Denatalità e inverno demografico in Italia e nel mondo

Denatalità e inverno demografico in Italia e nel mondo

Giacomo Maria Arrigo

Denatalità e inverno demografico in Italia e nel mondo

venerdì 14 Maggio 2021 - 13:45

Questa mattina si sono tenuti gli Stati Generali della Natalità. A parlare anche Papa Francesco e il Presidente Mario Draghi.

Questa mattina si è tenuta la prima edizione degli Stati generali della natalità al Foyer dell’Auditorium della Conciliazione a Roma (www.statigeneralidellanatalità.it). Un’iniziativa importante specialmente in un momento di pieno inverno demografico come quello che l’Italia sta attraversando.

«Un’Italia senza figli è un’Italia che non crede e non progetta. È un’Italia destinata lentamente a invecchiare e scomparire.Il governo si sta impegnando su molti fronti per aiutare le coppie e le giovani donne», ha detto il presidente del consiglio Mario Draghi agli Stati generali della natalità. E ha aggiunto: «La consapevolezza dell’importanza di avere figli è un prodotto del miglioramento della condizione della donna, e non antitetico alla sua emancipazione. Lo Stato deve dunque accompagnare questa nuova consapevolezza. Continuare ad investire sul miglioramento delle condizioni femminili. E mettere la società – donne e uomini – in grado di avere figli».

Da qui la proposta di un assegno unico universale (che dovrebbe essere disponibile già da luglio): «Al sostegno economico delle famiglie con figli», ha aggiunto Draghi, «è dedicato l’assegno unico universale. Da luglio la misura entrerà in vigore per i lavoratori autonomi e i disoccupati, che oggi non hanno accesso agli assegni familiari. Nel 2022, la estenderemo a tutti gli altri lavoratori, che nell’immediato vedranno un aumento degli assegni esistenti». 21 miliardi le risorse stanziate per l’assegno: una misura definita «epocale» da Draghi.

Ad intervenire agli Stati generali della natalità anche il Santo Padre Papa Francesco. «Finalmente – ha detto il Papa – in Italia si è deciso di trasformare in legge un assegno, definito unico e universale, per ogni figlio che nasce. Esprimo apprezzamento alle autorità e auspico che questo assegno venga incontro ai bisogni concreti delle famiglie, che tanti sacrifici hanno fatto e stanno facendo, e segni l’avvio di riforme sociali che mettano al centro i figli e le famiglie. Se le famiglie non sono al centro del presente, non ci sarà futuro; ma se le famiglie ripartono, tutto riparte». Ha aggiunto il Papa: «Penso con tristezza alle donne che sul lavoro vengono scoraggiate ad avere figli o devono nascondere la pancia. Com’è possibile che una donna debba provare vergogna per il dono più bello che la vita può offrire? Non la donna, ma la società deve vergognarsi, perché una società che non accoglie la vita smette di vivere. I figli sono la speranza che fa rinascere un popolo!».

La natalità è un tema centrale per l’Italia. Secondo l’Istat continuano a diminuire i nati: nel 2019 sono 420.084, quasi 20 mila in meno rispetto all’anno precedente e oltre 156 mila in meno nel confronto con il 2008. A diminuire sono soprattutto i nati da genitori entrambi italiani: 327.724 nel 2019, oltre 152 mila in meno rispetto al 2008. Il numero medio di figli per donna continua a scendere: 1,27 per il complesso delle donne residenti (1,29 nel 2018 e 1,46 nel 2010, anno di massimo relativo della fecondità). Ad aggravare l’ormai noto “inverno demografico” è anche la pandemia che ha contratto ulteriormente i dati, con gravi ripercussioni sull’equilibrio delle generazioni e sul welfare italiano.

Un trend che non riguarda solo il nostro Paese ma anche l’Unione Europea e, su larga scala, l’intero globo. Un articolo pubblicato sul Financial Times l’11 marzo scorso e intitolato Pandemic blamed for falling birth rates across much of Europe mette in relazione la denatalità e la pandemia. In Francia, che è uno dei 27 paesi europei con il più elevato indice di fecondità (numero di bambini per donna in età fertile, cioè per convenzione tra 14 e 49 anni), l’Istituto nazionale di statistica ha registrato nel mese di gennaio 2021, nove mesi dopo il primo lockdown, la nascita di 53.900 bambini, il 13 per cento di meno di quelli nati nel gennaio 2020. Ugualmente in Spagna si è assistito a una diminuzione del 20% delle nascite nei mesi di dicembre e gennaio rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Secondo Maria Rita Testa, professoressa di Demografia alla Luiss, «il tasso di fecondità medio è 1,53 in tutta l’Unione europea, distante dal 2,1 necessario per avere una popolazione stabile». E la denatalità si accompagna sovente a un notevole aumento della popolazione anziana, generando un evidente squilibrio della piramide demografica.

Un simile trend è stato osservato anche nel Regno Unito, negli Stati Uniti e perfino in Cina. Infatti, come riporta un articolo de Linkiesta in base all’ultimo censimento, la popolazione cinese sarebbe scesa sotto quota 1,4 miliardi.

La questione della denatalità deve essere affrontata su più fronti: gli aiuti economici, per quanto necessari, potrebbero non essere sufficienti per invertire il trend. Il problema potrebbe essere a livello culturale – una cultura ormai globale e associata ad un alto livello di industrializzazione. Ecco perché Draghi ha parlato di una «nuova consapevolezza».

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