Dalle marmellate fatte in casa a un'impresa padre-figlia: la storia di un bistrot "particolare"

Dalle marmellate fatte in casa a un’impresa padre-figlia: la storia di un bistrot “particolare”

Giuseppe Fontana

Dalle marmellate fatte in casa a un’impresa padre-figlia: la storia di un bistrot “particolare”

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domenica 17 Marzo 2024 - 08:21

Vincenzo e Kay Puglisi hanno concretizzato il proprio sogno e puntano a esportare la loro "folle idea"

SANTA TERESA DI RIVA – Lui è Vincenzo, lei è Kay. Sono padre e figlia e quattro anni fa si sono lanciati in un’impresa, di nome e di fatto, cioè quella di aprire un posto particolare partendo da ciò che hanno sempre vissuto: le marmellate fatte in casa con la frutta proveniente dai campi dei nonni, agricoltori. E così è nata la loro attività. Un posto fuori dal comune, fatto di marmellate e confetture, ma anche di pasticceria “particolare”, di specialità salate e di caffetteria specialty. Tutto all’insegna di due elementi fondamentali: il chilometro zero e la sostenibilità, quindi il rispetto del territorio e della Sicilia.

Una storia che rientra nel percorso giornalistico dedicato alle aziende del territorio, che abbiamo già avviato come giornale.

Kay: “Tutto partito dalle marmellate”

A raccontare com’è partito tutto è stata la vulcanica Kay: “L’idea è nata da un pensiero arrivato all’improvviso. Facevamo le marmellate e le confetture con la frutta che ci portavano i miei nonni, entrambi agricoltori. Mio padre ha pensato di trasformare questa tradizione in un business. Non volevamo soltanto fare, però, un laboratorio di marmellate classico. Volevamo creare qualcosa con all’interno una pasticceria particolare, che non si trova in altri luoghi, e una caffetteria specialty, cioè quelli con un certo punteggio, di alta qualità e con una filiera molto corta. Così è nato il progetto e da subito è stato improntato su sostenibilità e chilometro zero, proprio per quella frutta portata direttamente a noi dalla campagna. Ma abbiamo trovato anche coltivatori locali di frutta tropicale, scoprendo che ce ne sono tantissimi in Sicilia, più di quanto si possa pensare. Piano piano abbiamo aggiunto un po’ di salato”.

Lo stop per il Covid e la paura del lockdown

Ma non è stato semplice. Soprattutto perché l’idea di base è nata proprio quattro anni fa, quando il mondo veniva sconvolto dal Covid: “Dovevamo aprire nell’aprile 2020, ma a causa del lockdown abbiamo aperto in agosto. Dopo due mesi di tranquillità ci hanno richiusi e abbiamo fatto solo asporto. Sono state settimane complicate tra il Covid, le restrizioni, la paura anche di uscire”. Kay ha proseguito: “Io sono molto fortunata nell’avere un padre con la mentalità molto aperta, non è il tipico quasi sessantenne. Ha idee folli come me e condividiamo tanto, per questo siamo riusciti a condividere questo progetto. Quando me l’ha proposto io stavo vivendo un momento di forte depressione. Lui è arrivato a parlarmi dell’idea e ci siamo seduti per progettare tutto. Abbiamo studiato il brand e il logo l’ha disegnato lui, perché prima faceva il grafico. Siamo padre e figlia e ci sono le discussione, ma è anche stimolante a volte, perché abbiamo continuamente idee nuove”.

Il coraggio di iniziare

La creatività dei due si è abbinata al coraggio di lasciare percorsi intrapresi da tempo: “Mio padre ha fatto il grafico per trent’anni. Io invece studiavo Scienze naturali e volevo diventare una zoologa. Sì, facevamo tutt’altro. C’è voluto tantissimo coraggio, tantissima forza d’animo per non buttarci giù quando ci sono stati i momenti brutti, tanta pazienza quando abbiamo aperto. Siamo partiti senza un soldo, chiedendo un finanziamento che fortunatamente ci hanno dato, ma abbiamo fatto praticamente tutto noi, dai lavori al locale ad alcuni mobili che abbiamo costruito. In tutto il nostro locale c’è l’essenza sia mia sia di mio padre: è il nostro specchio”.

Il sogno

E infine, il sogno. Passo dopo passo, i due, insieme a Serena Spadaro, prezioso membro della squadra, hanno portato l’attività a radicarsi nel territorio. Ma non basta, perché si punta più in alto: “Il sogno c’è ed è quello di portare Marmelada anche altrove. Lo lasceremo qui, è il nostro primo progetto e sarà sempre il nostro gioiello. Ma vorremmo portarlo altrove, che sia al nord, al centro Italia o all’estero, ma sempre mantenendo l’idea di artigianato e chilometro zero. Questo è il nostro sogno. Per noi è bellissimo vedere ogni giorno le espressioni di chi assaggia le nostre creazioni, è questa la cosa più bella e vale più di qualsiasi risposta economica”.

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