Li definiscono sei mesi di bugie e adesso pretendono risposte
Appello compatto da parte del Comitato “No Frane” della zona ionica, dare sicurezza ai cittadini e chiede la messa in sicurezza dei versante ancora pericolanti. Un’analisi a 360 gradi sulle tante problematiche che interessano i territori del versante ionico di Messina, rivolto a gran voce a politici e rappresentanti istituzionali.
“Dei paesi fantasma – scrive in una dura nota il Comitato – un’economia affossata è quello che resta dopo la danza macabra delle bugie. Al momento nessun intervento strutturale contro il dissesto idrogeologico: soltanto reti protettive e sirene (nemmeno funzionanti) per segnalare imminenti rischi franosi sono inutili palliativi che non raggiungano neanche minimamente la nostra priorità: la messa in sicurezza dei territori a rischio! Dimenticavamo la pulizia dei torrenti. Da fatto di ordinaria manutenzione si è trasformato in un evento eccezionale: da quanto tempo non si faceva? E poi la messa in sicurezza dei torrenti non parte soprattutto dall’alto dei corsi d’acqua?”
Secondo quanto sottolineato dai rappresentanti dei cittadini, gli ultimi eventi catastrofico-alluvionali che hanno interessato la Sicilia sarebbero dovuti servire da spunto per una riflessione critica sull’utilizzo dei PRG comunali: “viceversa – continuano – nè a Messina, ne a Scaletta Zanclea e in gran parte dei comuni del versante jonico e tirrenico è avvertita la necessità di bloccare le licenze e rivedere di sana pianta i propri PRG, alla luce delle nuove criticità territoriali, peraltro già ampiamente sottolineate dalle associazioni ambientaliste nel corso degli anni. Bisognava orientarsi sulla sostituzione edilizia con l’effetto di rinnovare un patrimonio edilizio molto degradato, quello degli anni ‘50 e ‘60, rendendolo sismicamente sicuro ed energeticamente efficiente.
Un elenco di richieste ben preciso e dettagliato quello realizzato dal Comitato “No frane” della zona jonica per la messa in sicurezza delle zone alluvionate, un invito, se necessario, alla protesta e alla mobilitazione, come l’indizione di uno sciopero generale provinciale con tutti i sindacati che condividono una lotta contro “la precarietà del territorio e la precarietà delle esistenze”.
