Il mistero dell’Airbus A330: c'è lo zampino del maltempo (e della grandine) nel tragico incidente avvenuto sull'Atlantico?

Il mistero dell’Airbus A330: c’è lo zampino del maltempo (e della grandine) nel tragico incidente avvenuto sull’Atlantico?

Il mistero dell’Airbus A330: c’è lo zampino del maltempo (e della grandine) nel tragico incidente avvenuto sull’Atlantico?

venerdì 05 Giugno 2009 - 23:20

Si infittisce ogni ora di più il mistero dell’Airbus A330 precipitato nell’Atlantico con 228 persone a bordo nella notte tra domenica e lunedì: il volo AF 447 dell’Air France Rio de Janeiro-Parigi è scomparso dai radar senza alcuna motivazione apparente.

E ancora oggi, dopo quasi una settimana, nessuno sa dire quali sono state le cause di questo tragico incidente, nè sono stati ritrovati i rottami del mezzo in quanto un responsabile dell’Aviazione brasiliana, il generale Ramon Borges Cardoso, ha detto che i resti trovati nell’oceano non appartengono all’aereo perchè probabilmente sono pezzi di una nave. Da fonti della Marina Brasiliana è arrivata una conferma: i rottami non sono stati identificati, niente fa presumere che appartengano al volo A330.

E mentre prosegue l’inchiesta del Bea, l’agenzia francese chiamata a far luce sugli incidenti aerei, sembra che ci sia stata un’incoerenza nelle diverse velocità misurate in base all’esame dei messaggi automatici trasmessi dall’apparecchio. L’Airbus A330 è provvisto di diversi congegni in grado di misurare la velocità e – spiega un portavoce dell’agenzia – «succede che c’è un’incoerenza fra queste velocità».

L’inchiesta ha confermato, ed è la cosa che ci ha incuriosito maggiormente, «la presenza, in prossimità della rotta prevista dell’aereo sull’Atlantico, di importanti cellule convettive caratteristiche delle regioni equatoriali»: fenomeni temporaleschi di particolare violenza tropicale.

Il Bea invita comunque a «evitare qualsiasi frettolosa interpretazione o speculazione sulla base di informazioni parziali e non confermate», ma la -pista- meteorologica non è assolutamente da escludere visto e considerato quanto possono far male agli aerei in volo i violenti temporali tropicali.

L’Airbus A330 si è trovato – su questo ci sono pochi dubbi – in un’area temporalesca in cui i cumulonembi raggiungevano i 18 mila metri di altezza (un valore che sarebbe incredibile alle nostre latitudini, ma nei tropici non è poi così insolito avere nubi cumuliformi così sviluppate nella troposfera).

E non è insolito neanche che gli aerei vengano colpiti, e danneggiati, dalle grandinate: a tutti sarà capitato di chiedersi cosa sono i graffi presenti nei finestrini degli aerei, salendo su qualsiasi mezzo volante. Beh, quei graffi sono i segni della grandine che colpisce, durante i temporali, i finestrini degli aerei appunto.

E nel caso di un violento temporale come quelli che possono verificarsi (e che quella notte si sono verificati!) nell’area tropicale da cui s’è trovato a passare l’Airbus A330, i chicchi di grandine possono raggiungere dimensioni notevoli tali da danneggiare i motori del mezzo!

Non sarebbe una novità assoluta: la USA-Air Force tra il 1951 e il 1959, quindi in appena 8 anni, ha rilevato ben 272 casi di danni provocati dalla grandine sugli aerei.

Il 46% di questi danni si è verificato a quote superiori ai 6000 mt, tra le quali la più alta era di 13.500mt. Tuttavia furono notate due zone ove i danni si manifestarono con particolare frequenza, ma tra 1200 e 3600 mt, l’altra tra 5.800 e 9.500 mt. Sono stati talvolta osservati dei grossi chicchi di grandine persino al di sopra dei 6.000 mt, per esempio del diametro di 12 cm a 9.000 mt, di 10 cm a 9.500 e 7,5 a 11.300.

L’Airbus A330 volava in quel momento a 11.000 metri di quota, e c’è anche chi non ha alcun dubbio sul fatto che sia stata la grandine a provocare il disastro aereo.

La Tv Globo ha riportato le conclusioni di piloti di Airbus, meteorologi ed esperti di aeronautica che, analizzando immagini dei satelliti meteorologici, credono che la tempesta fosse così violenta da non lasciare scampo.

«L’aereo viaggiava a 860 chilometri all’ora e affrontava un vento di 100 km orari, il che significa che la grandine, e soprattutto i chicchi più grossi, gli arrivavano addosso a qualcosa come 1.000 km l’ora, cioè come palle di cannone», ha dichiarato George Sucupira, comandante di aerei di linea con 16 mila ore di volo.

«Il pilota – ha aggiunto Sucupira – lì non avrebbe dovuto entrarci, ma non sapeva cosa avesse davanti o non ha potuto evitarlo. Io ho la quasi certezza che l’Airbus sia rimasto distrutto da questa combinazione di fattori».

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta
Tempostretto - Quotidiano online delle Città Metropolitane di Messina e Reggio Calabria

Via Francesco Crispi 4 98121 - Messina

Marco Olivieri direttore responsabile

Privacy Policy

Termini e Condizioni

info@tempostretto.it

Telefono 090.9412305

Fax 090.2509937 P.IVA 02916600832

n° reg. tribunale 04/2007 del 05/06/2007