Dall'attività di famiglia all'addio per un sogno: il kayak, il vero amore di Eugenio Viviani

Dall’attività di famiglia all’addio per un sogno: il kayak, il vero amore di Eugenio Viviani

Giuseppe Fontana

Dall’attività di famiglia all’addio per un sogno: il kayak, il vero amore di Eugenio Viviani

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domenica 21 Maggio 2023 - 08:42

Figlio di ristoratori, il messinese ha fondato la sua associazione "Sicily in Kayak" oltre vent'anni fa, per poi saltare nel buio e lasciare il ristorante: "Il mio sogno era l'avventura"

MESSINA – Sempre più spesso a livello nazionale e internazionale si leggono le storie di chi ha lasciato il proprio lavoro per inseguire un sogno. A Messina c’è anche chi lo ha fatto già quasi vent’anni fa, inseguendo una passione e un amore nato sin da giovane, a metà degli anni ’90. Questa è la storia di Eugenio Viviani, messinese nato in una famiglia di storici ristoratori, con una strada già decisa nel portare avanti l’attività storica, lasciata per inseguire ciò che davvero gli faceva battere il cuore: il kayak. Un salto nel vuoto verso l’avventura, che oggi (e da tempo) ha dato i suoi frutti alle Isole Eolie.

Eugenio e quel kayak in regalo a 15 anni

A raccontarla è lo stesso Eugenio, che ripercorre i primi passi: “Io sono figlio di ristoratore, quindi fin da piccolo ho seguito la strada che la famiglia aveva tracciato. Poi nel tempo libero ho iniziato a fare kayak. Il mio primo kayak fu un regalo di mio padre, avrò avuto 14 o 15 anni. Era un modo per ravvivare l’estate, perché mi annoiavo sotto l’ombrellone e lo tormentavo. Ho iniziato a usarlo sempre, anche d’inverno, e ho capito che su questo kayak esprimevo me stesso, la mia voglia di libertà e di avventura. Mi allontanavo sempre di più, stando fuori anche la notte, mi accampavo lungo le spiagge”.

“Ispirato da un libro”

“Tutto è cambiato grazie a un libro, che mi ha ispirato – prosegue il messinese – L’ho trovato in una bancarella di libri usati e si intitolava ‘Il camping nautico itinerante”, la descrizione di un uomo che su un gommoncino faceva navigazione lungo costa. Ho pensato di fare lo stesso con il kayak, comprandone uno da mare un po’ più serio. Sono partito per fare il giro della Sicilia, era il ’95 e avevo vent’anni. Ho detto a mio padre di non cercarmi a lavoro per due mesi. Lui non voleva mandarmi, per loro ero troppo piccolo e stavo per partire senza avere alcuna competenza. E in effetti avevo soltanto completato un corso, al nord, per il kayak da fiume. Qualcosa cambia, ma il mezzo è sempre quello”.

Quel primo viaggio ha dato poi vita a una serie di avventure sempre più lontane da casa: “Quella è stata la mia prima avventura. Senza carte nautiche non sapevo nemmeno dove fossi. Ma ho capito che quella era la mia filosofia di vita: la semplicità, l’avventura, portare con sé poche cose. Da lì ogni anno un viaggio nuovo: Sardegna, Corsica, Peloponneso, Creta, la Dalmazia due anni consecutivi. Sempre da solo. Ogni viaggio mi ha dato sempre maggiore sicurezza, facendo sparire anche quelle paure semplici su cosa avrei mangiato se i pesci non avessero abboccato o sulle correnti. Tutto è diventato naturale, logico, quasi scontato sebbene non lo sia nemmeno oggi, dopo 30 anni”.

Il viaggio intorno Creta

Fondamentale è stato il giro di Creta: “Volevo portare sempre il mio kayak e già trasportarlo fin lì è stato difficile, seguendolo con treno e mezzi vari. Poi ho iniziato a girare Creta, ma mi sentivo strano, c’era qualcosa che non andava. Non avevo voglia nemmeno di fare le foto perché pensavo che soltanto io sapevo quanto fosse bello ciò che vivevo, mi sentivo solo e come se facessi sempre la stessa cosa. Ho temuto che non mi piacesse più il kayak, che avessi perso la passione. Ma durante il viaggio è arrivato un altro libro, stavolta di un tizio che per tanti anni ha alimentato la sua voglia di avventura, da solo come me. Leggendo sembrava di rivedere le mie stesse sensazioni: lui viaggiava da solo, era un velista. E poi, d’un tratto, parla di condivisione: ha voluto condividere la sua storia, si è raccontato per raccontare la bellezza che ha visto e vissuto. Poteva essere questo che mi mancava? Sì, era la condivisione. E già a Creta mi sono avvicinato di più alle persone”.

“A Messina era difficile”

Ma l’avventura non sempre fila liscia come l’olio e proprio a Creta Eugenio ha avuto un assaggio di grandi difficoltà. “Un giorno ho deciso di aggirare un capo ma ho sottovalutato il meteo – racconta -. Sono rimasto bloccato per 5 giorni e l’unico aiuto che ho trovato era un faro, in una zona militare. Per fortuna all’epoca non era tutto automatizzato e ho trovato il custode, che vedendomi arrivare con il borsellino in mano per comprare qeualcosa da mangiare ha deciso invece di ospitarmi. Per me è stato un viaggio nel viaggio ed è lì che ho deciso di fondare l’associazione Sicily in kayak. Da qui, dopo aver provato anche a fare sport a livello agonistico e dopo una parentesi a Messina, sui laghi di Ganzirri, sono arrivato a Vulcano. A Messina era troppo difficile, perché non vedevo una crescita e perché non è arrivata, dai messinesi, una risposta che invece speravo. Intanto, infatti, continuavo a lavorare da mio padre al ristorante”.

L’esperimento con un sito internet

Diverso, invece, l’impatto di Sicily in kayak alle Isole Eolie: “Sì. Ma intanto c’era un’altra questione. Io lavoravo ancora con la mia famiglia, ma non era ciò che volevo fare. Quello non era il mio sogno e per me diventava sempre più pesante, anche perché arrivavano i tempi di crisi e Messina non riempie i locali con i turisti. Iniziavamo a sentire anche questo peso e io di più, perché sognavo di fare altro. Allora l’ho detto a mio padre: non volevo invecchiare pensando solo a risolvere i problemi e a combattere con le leggi e la burocrazia, giorno dopo giorno. Così ho detto basta. Era il 2007 e ho scelto di spostarmi alle Eolie. Nel 2008 ho aperto un sito internet, come esperimento, per capire che risposta avrei avuto proponendo la mia offerta, ma in realtà ero ancora al ristorante. Mi serviva solo capire quanta gente avrebbe prenotato se io fossi stato davvero attivo. La risposta è stata grande e questo mi ha dato coraggio per fare questo salto nel vuoto. Arrivano richieste dalla Francia, dall’Inghilterra. Per me era un sogno leggere ‘stiamo arrivando’. Così grazie a un amico di famiglia che mi ha dato fiducia ho iniziato a Vulcano”.

Eugenio: “Non ho inventato nulla”

“In realtà non stavo inventando niente – spiega Eugenio – perché in altre parti del mondo queste vacanze attive erano già una realtà forte. Nel 2009 mi sono trasferito e questa idea è diventata realtà. Non è stato semplice, ho fatto tanti errori e ho imparato anche io tante cose. Nonostante le difficoltà l’attività è andata bene, proponendo turismo e quella specie di bivacco nautico che facevo io intorno alla Sicilia che agli stranieri piace molto. Questo tipo di avventura è ciò che tanti sognano: ho visto anche direttori di banca, famiglie benestanti, lasciare tutto per due settimane e portare con sé soltanto un pentolino sul kayak”.

Il sogno: “Avere qualcuno al mio fianco che ami raccontare”

Adesso spazio ai sogni: “Mi piacerebbe trovare qualcuno che lavori con me, perché sono da solo. Non sono soddisfatto per questo, perché sono al quindicesimo anno alle Eolie e al ventunesimo di Sicily in kayak. Non sono riuscito, fino ad ora, a trasformarla in una struttura articolata con guide fisse, istruttori fissi, che abbiano una conoscenza vera del territorio. Questo mi renderebbe anche un po’ più libero, ma non riesco a trovare istruttori che restino qui se non dall’estero, e spesso si tratta di ragazzi che vogliono soltanto fare l’esperienza stagionale. Vorrei qualcuno che conoscesse bene il territorio e che lo raccontasse con amore: la gente viene qui per un’esperienza a tutto tondo e la grande differenza la fa proprio il racconto della guida. Questo vorrei: qualcuno con cui condividere questo mio percorso”.

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