Entra nel vivo il processo ai professionisti e impreditori "scivolati" sugli affari coi santapaoliani Romeo. Ieri la deposizione fiume del pentito Grasso, che ha puntato il dito contro Lo Castro e Borella. Mente va al vaglio degli investigatori il capitolo dei rapporti con l'intelligence.
Tutti sapevano chi erano i Romeo. Ed alcuni professionisti erano in pieno coinvolti negli affari dei nipoti messinesi del boss Nitto Santapaola, tanto da poter essere definiti veri e propri “consigliori”.
E’ questo il succo della lunga deposizione in aula di ieri, terminata soltanto dopo le 20, dell’imprenditore milazzese Biagio Grasso, ex braccio destro di diversi importanti costruttori della provincia, oggi “pentito” dopo il suo arresto nell’operazione Beta1, per via dei suoi affari col gruppo dei Romeo. Ieri è entrato nel vivo il processo di primo grado, appena partito, davanti la Corte presieduta dalla dottoressa Silvana Grasso e la scena è andata a lui, il principale accusatore di questa inchiesta.
Grasso ha deposto per l’esame dell’Accusa, i PM Liliana Todaro e Fabrizio Monaco, ed è andato avanti per diverse ore. Ieri la sua è stata sostanzialmente una deposizione fiume nella quale ha ribadito quanto già messo nero su bianco nei suoi verbali depositati agli atti dell’inchiesta, confermando tutti i sospetti degli investigatori sulla così detta “mafia capitale” dello Stretto, dipanando i rapporti tra lui e Romeo, e tra il gruppo e gli altri affaristi che in questi decenni sono venuti in contatto con lui.
Sulla “mafiosità” dei Romeo c’è un primo “bollino giudiziario”, il verdetto emesso in abbreviato lo scorso 19 ottobre che ha sancito 19 condanne, compresa quella per Grasso. In questo processo si tratta di stabilire se reggono le accuse di concorso esterno e le altre accuse mosse a diversi così detti colletti bianchi,e capire fino a che punto erano “interni” alle dinamiche criminali dei Romeo.
Grasso, in questo senso, è stato chiaro. Per esempio nei confronti dell’avvocato Andrea Lo Castro, ribadendo l’accusa che era assolutamente interno a quella sorta di tavolino su cui i Romeo e Grasso programmavano gli sviluppi dei loro business. Per Grasso, il legale d’affari era assolutamente consapevole dello spessore criminale dei Romeo. Un assunto già sospettato dai Carabinieri del Ros e dalla Procura, che lo scorso anno hanno chiesto ed ottenuto l’arresto di Lo Castro per concorso esterno, dopo aver analizzato le sue conversazioni telefoniche ed ambientali intercettate e gli atti compiuti nell’interesse dei Romeo. Uno in particolare, ovvero il coinvolgimento dei catanesi nella “parabola” di Carlo Borella, l’ex presidente dell’Ance Messina, la sigla dei costruttori. Grasso era uno stretto collaboratore di Borella, e quando il gruppo si è trovato in difficoltà, ma soprattutto quando lui personalmente si è trovato in difficoltà – circostanza ribadita anche ieri in aula – ha pensato di coinvolgere i Romeo, fino ad allora attivi soprattutto nel settore del gioco on line – nel business del mattone. Così, i Romeo sarebbero entrati, come soci più o meno occulti, nell’affair Else, proprio attraverso Lo Castro.
Meno chiaro, dalle parole del geometra milazzese, il ruolo di volta in volta ricoperto da lui e da Vincenzo Romeo, all’interno di questa sorta di “direttorio”.
Ieri Grasso è andato avanti a ruota libera per ore, senza che gli venisse mossa alcuna contestazione. Tornerà in aula il prossimo 8 gennaio per terminare l’esame dei PM e per sottoporsi al controesame dei difensori, che si annuncia movimentato. Gli avvocati Rosso, Barone, Gullino, Traclò, Celì, Favazzo, Silvestro, Billè, Santonocito, Autru Ryolo, Pantano, Lizio, Briguglio e Giacobello stanno “affilando le armi”, preparando le domande per passare al “setaccio del dubbio” le verità di Grasso.
Sarà l’ultima udienza prevista in Corte d’Assise a Palazzo Piacentini. Le altre udienze calendarizzate, fino a marzo 2019, si terranno all’aula bunker del carcere di Gazzi.
A gennaio il milazzese tornerà in aula con lo statu di collaboratore di giustizia in senso pieno. Ha infatti completato il periodo che la legge gli assegna per mettere a verbale tutte le verità che conosce – 180 giorni – ed a metà dicembre acquisterà lo status di collaborante, non più semplice teste di giustizia. In questi giorni a Messina ci sono stati alcuni delegati dei servizi per organizzare la logistica relativa a questo passaggio, compresa la destinazione ad una località protetta.
Non soltanto. Ai servizi di intelligence è delegato il compito di passare alla verifica le affermazioni di Grasso sui rapporti tra il gruppo Romeo ed esponenti dello stesso apparato. Un capitolo spinoso, e la versione del geometra è ancora tutta da vagliare. Sin da subito agli investigatori, spiando le conversazioni dei Romeo, è apparso chiaro che la famiglia avesse più di un contatto con gli apparati civili e militari dello Stato. Contatti telefonici con altri carabinieri che usavano sofisticati accorgimenti per incontrarli con prudenza, i racconti degli stessi Romeo sul loro trasferimento da Catania, dopo il ciclone giudiziario sulla famiglia, a Messina. Ufficialmente per cominciare una nuova vita, lontano, dalle dinamiche criminali. Una nuova vita che non è mai arrivata, secondo la Procura d Messina, visto che i Romeo hanno spesso e volentieri approfittato del loro “marchio di famiglia” per ingrandire i loro affari. Grasso, però, va un passo oltre, e fa intravedere il coinvolgimento di uomini dei servizi in importanti trattative internazionali. Uno di questi passaggi è stato riportato per intero nella seconda tranche dell’inchiesta, nel provvedimento d’arresto sfociato nel blitz Beta2.
