Gestione dei beni culturali religiosi: ne parla Marta Tigano, docente UniMe

Gestione dei beni culturali religiosi: ne parla Marta Tigano, docente UniMe

Vittorio Lorenzo Tumeo

Gestione dei beni culturali religiosi: ne parla Marta Tigano, docente UniMe

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venerdì 02 Novembre 2018 - 06:35

Promotore e organizzatore della conferenza è stato il Rotary Club Messina. A margine della serata il club ha donato un defibrillatore alla società sportiva Polisportiva Messina

Parlare di gestione e valorizzazione dei beni culturali sembra essere diventato recentemente più una moda che un concreto oggetto di studio e sviluppo di proposte e prospettive per il territorio, e spesso si rischia che un tema di così notevole rilevanza sia trattato con improvvisazione e approssimazione da chi addetto ai lavori non è.

A scongiurare questo concreto rischio e a restituire dignità, nel senso più autentico del termine, al concetto di corretta fruizione e tutela del patrimonio culturale e architettonico, con particolare riferimento ai monumenti di carattere religioso, ci ha pensato, nel corso di una conferenza organizzara dal Rotary Club Messina nei saloni del Royal Palace Hotel, la professoressa Marta Tigano, ordinario di Diritto Canonico al Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Messina. In una brillante relazione, infatti, la docente ha illustrato un argomento di particolare interesse e attualità: quello dei beni culturali religiosi esaminati sotto la duplice lente di ingrandimento del carattere strumentale di tali beni rispetto alla soddisfazione degli interessi primari dell’uomo, da una parte, e delle utilità economiche che direttamente o indirettamente si possono ricavare dai beni culturali stessi, dall’altra. L’obiettivo dell’indagine dunque, condotta dalla professoressa Tigano, è stato quello di verificare se il rapporto tra economia e beni culturali sia applicabile anche a quelli considerati di interesse religioso.

Un tema certamente di grande attualità, da focalizzare con attenzione, soprattutto in una realtà come Messina la cui identità urbana e architettonica è stata più volte nel corso della storia oggetto di veri e propri mutamenti fisici determinati da imprevedibili e devastanti calamità naturali succedutesi nel tempo, come i terremoti del 1783 e del 1908, il secondo conflitto mondiale e le selvagge operazioni di speculazione edilizia che quel complesso di beni artistico-architettonici hanno frequentemente manomesso, deturpato se non addirittura cancellato. Nella storia di Messina sono infatti molte le chiese demolite, scomparse, dismesse o sconsacrate a causa di quegli eventi appena richiamati che hanno interessato non soltanto il centro storico, ma l’intero comprensorio cittadino, inclusi i villaggi, e sono stati responsabili della distruzione del ricchissimo patrimonio storico – artistico – architettonico di impronta religiosa della città. È opportuno qui ricordare che in epoca moderna, sono stati requisiti e demoliti numerosissimi beni ecclesiastici al fine di ricavare spazi edificabili e di tracciare il nuovo progetto della città che aveva previsto a suo tempo la realizzazione della principale arteria viaria cittadina, ovvero il Viale San Martino. Il restauro e la ricostruzione in città e in provincia del patrimonio religioso – artistico sono dovuti all'instancabile opera dell'arcivescovo Angelo Paino.

Un dialogo serrato, quello elaborato da Marta Tigano, tra cultura intesa come conoscenza di specifiche realtà e mezzo di elevazione dello spirito e gestione in chiave economica dei beni culturali di interesse religioso: realtà, quest’ultima, che può trovare posto negli spazi interstiziali dei beni religiosamente connotati che non siano di uso strettamente liturgico, rituale o «cultuale».

Facendo riferimento anche ai beni sopravvissuti e non alle odissee rappresentate dai devastanti eventi susseguitesi in appena due secoli, la professoressa Tigano ha preliminarmente eseguito una verifica sull’esistenza di tratti comuni fra le categorie dei beni culturali, sufficienti a giustificare una loro considerazione unitaria in relazione alla possibilità astratta di “globalizzare” i metodi di gestione. Ciò, infatti, non può non trovare il suo fondamento e la sua giustificazione nella coincidenza di quei valori in relazione ai quali, nei due rispettivi ordinamenti, quello dello Stato e quello della Chiesa, viene operata la qualificazione dei beni come beni culturali.

Dopo un excursus storico della disciplina statale in materia di beni culturali e del significato che tale espressione ha assunto anche grazie alla riforma del Titolo V della Costituzione, la professoressa Tigano si è soffermata, in particolare, sul significato che la nozione di “bene culturale di interesse religioso” ha assunto nel diritto canonico, tentando di metterne a fuoco l’essenza.

Dalla relazione è emerso che “il significato culturale di un bene, per la Chiesa, non è dato soltanto dai valori artistici o di testimonianza storica che esso esprime – ha sottolineato la Tigano – ma si alimenta anche dei valori più propriamente religiosi, derivanti dal fatto che il bene stesso si colloca in una continuità d’uso risalente nel tempo, divenendo così un insostituibile «documento» della fede di una popolazione”.

Ne consegue che, se è vero che il bene culturale è considerato tale dallo Stato quando costituisce «testimonianza materiale di cultura», evidentemente, il bene culturale sarà tale anche per la Chiesa nel momento in cui è in grado di esprimere la cultura di cui essa è portatrice.

“E allora – rileva Marta Tigano – sono proprio i beni culturali di interesse religioso a rappresentare i mezzi, gli strumenti dei quali la Chiesa si serve per adempiere la sua missione nel mondo, tramandare la propria storia e la propria identità in «memoria di un fatto». Ciò significa, dunque, che per adempiere alla propria missione pastorale, la Chiesa si serve del patrimonio storico-artistico impegnandosi a mantenerne la sua funzione originaria, «indissolubilmente connessa con la proclamazione della fede e con il servizio della promozione integrale dell’uomo».”

Basta un attimo per cancellare un monumento o un edificio storico e allora deve essere proprio la cultura, in questa prospettiva, a configurarsi come spazio condiviso tra le diverse visioni del mondo e della vita in cui far incontrare fede e ragione. Con un comune obiettivo: la crescita materiale e spirituale dell’uomo, l’elevazione interiore, il «progresso» della persona umana, come afferma l’articolo 2 della Costituzione. Se la cultura può essere mezzo di affinamento spirituale, forma educativa e impulso all’etica, e lo Stato in qualità di entità preposta alla sua tutela e diffusione riesce a concretare tali istanze propositive, allora si può dire che lì lo Stato ha vinto. Ha vinto la civiltà.

A margine della conferenza, il presidente del Rotary Edoardo Spina ha donato a nome del club un defibrillatore alla società Polisportiva Messina.

Un gesto di generosità nei confronti di una delle più prestigiose realtà sportive della città che ha sfornato campioni nel nuoto e nella pallanuoto. Un nome per tutti, la medaglia d’oro olimpionica Silvia Borsurgi atleta di punta della nazionale femminile di pallanuoto alle Olimpiadi di Atene 2004. Presenti alla consegna, oltre alla campionessa messinese, il presidente della Polisportiva Giuseppe Carmignani e i dirigenti della società Antonio Laganà e Giuliano Brigandì.

Vittorio Tumeo

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