Dagli anni ’80 a oggi 270 omicidi. Ma i pentiti mettono in crisi la mafia barcellonese

Dagli anni ’80 a oggi 270 omicidi. Ma i pentiti mettono in crisi la mafia barcellonese

Marco Ipsale

Dagli anni ’80 a oggi 270 omicidi. Ma i pentiti mettono in crisi la mafia barcellonese

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mercoledì 30 Gennaio 2019 - 14:08

Nel 2011 il primo collaboratore di giustizia, oggi sono 17 e si fa luce su tanti casi

“Per anni la mafia barcellonese era impermeabile al pentitismo. Dal 2011, invece, questo trend è cambiato, anche grazie all’opera della Procura e delle forze dell’ordine. Negli ultimi otto anni ci sono stati 17 collaboratori di giustizia, che sono stati un grosso aiuto per la nostra attività e ci hanno consentito di vedere all’interno la struttura della mafia barcellonese”.

Il procuratore aggiunto Vito Di Giorgio racconta l’ultimo caso, quello di Aurelio Micale, che con le sue dichiarazioni ha permesso di far luce su due omicidi irrisolti e di chiarire ancor più i contorni di altri due omicidi.

L’operazione Nemesi è la conferma della potenza della mafia barcellonese. “Ha struttura e metodi operativi a carattere militare – prosegue il procuratore –, corrispondenti alla mafia palermitana, con cui ha contatti e rapporti comuni. Gli omicidi con matrice mafiosa sono la loro attività illecita principale. Dagli inizi degli anni ’80, ce ne sono stati circa 270, di cui 34 casi di lupara bianca e alcuni corpi non trovati. Su diversi casi ci sono state condanne, su altri sono ancora in corso le indagini”.

E i motivi di questi omicidi sono quasi sempre riconducibili a due cause. “La pulizia interna all’associazione di persone che non si comportano come dovrebbero – spiega ancora Di Giorgio -, oppure l’eliminazione di persone esterne, che commettono furti o spaccio di droga e quindi fanno concorrenza: del primo caso, ad esempio, fanno parte Domenico Tramontana, che si stava occupando di affari dell’associazione per espandere i propri profitti, e Santi Bonomo, che commetteva furti in autonomia; del secondo Giovanni Catalfamo, che faceva l’usuraio, un’attività in contrasto con l’associazione, oppure Antonino Sboto, che viene ucciso perché ha commesso un furto a casa di parenti di associati e, come segnale, gli vengono tagliate le mani. Sono azioni che danno l’idea della mafia verticistica, non si spara tra bande rivali per avere la supremazia, ma per garantire continuità all’associazione”.

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