Venerdì 23 Tavola Rotonda a Librizzi e sabato 24 Convegno a Patti. Tante le Associazioni pro Tibet coinvolte.
Venerdì 23 marzo dalle ore 15,30 alle ore 19,30 presso la Sala Consiliare “Giuseppe Pizzino” di Librizzi e sabato 24 marzo dalle ore 09,30 alle 13,00 presso la Sala Convegni di piazza “Mario Sciacca” a Patti si svolgeranno due importante incontri sulla questione tibetana: rispettivamente una Tavola Rotonda sul tema: ”Tibet oggi e prospettive future con uno sguardo al passato” ed un Convegno dal titolo: “Tibet e Cina: la storia, la cultura e l’attualità”. Due occasioni per comprendere cosa sta realmente accadendo sul Tetto del Mondo.
Alla Tavola Rotonda di Librizzi saranno presenti il sig. Nino Fiorello, Delegato Regionale dell’ Associazione Italia–Tibet e il dott. Claudio Cardelli, Presidente Nazionale della medesima Associazione. Durante i lavori sarà proiettata una versione short del documentario “Tibet: La conquista del West” e verrà presentato il progetto “Roadway for Tibet”. Interverranno la prof.ssa Marilia Gugliotta, Presidente dell’associazione “Il filo della memoria” di Librizzi; la prof.ssa Giuseppina Pintabona, Dirigente Scolastico dell’Istituto Comprensivo
San Piero Patti e Librizzi e il dott. Camillo Pigneri, Rappresentante regionale di Emergency.
All’incontro previsto per sabato presso la Sala Convegni del Comune di Patti saranno invece presenti il sig. Tseten Choekyapa, rappresentante del Dalai Lama per il sud Europa; la signora Kalsang Dolkar, Presidente della comunità tibetana in Italia e il dott. Claudio Cardelli, Presidente Nazionale Associazione Italia – Tibet. Interverranno il giornalista, scrittore e documentarista Piero Verni;
il prof. Paolo Pobbiati, ex Presidente nazionale di Amnesty International e l’onorevole Santi Formica, Vice Presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana.
Durante il convegno sarà proiettata una versione short del documentario
di Guido Ferrari “Tibet: Quale Futuro?”
I due eventi sono stati organizzati da: Assemblea Regionale Siciliana, Comune di Librizzi, Comune di Patti, Lions Club Patti, Associazione Italiana Tibet, Comunità Tibetana in Italia, Curia Vescovile di Patti, Università degli Studi di Messina, Facoltà di Giurisprudenza e Scienze Politiche (Sezioni distaccate di Patti e Barcellona P.d.G.), Liceo Classico – Scientifico – Linguistico “Vittorio Emanuele III” di Patti, Istituto Teologico “Monsignor A. Ficarra” di Patti, Istituto Scolastico Comprensivo di San Piero Patti e Librizzi, Centro Studi “Il Filo della Memoria” di Librizzi.
LA QUESTIONE TIBETANA
Nel 1950 la Repubblica Popolare Cinese invase il Tibet: un inequivocabile atto di
aggressione e violazione della legge internazionale. Il Dalai Lama, capo politico e spirituale del Tibet, tentò una pacifica convivenza con i cinesi, ma le mire colonialiste della Cina diventarono sempre più evidenti. La sistematica politica di sinizzazione e sottomissione del popolo tibetano segnò l’inizio della repressione cinese cui si contrappose l’insorgere della resistenza popolare. Il 10 Marzo 1959 il risentimento dei tibetani sfociò in un’aperta rivolta nazionale.
L’Esercito di Liberazione Popolare stroncò l’insurrezione con estrema brutalità uccidendo, tra il marzo e l’ottobre di quell’anno, nel solo Tibet centrale, più di 87.000 civili. Il Dalai Lama, seguito da circa 100.000 tibetani, fu costretto a fuggire dal Tibet e chiese asilo politico in India dove fu costituito un governo tibetano in esilio fondato su principi democratici. Attualmente, il numero dei rifugiati supera le 135.000 unità e l’afflusso dei profughi che lasciano il paese per sfuggire alle persecuzioni cinesi non conosce sosta. In Tibet, a dispetto delle severe punizioni, la resistenza continua.
D’altra parte l’occupazione cinese presenta tutte le caratteristiche del dominio
coloniale: oltre 1.000.000 di Tibetani sono morti a causa dell’occupazione. Il 90% del patrimonio artistico e architettonico tibetano, inclusi circa seimila monumenti tra templi, monasteri e stupa, è stato distrutto. La Cina ha depredato il Tibet delle sue enormi ricchezze naturali. Lo scarico dei rifiuti nucleari e la massiccia deforestazione hanno danneggiato in modo irreversibile l’ambiente e il fragile ecosistema del paese.
In Tibet sono di stanza 500.000 soldati della Repubblica Popolare. Il massiccio afflusso di immigrati cinesi minaccia la sopravvivenza dell’identità tibetana e ha ridotto la popolazione autoctona a una minoranza all’interno del proprio paese. Mentre prosegue la pratica della sterilizzazione e degli aborti forzati delle donne tibetane, la sistematica politica di discriminazione attuata dalle autorità cinesi ha emarginato la popolazione tibetana in tutti i settori, da quello scolastico a quello religioso e lavorativo.
Lo sviluppo economico in atto in Tibet arreca benefici quasi esclusivamente ai coloni cinesi e non ai Tibetani.
Nel 1959, 1961 e 1965, le Nazioni Unite approvarono tre risoluzioni a favore del Tibet in cui si esprimeva preoccupazione circa la violazione dei diritti umani e si chiedeva “la cessazione di tutto ciò che priva il popolo tibetano dei suoi fondamentali diritti umani e delle libertà, incluso il diritto all’autodeterminazione”. A partire dal 1986, numerose risoluzioni del Congresso degli Stati Uniti, del Parlamento Europeo e di molti parlamenti nazionali hanno deplorato la situazione esistente in Tibet e all’interno della stessa Cina ed esortato il governo cinese al rispetto dei diritti umani e delle libertà democratiche. Ma nonostante gli incessanti appelli della comunità internazionale: il diritto del popolo tibetano alla libertà di parola è sistematicamente violato. Migliaia di tibetani sono tuttora imprigionati, torturati e condannati senza processo. Le condizioni carcerarie sono disumane. Le donne tibetane sono costrette a subire involontariamente la sterilizzazione e l’aborto. I tibetani sono perseguitati per il loro credo religioso: monaci e monache sono costretti a sottostare a sessioni di rieducazione patriottica, a denunciare il Dalai Lama e a dichiarare obbedienza al Partito comunista.
Nel corso degli anni il problema tibetano è stato oggetto di una crescente attenzione da parte della comunità internazionale. Il Dalai Lama è stato insignito, nel 1989, del Premio Nobel per la Pace ed è stato ricevuto da molti capi di stato. In diversi paesi si sono costituiti gruppi interparlamentari a favore del Tibet, e in 60 paesi, sono attivi oltre 100 gruppi di sostegno.
