Un'avventura nata "quasi per caso" e che lo ha portato a lavorare a progetti che riguardano la luna, Marte e altri pianeti, a contatto con la Nasa
ROMA – È partito da Messina per “finire” a lavorare per l’Agenzia Spaziale Italiana a Roma, fianco a fianco con la Nasa e con tra le mani progetti di ogni tipo. A un passo (metaforico) dalla Luna, da Marte e dagli altri pianeti, c’è anche il messinese Simone Pirrotta. Un orgoglio cittadino il project manager dell’Asi, che ha alle spalle esperienze che farebbero sognare ogni bambino.
Un percorso “non troppo lineare”
Ma com’è stato il percorso di Simone Pirrotta dalla fine del liceo fino all’Agenzia Spaziale Italiana? Lo ha raccontato lui stesso: “A dire il vero non è stato troppo lineare: non avendo una vocazione particolare, è stata più una esplorazione a tentoni, letteralmente tastando l’ambiente intorno per sentire cosa avesse da offrirmi e al tempo stesso dove poter trovare una forma a me più congeniale. L’ingegneria mi si addiceva, ed era anche una ‘tradizione di famiglia’ grazie a mio padre; la meccanica era la più versatile, quindi anche adatta per darsi tempo. Il Dottorato di ricerca poi la prosecuzione naturale di un percorso accademico che sembrava essere la giusta destinazione per le mie attitudini (e probabilmente lo era anche). Ho preso anche una seconda laurea, triennale, in Ingegneria navale e fatto ricerca in quel settore. Poi è arrivato lo spazio. Anzi, è tornato”.
Lo Spazio arrivato “quasi per caso”
Lo spazio è arrivato “quasi per caso, come spesso accade”, ha proseguito Pirrotta. “Il giorno in cui sono andato nello studio del professore di Robotica a chiedere la tesi e scegliere l’argomento, ho notato il lavoro appena concluso di un neolaureato che era stato ospitato presso la ditta allora chiamata Alenia Spazio, a Roma. Avendo letto da poco di questa azienda già leader a livello globale, ho chiesto e ottenuto di proseguire quel filone di ricerca. E si è rivelata una splendida occasione di crescita su tutti i fronti. Ho continuato a collaborarci in tutti gli anni successivi, quelli delle opportunità da ‘annusare’, finché un assegno di ricerca all’Agenzia Spaziale Italiana nel 2007 non ha definitivamente sbaragliato le alternative e posto fine al periodo della esplorazione interiore per aprire quello di altre esplorazioni”.
I ruoli di Pirrotta nell’Asi
E da lì è iniziato un percorso fatto di grandi soddisfazioni. Oggi Simone Pirrotta ha diversi ruoli nell’ASI: “Quello più frequente è il Project Manager per lo sviluppo di strumentazione scientifica o interi satelliti e missioni finalizzate all’esplorazione del sistema solare, quindi Luna, Marte e corpi minori. L’esperienza di maggior successo è stata quella di guidare il team italiano che ha realizzato la missione LICIACube, un piccolo satellite che ha contribuito alla prima iniziativa di Nasa per la difesa planetaria dal rischio di impatto da asteroidi. In passato, per qualche anno sono stato anche responsabile per turni del centro spaziale di ASI a Malindi, in Kenya. E poi rappresento l’Italia in diversi gruppi di lavoro internazionali, nei quali si preparano i piani di esplorazione del futuro in modo coordinato: quando diventeremo una specie multi-planetaria, sarà perché avremo reso questa una impresa collettiva. E il nostro paese, sotto la guida dell’ASI, ha in questa impresa un ruolo di primissimo piano. Ma la cosa più entusiasmante dell’esplorazione dello spazio è che ci insegna come vivere meglio sulla terra. Devo dire, adesso che ci sono dentro, che l’insieme degli aspetti di questo lavoro mi calza piuttosto bene”.
Uno sguardo indietro: “Avrei fatto studi diversi”
Ma guardando indietro, c’è qualche rimpianto o qualcosa che Pirrotta avrebbe cambiato nel suo percorso? “A ben pensarci, avrei fatto uno studio diverso e meno canonico ma con più esperienze pratiche e formative. I voti sembrano tutto, quando ci stai dentro, ma alla fine serve imparare metodi e approcci più che nozioni o detenere informazioni. Inoltre, negli anni con più energie e meno vincoli, avrei potuto trascorrere periodi all’estero più lunghi, in cui attingere da fonti diverse anche per cultura. Sto recuperando un po’ adesso, lavorando con colleghi di tutto il mondo, sebbene vivere almeno qualche mese in un altro luogo ha tutt’altro valore. Spero lo farà al tempo giusto mia figlia”.
Il sogno di Simone Pirrotta
Poi il sogno. Il messinese ha raccontato: “Non vedo l’ora di vedere concretizzarsi i progetti che stiamo preparando in questo periodo; le missioni spaziali richiedono tempo, quindi lungimiranza e pazienza. Per il prossimo decennio, vorrei poter coordinare un eventuale progetto per portare un mezzo robotico italiano muoversi sulla Luna ed esplorare le regioni in cui potremmo in futuro stabilire degli habitat per gli astronauti. E poi, guardando ancora oltre, sento che è tempo di iniziare il lungo ma graduale e prezioso percorso di travaso di esperienza e conoscenze, per dare continuità a quello che si è fatto. In questo processo vorrei tanto includere Messina”.
Il rapporto con Messina: “Un giorno spero di tornare”
“Senza troppo scivolare nella retorica – ha proseguito, parlando del rapporto con lo Stretto -, penso che tutte le città di origine segnino, in un modo o nell’altro, le persone a cui danno i natali. Inizio col dire che vado orgoglioso delle mie origini, di una città con una storia e delle caratteristiche uniche che andrebbero ancor più valorizzate. A me piacciono i percorsi circolari: Messina è stata un ambiente adatto per una prima stagione di vita, in cui sviluppare quelle che nel lavoro vengono chiamate soft skills e anche i valori che sono le basi fondanti di chi saremo e ciò che faremo. Poi è diventato un luogo obiettivamente limitante nella fase successiva, quella ancora in corso, quando energie e stimoli spingono i più intraprendenti verso altri lidi che non siano a Mortelle. Ma spero anche che sarà il luogo in cui un giorno tornerò, tra un bagno e una pescata, da buon pensionato, a riportare e anche restituire. Torno già adesso appena possibile, per il tempo da dedicare a famiglia ed amici. Mi fa molto piacere aver fatto in modo che mia figlia Altea abbia sviluppato un legame forte con luoghi e persone dello Stretto”.
Il messaggio ai giovani
Infine, un messaggio ai giovani: “Non credo molto alle ricette universali, ogni persona e situazione penso faccia storia a sé; posso però riportare la mia esperienza, perché magari contiene qualche spunto potenzialmente interessante. A me è stato utile essere curioso, evitando però che lo spendersi su più fronti diventi invece troppo dispersivo. La curiosità, come l’intraprendenza, sono motori sani e duraturi, certamente più dell’ambizione o del desiderio di visibilità oggi dominanti. Il mio approccio poi è agile, leggero e adattabile, cosa che credo risulterà sempre più utile in futuro, in un mondo (incluso quello del lavoro) che cambia ad una velocità quasi spaventosa. Trovo essenziale tenere sempre ben a mente i propri valori specie quelli originari; può apparire strano, ma con radici solide si va più lontano perché ci impone di ‘estenderci’, il che è sempre un buon esercizio. Infine, mi ha giovato avere molta cura dei rapporti: gli incontri, in una carriera come in una vita, possono fare la differenza. Così come le opportunità: non possiamo stabilirle ma favorirle e nel frattempo prepararci per farci trovare pronti a coglierle al meglio”.
