come non si giustifica l’improvviso riconoscimento di parametri stipendiali ben superiori a quanto previsto dalla tuttora vigente pianta organica».
«Piccole operazioni di cosmesi miste a discutibili spostamenti di personale, dunque – concludono Foti e Silipigni – che non giustificano la nomina di ben tre commissari, non mutano le condizioni dell’Atm e, purtroppo, spingono i creditori ad aggredire, così come in queste ore, ogni possibile residuo di liquidità, minacciando conseguentemente gli stipendi. L’Atm è in agonia e così facendo la sua condizione potrà soltanto peggiorare, quindi si interrompano queste pratiche, si tirino fuori i conti reali dell’azienda, si dica cosa si è fatto in questi mesi, ed in che modo si intende garantire adesso gli stipendi ed il diritto alla mobilità dei messinesi.
