Il capo della protezione civile passa la mano a Enti locali e Comuni: “il mio compito è finito”

Il capo della protezione civile passa la mano a Enti locali e Comuni: “il mio compito è finito”

Il capo della protezione civile passa la mano a Enti locali e Comuni: “il mio compito è finito”

sabato 03 Ottobre 2009 - 16:43

Gli alti vertici della protezione civile passano la mano alle realtà locali per le fasi successive. Tonnellate di materiale tolto dai villaggi colpiti viene depositato alla foce del torrente Santo Stefano

Ancora si scava, e se ne avrà per giorni, anzi per settimane. Ora tocca alla Regione nominare un commissario, rappresentante della realtà politica locale, che si occuperà di gestire soccorsi e supporto ai colpiti dall’alluvione.

Berlusconi, intanto, dichiara che non verrà per non intralciare i soccorsi e la sua visita sarà forse solo nella giornata di domani per via aerea. Intanto sicuramente c’è gente sotto i detriti ed il fatto che il numero delle persone rintracciate non cambia, fanno diventare minime le speranza che tra essi alcuni siano ancora vivi. Purtroppo, è giusto sottolineare come cominciano a diffondersi le prime, immancabili polemiche legate alla tipologia dei soccorsi e alla scelta di abbandonare la città alla gestione di un commissario Regionale o Comunale. La situazione non è incoraggiante in quanto paesi come Altolia e Molino sono stati raggiunti con molto ritardo, anche se con tutte le scusanti del caso, e Scaletta Zanclea è ancora sommersa dal fango.

Alcuni mettono l’accento sulla mancanza dell’uso della moderna tecnologia: sembra che in dotazione alla protezione civile ci sia uno strumento, il SecurSCAN R 40, che viene utilizzato in caso di calamità. Infatti tramite esso è possibile individuare eventuali persone superstiti sotto le macerie, tramite la rilevazione del respiro e del battito cardiaco. Questo strumento è stato usato a Sarno dove a distanza di giorni si è potuto salvare un uomo, Roberto Robustelli, che fu sommerso dal fango caduto giù dalla montagna nel maggio del 1998. Rimase seppellito per ben 76 ore dopo essere stato travolto da un mare di fango che lo spinse in un garage. L’ultimo a uscire vivo da quell’inferno.

Intanto qualche lamentela viene rivolta a chi ha deciso di depositare il materiale di risulta che viene estratto dalla S.S. 114 e dal paese colpito. I camion attraversano la statale sino al bivio di Galati dove la circolazione è interrotta da vigili e protezione civile. Alla foce del torrente Santo Stefano, a due passi dal mare, scaricano tutto il materiale trasportato. Lì una ruspa appiana il materiale ma immancabilmente crea un tappo nella parte sinistra dello sfogo a mare del torrente in piena creando qualche piccola lamentela da parte di chi nella zona ci abita. Con dispiacere, ci pare in momento poco adatto per polemizzare ma è anche necessario puntualizzare su qualcosa che non sembra svolto nel miglior modo possibile dando voce a chi si trova in situazioni particolari col pensiero a ciò che è successo ma con uno sguardo al futuro prossimo visto che l’inverno è appena iniziato nel peggior modo possibile. In casi di emergenza, a volte, le soluzioni adottate non sono le migliori ma, come detto, al momento l’indicazione da dare a chi ci ha fatto notare la spiacevole situazione è di evitare le polemiche e cercare solo di assecondare i soccorsi. E’ la cosa migliore, anche se le motivazioni ci sembrano più che sensate. A tal proposito ci sembra sia il caso di citare una frase espressa qualche ora fa dell’Arcivescovo La Piana: “La tragedia non è solo di chi è stato colpito, ma di tutti”.

Foto di Dino Sturiale

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