"E Sicilia sia, quando benedico quelle valigie riempite con il cuore a pezzi"

“E Sicilia sia, quando benedico quelle valigie riempite con il cuore a pezzi”

“E Sicilia sia, quando benedico quelle valigie riempite con il cuore a pezzi”

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martedì 23 Ottobre 2018 - 05:27

Quello che segue è il racconto d'amore, di lacrime e di orgoglio, di una delle migliaia di mamme messinesi, che hanno visto andar via i figli e che insieme a loro colgono i fiori e il profumo di piccoli traguardi e successi. Come quello di Indra e dei giovani siciliani che l'hanno creata.

Qualche giorno fa riflettevo su Messina e il suo futuro. Guardavo alla mia vita e a quella di tanti altri conoscenti e amici, prendendo coscienza del fatto che ormai sono veramente pochi quelli con figli che scelgono di studiare qui, mentre i più vedono ormai solo valigie che arrivano e partono, pullman, treni e aerei e chiamate video su skype e whatsapp.

"Hai mangiato?", "Com'è andata oggi?", "Fa già freddo lì?"…

E anche se il cuore ti si spacca per la nostalgia, per il vuoto dentro casa e la solitudine a valanghe, indossi un sorriso largo e fiducioso e schiarisci la voce per assumere un tono sicuro e allegro prima di parlare coi tuoi ragazzi, perchè a loro non arrivino la tua malinconia e le tue preoccupazioni, chè di pensieri e difficoltà, lontani dalla famiglia, sono già pieni per conto loro.

Poi arriva il momento in cui puoi acquistare i biglietti e partire per andarli a trovare, e allora il cuore comincia a battere più veloce per l'ansia di arrivare a quel momento in cui, finalmente, li riabbraccerai e potrai affondare il viso sul loro collo, chè è quello il punto preciso in cui ritrovi il loro odore.

Odore di famiglia, odore di casa, odore di quell’amore sconfinato che provi dal momento in cui li hai messi al mondo. Anzi, ancora prima. Dal momento stesso in cui hai provato a farceli venire, a questo mondo.

E prendi il primo biglietto per Milano, dove da poco vive il figlio "piccolo", raccogliendo ogni forza perchè vai "a sistemargli casa" e ti servono tutte le energie: quelle che sai di avere e quelle che neanche sai dove le prenderai. Ma aspetta, perchè no? Spezzare il viaggio, prenderne prima uno per Roma, così da essere presente alla premiazione di un festival di teatro cui ha partecipato la figlia più grande, quella che ormai è via da casa da 7 anni e in tutto ne ha solo 25. Bellissima idea!

Arrivi a Roma e abbracci la prima figlia: che bello toccare la pelle invece di immaginarsela soltanto. Sfiorare i capelli morbidi che sembrano seta invece di guardarli solo in una foto. Vedere come le brillano quegli occhi grandi grandi quando parla del suo lavoro, dei progetti che sta affrontando e di quelli che già le frullano in testa, piuttosto che ascoltarli da una nota audio su whatsapp.

La guardi e cerchi di bere ogni minuto, perchè questo non resti solo negli occhi, ma ti giunga fin dentro le viscere, che sono le stesse che ti si attorcigliano quando ti manca da morire e sei a troppi chilometri da lei. Ma bisogna già andare, c'è la premiazione e siamo pronte. Un'ultima raccomandazione da mamma.

"Non avere aspettative, Ilenia: sono l'anticamera delle delusioni. Avete già avuto il vostro grande successo la sera in cui siete andati in scena. Avete emozionato, scosso, convinto pubblico, critica, giornalisti e giuria. Se anche non arriverà alcun premio, siate fieri di voi".

Ha lavorato tanto insieme a Francesco, che ha conosciuto su Instagram, per la scrittura di questo testo che è ispirato liberamente a "Racconti siciliani" di Danilo Dolci. Ne hanno seguito insieme anche la regia, ed è la prima volta per entrambi, perchè Ilenia è stata finora solo attrice, Francesco è uno sceneggiatore che ha esperienza di cinema, ma non di teatro. Scelto con cura il cast, hanno profuso veramente ogni energia nel mettere su questo spettacolo, insieme, ciascuno per le proprie competenze.

Il Festival prevede che sia solo un work in progress, ma da quando sono stati selezionati fra i 23 spettacoli di prosa e i 7 di danza su 150 progetti partecipanti, il loro chiodo fisso è stato quello di puntare al massimo del risultato.

Di impedimenti sulla sua strada "Indra" ne ha trovati, ma loro hanno superato ogni volta tutto, e quando chiunque altro avrebbe alzato le mani dicendo "mi arrendo", loro le mani le hanno usate per rimboccarsi le maniche, finendo perfino per pitturare da sè le scene solo poco prima di andare sul palco.

Ma siamo già allo Spazio Diamante, prendiamo posto, si comincia, vengono assegnati i primi premi, e al momento del premio per la migliore regia ecco annunciare il nome che mi è più familiare: Ilenia D’Avenia. Scende sicura e felice i pochi gradini che la separano dal palco e lo raggiunge seguita da Francesco.

Legge la motivazione l’attore Lorenzo Gioielli: “Per la straordinaria maturità della messinscena mostrata in questa ottima prova di regia e per la cognizione con le quali si è saputo far interagire il testo verbale, quello spaziale, quello ritmico/musicale e quello degli attori, realizzando uno spettacolo complesso e brulicante di vita, di poesia e di verità; una verità affidata ad un ensemble di bravissimi attori diretti in modo impeccabile, preciso ed emozionante”.

L’emozione già così forte non è del tutto completa, anche se ancora nessuno di noi lo sa. I premi per le diverse categorie sono già stati tutti assegnati, manca l’ultimo, il più importante, quello per il miglior progetto: il vincitore assoluto.

Sale sul palco la grande Anna Bonaiuto, le consegnano la busta rossa che contiene il nome dello spettacolo vincitore, la apre.

Vince il Festival inDivenire 2018 “INDRA”, di Ilenia D’Avenia e Francesco Governa.

Stavolta scappa un piccolo urlo, ed è proprio di Ilenia, e partono scroscianti gli applausi del pubblico. I ragazzi scendono sul palco a passi veloci, si guardano in faccia con gli occhi sgranati e felici, si toccano le mani, tremano di gioia all’unisono.

Sono tutti siciliani, tranne Francesco: c’è Giulia che è messinese, e che Ilenia sceglie subito nel cast perché ne conosce le doti attoriali da quand’erano ragazzine e recitavano insieme nel laboratorio di teatro del Maurolico; c’è Guido che è palermitano, che lavora in radio e conosce in questa prima grande esperienza la vera bellezza di un palcoscenico; c’è Giuseppe che è di Partinico, col suo sorriso dolcissimo e quei panni di scena che sembrano proprio essere nati con lui, più di quelli che indossa stasera; c’è Alessia, palermitana anche lei, che per farsi conoscere da Ilenia e Francesco ha mandato un self tape in fase di casting. E anche la direzione artistica del Festival è figlia di Messina, perché è di Giampiero Cicciò.

Cala il silenzio in teatro, la Bonaiuto legge la motivazione: “Si è imposto all’attenzione unanime dei giurati della Seconda Edizione del Festival inDivenire come un folgorante e felicissimo esordio autoriale e registico caratterizzato da una sorprendente nettezza e pulizia di segno e da una visione già matura della scrittura drammaturgica e della scrittura scenica. Grazie a un efficace e mai compiaciuto uso del dialetto siciliano, Ilenia D’Avenia e Francesco Governa, attraverso una mano ferma anche nella direzione del magnifico cast (all’interno del quale la D'Avenia stessa gioca un ruolo fondamentale) ci conducono con una grazia speciale verso territori dell’anima dove il delicato, qualità rarissima a vedersi sui nostri palcoscenici, va a pungere coi suoi aghi di sofferenza là dove più ci fa male, ma anche là dove siamo ancora disposti a gioire”.

Onore a Messina, onore alla Sicilia”, dico fra me e me. Onore perché è un racconto dei suoi figli più giovani che non indulge negli stereotipi, ma che scava dentro quella forza straordinaria e contraddittoria dei siciliani, rassegnata e mai rassegnata insieme.

I ragazzi tornano ai loro posti, raggianti per il loro traguardo, e la gioia è veramente piena, adesso somiglia tanto alla felicità.

E benedico quelle valigie, riempite a denti stretti e con il cuore a pezzi.

Valigie che ognuna delle mamme di questi ragazzi ha dovuto chiudere mettendoci dentro per sempre anche un pezzo del proprio cuore, sperando che ogni tanto, al ritorno di questi figli lontani, potrà riprenderselo per stringerlo ancora un poco a sè.

Valigie che pesano per tanti, troppi motivi, e non solo per tutto ciò che quei figli riescono a ficcarci dentro, chè chissà come faranno a farci entrare il mondo, ogni volta. Valigie che a volte scorrono veloci sulle loro rotelle, a volte si trascinano stancamente, altre si rompono per strada per aver portato troppo.

Ma che ogni tanto si aprono non solo perché le mamme facciano il bucato di ciò che c’è dentro, ma anche per sentire il profumo di scelte giuste.

Quelle scelte sofferte, difficili ma decise, di lasciare che sia come nei versi di Gibran: “Voi siete l'arco dal quale, come frecce vive, i vostri figli sono lanciati in avanti. L'Arciere mira al bersaglio sul sentiero dell'infinito e vi tiene tesi con tutto il suo vigore affinché le sue frecce possano andare veloci e lontane. Lasciatevi tendere con gioia nelle mani dell'Arciere, poiché egli ama in egual misura e le frecce che volano, e l'arco che rimane saldo”.

Daniela Cucè Cafeo

Un commento

  1. intenso…commovente…quanta bellezza in questa splendida lettera-racconto…complimenti infiniti e sinceri dal profondo del cuore Sig.ra Daniela (credo di avere avuto la fortuna di incontrarla in una serata di festa tra amici quest’estate a Va…la fortuna allora, adesso l’onore)…e complimenti vivissimi a Sua figlia ed ai ragazzi che onorano la nostra terra con questo bellissimo traguardo cui, ne sono certo, altri ne seguiranno…spero di poter assistere quanto prima al loro spettacolo, magari dalle mie parti in Umbria (Terni) dove il teatro, pur tra mille difficoltà, è particolarmente apprezzato. Con stima ed affetto, Vincenzo.
    ps: complimenti anche alla redazione di Tempostretto per la sensibilità.che da sempre la contraddistingue!

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