Quattordici Artisti alle prese con l'Arte del riciclo

Quattordici Artisti alle prese con l’Arte del riciclo

Quattordici Artisti alle prese con l’Arte del riciclo

mercoledì 01 Luglio 2009 - 15:53

Le plafoniere in PVC dei lampioni in disuso sono diventate delle SFERE d'ARTISTA

All’inizio quasi tutti nasciamo con l’idea della rotondità della sfera. Siamo stati accucciati nelle rotondità dell’utero per nove mesi e abbiamo poi succhiamo il latte dal seno rotondeggiante delle nostre madri. Poi cresciamo e abbiamo l’imprinting che rotondo è bello. I primi disegni sono degli scarabocchi tondeggianti: da ragazzini giochiamo con le biglie di vetro colorate, poi al pallone o a base-ball e impariamo a scuola che l’area d’una circonferenza è uguale a πr². Ancora più grandicelli veniamo incuriositi dagli astri, dalla luna, dal sole, e capiamo, con lo sguardo rivolto all’orizzonte del mare, che anche la terra in cui viviamo è tondeggiante. Ancora più avanti siamo attratti dal gioco del biliardo e arrediamo casa nostra con lampade architettate da designer ispiratisi a forme più o meno tondeggianti. Insomma ciò che è tondo piace e intriga. Come ha intrigato Leonardo da Vinci quando chiuse il suo Uomo Vitruviano dentro un cerchio, o quando Magritte dipinse tre sfere metafisiche chiamandole I sonagli, o quando Arnaldo Pomodoro scolpì le sue sfere corrose solo in alcuni punti, per il resto lisce e dorate, che è un piacere toccarle e lisciarle.

Anche le lampade che ha individuato Linda Schipani hanno forma tondeggiante. Linda che è uno zolfanello acceso. Uno spot illuminato. Una pila elettrica. Un ingegnere che operando nel settore della luce vede passare per le mani una sfilza di elementi e strani oggetti che una volta logorati o in disuso diventano dei rifiuti, degli oggetti senza più vita. E’ a questo punto che s’accende la lampadinetta della Schipani. Che pensa subito cosa poterne farne. Quale aspetto possano assumere. Come possano essere riciclati. Quale potrà essere il loro nuovo percorso. Come potranno diventare degli oggetti d’arte. Un processo di metamorfosi che vede coinvolti un certo numero di artisti, scelti dalla stessa Schipani, i cui manufatti saranno poi esposti all’interno di stimolanti mostre. E’ già successo per le Bobine d’artista, dei grossi rocchettoni in legno che in origine avvolgevano in modo spiraliforme cavi e fili elettrici, succede adesso con le Sfere d’artista in mostra dal 2 al 10 luglio nel grande loft della stessa Schipani sito all’isolato XII di Via Croce rossa.

Le Sfere in questione, del diametro di cm.50, sono delle vecchie plafoniere opalescenti in plastica PVC, in bella vista un tempo sulla sommità dei lampioni cittadini, atte a proteggere la vetrosa lampada all’interno e illuminare luoghi pubblici e ambienti spaziosi. Gli artisti coinvolti in questa kermesse, che hanno avuto a disposizione due sfere ciascuno, sono: Gugliemo Bambino, Maurizio Amos, Nino Privitera, Massimo Di Prima, Nino Bruneo, Pucci La Fauci, Antonello Bonanno Conti, Francis Misitano, Nino Cannistraci Tricomi, Piero Serboli, Carmelo Pugliatti, Emilio Fradà, Peppe Golino, Francesco Pafumi.

Guglielmo Bambino titola le sue due sfere, dipinte con larghe pennellate astratte, War e Dentrocasa Fuoricasa. Nella prima, con un messaggio chiaramente pacifista, popola l’intero mondo di soldatini, carrarmati ed elicotteri; nella seconda, di stampo metafisico, arreda il globo, anche il suo interno e il supporto ligneo, con mobili miniaturizzati azzurrini e bordeaux, piantandogli sulla sommità una mini-vasca da bagno con annessi mini-arredi.

Maurizio Amos deve molto amare il primissimo Bun͂uel di Le chien andalou lì dove il regista stesso taglia con un rasoio l’occhio d’una donna, perché qui il nostro artista, che titola la sua opera Le ferite negli occhi di Dio, conficca delle schegge di vetro nelle due sfere diventate due pupille, due globi oculari, uno azzurro l’altro ocra, percorsi da scritte a lettere maiuscole che fanno riferimento alle nefandezze del nostro mondo: violenze, soprusi, stupri, guerre, mafie, crimini, pedofilia, razzismo.

Nino Privitera è lontano dai temi precedenti, perché nella sua sfera regnano Le tre grazie, tre stereotipati volti femminili agghindati tutt’intorno da colorati fiorellini di campo.

Massimo Di Prima arroventa la sua sfera di rosso fuoco, diventata intanto un grosso ovulo giusto per farsi fecondare da un esercito di mega-spermatozoi.

Nino Bruneo gioca con la prima sfera a rifare il mondo, inventando un verosimile mappamondo dai colori azzurrognoli e tratteggiando i cinque continenti con minuscole tesserine di terracotta verde-scuro; mentre con la seconda sfera, giocando con il titolo dell’opera, Terracotta, tappezza concentricamente il nostro pianeta con piccole tessere quadrate di comune argilla, fissando sulla sua sommità un piccolo e sinistro albero spoglio simile a quello che occupa la scena di Aspettando Godot di Beckett, mentre verso il basso la spirale incompleta finisce con una via di speranza raffigurata in una coccinella.

Puccio La Fauci s’incunea nel mitologico Volo di Icaro che vede sciogliere al sole le sue ali di cera e le sue due sfere, una in azzurro col suo corpo color argilla e l’altra in viola con una figura di donna, fanno apparentare l’insieme piuttosto ad un Adamo ed Eva inconciliabili e destinati a rimanere distanti.

Carmelo Pugliatti artista concettuale com’è, pone le sue due Alte sfere, una bianca con la scritta SI e una nera con la scritta NO, tenute attaccate con fili e bastoncini e distanti tra loro quasi a comporre una sorta di bilanciere, pronte con un minimo movimento dell’una o dell’altra a segnare le sorti d’un referendum o d’una decisione capitale.

Antonello Bonanno Conti re-inventa con le due sfere color cobalto il corpo di Colapesce, il mitico pescatore di Messina oggetto di tante favole con tante varianti che lo vedono comunque sempre reggere stoicamente col suo corpo la terza colonna della Sicilia, quella di Torre Faro appunto.

Francis Misitano deve molto amare il circo e i clown, perché le sue due sfere, Genoveffa e Raffaello, sono diventate due pupazzi i cui connotati facciali sono delineati con piccole pietre di terracotta facilmente rinvenibili sulla riva del mare.

Nino Cannistraci Tricomi non poteva essere assente da questa mostra perché il tema della sfera lo ha sempre attratto, componendo e inventando in passato globi e rotondità con i più disparati materiali, aderendo in certo modo a quella corrente artistica dello spazialismo astratto. Qui le due sue sfere, una più grande l’altra più piccola, titolate Faglie, sono dipinte una in azzurro con alle alle spalle una superficie rosa-fucsia e l’altra in giallo incastrano in un elemento di foggia quadrata.

Piero Serboli come nel suo stile dada inventa una sfera tinteggiata di nero con dei guanti di gomma attaccati e pronti a ripulirla: non a caso l’opera s’intitola E adesso ripuliamo!

Emilio Fradà tappezza la prima sfera, Sguardo sul mondo, con occhi truccati senz’anima, a differenza della seconda, Sguardo velato, che lascia immaginare cosa possa dire uno sguardo di donna che mostra solo i suoi occhi mentre tutto il suo corpo è castigato da un burqua o da un niquab, come ormai accade vedere in molte nostre città.

Peppe Golino Nella sua sfera senza titolo prevalgono i gialli tanto cari agli impressionisti e a Kandinskij, ma s’innestano sapientemente i rossi, gli azzurrri e i verdi con tracce di nero, costituendo l’insieme un nuovo mondo dove poter emigrare e abitarci.

Francesco Pafumi deve molto amare il biliardo, i nonsense, i calembour e il Grande vetro di Marcel Duchamp noto pure come la Mariè mise à nu par ses celibataires, mȇme. Infatti il titolo della sua opera è: Mimesi di un pallino e il sottotitolo: Il pallino in tenuta mimetica tenta di colpire l’8 di sorpresa. Le sue due sfere una accanto all’altra su un tappeto verde sono diventate due biglie: una nera col numero 8 che rievoca il gioco all’americana e l’altra pennellata di verde brillante (colore che non esiste in nessun gioco al biliardo) che lascia intravedere chiazze di bianco che aspirano evidentemente di prendere il sopravvento per diventare (subendo un processo di mimesi) il pallino del gioco della carambola.

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