Ecco come il gran caldo sull'Artico sia all'origine di questo maggio piuttosto fresco

Ecco come il gran caldo sull’Artico sia all’origine di questo maggio piuttosto fresco

Daniele Ingemi

Ecco come il gran caldo sull’Artico sia all’origine di questo maggio piuttosto fresco

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sabato 18 Maggio 2019 - 08:27

La grande anomalia in atto sul Polo Nord all'origine dell'inusuale ondata di freddo sul Mediterraneo

Un maggio così insolitamente fresco e instabile potrebbe farci pensare che ci sia una inversione di tendenza e che magari quella del cambiamento climatico sia una “balla colossale”. In realtà quello che stiamo vivendo in questi giorni è direttamente correlato. Non bisogna dimenticarci che mentre da noi, in riva al Mediterraneo, fa parecchio fresco per il periodo, a latitudini ben più elevate della nostra si continuano a registrare temperature “eccezionalmente” calde per il periodo. La significativa anomalia termica negativa che sta caratterizzando questo mese di maggio è favorita dall’intenso riscaldamento che da settimane interessa l’area artica.

Secondo un recentissimo studio il massiccio riscaldamento, sopra il mar Glaciale Artico, può influenzare la circolazione sinottica lungo l’intera fascia temperata. Questo veloce riscaldamento, che si concretizza nel cuore dell’estate boreale, sta determinando un ridimensionamento dei ghiacci marini legati alla banchisa che si fondono con una maggiore facilità non appena le temperature raggiungono o superano la soglia degli +0°C nell’area artica. Avvenimento sempre più frequente ultimamente.

Le anomalie registrate sul Mediterraneo in questi giorni

Una ricerca condotta dall’Università del Wisconsin suggerisce che il riscaldamento dell’Artico sta contribuendo a rendere le configurazioni bariche, ossia quegli schemi che dettano il tempo atmosferico, sempre più persistenti e duraturi nel tempo nelle medie latitudini, con intervalli che possono persistere per interi mesi. La persistenza di questi schemi sinottici può dare luogo a sempre più frequenti ondate di caldo, ma anche intense avvezioni fredde (anche nel cuore dell’estate), siccità o situazioni meteorologiche estreme, come eventi alluvionali e prolungati periodi di maltempo, che possono rimanere “stabili” per più giorni, settimane o addirittura mesi interi.

Il notevole riscaldamento dell’Artico in genere ha come prima ripercussione un notevole rallentamento delle “westerlies”, gli impetuosi venti dai quadranti occidentali che dominano lungo le medie latitudini dirigendo l’andamento meteo/climatico sui vari continenti. L’indebolimento di questi venti occidentali è originato dal venir meno dei divari termici fra l’Artico e la fascia temperata. L’indebolimento delle correnti occidentale si avverte soprattutto alle quote medio-alte della troposfera, con un forte rallentamento del ramo principale del “getto polare”, che sovente si presenta fra i 30° e i 60° di latitudine nord e sud. Perdendo buona parte della sua forma la “corrente a getto”, per una nota legge fisica, comincia ad ondularsi creando delle grandi onde su scala planetaria, meglio note come le “onde di Rossby”.

Le “onde di Rossby”, lunghe da 1.000 a 10.000 km, si formano con una precisa successione di tempi e tendono a muoversi da ovest verso est, con una velocità di propagazione che è direttamente proporzionale alla loro lunghezza e alla velocità media di spostamento delle correnti nell’alta troposfera. Nel periodo primaverile ed estivo, quando inizia l’arretramento dei ghiacci marini della banchisa del Polo Nord e il vortice polare comincia gradualmente ad indebolirsi e a restringersi su una determinata area del mar Glaciale Artico, le “onde di Rossby” tendono a rallentare la loro velocità di propagazione da ovest ad est, originando dei Pattern climatici abbastanza durevoli che potrebbero portare ad una maggiore probabilità di eventi meteorologici estremi che derivano da condizioni prolungate, come siccità, inondazioni, ondate di freddo o avvezioni d’aria calda con onde mobili di calore insistenti per intere settimane.

Un po’ sull’esempio di quanto visto lo scorso inverno sull’Europa centro-occidentale e sul nord Italia, che per diversi mesi sono rimasti in balia di una ampia ondulazione oraria (onda anticiclonica) in seno alla “corrente a getto” che proveniva dall’Atlantico settentrionale. Proprio per queste l’intero centro-nord Italia, fra l’autunno e l’inverno, ha fatto i conti con una prolungata fase siccitosa (carenza di precipitazioni) che è stata indotta da una grande e persistente ondulazione oraria (blocco anticiclonico) in seno al “getto polare” in uscita dagli Stati Uniti e dal Canada orientale.

Il sud e la Sicilia, invece, trovandosi lungo i margini orientali di questo anticiclone di blocco, sono stati colpiti da una serie di ondate di freddo, in discesa dalle pianure dell’Europa orientale e dai Balcani, che hanno provocato frequenti ondate di maltempo, con nevicate a bassa quota e venti burrascosi dai quadranti settentrionali, fino a 90-100 km/h.

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