La voglia di giocare può portare “Altro, Altrove, Ancora”

La voglia di giocare può portare “Altro, Altrove, Ancora”

Pierluigi Siclari

La voglia di giocare può portare “Altro, Altrove, Ancora”

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domenica 04 Novembre 2018 - 06:09

Le foto di Silvia Ripoll sono scattate e elaborate esclusivamente con lo smartphone

“C’è sicuramente una buona dose di sofferenza nei volti che compaiono nelle mie foto, ma nella sofferenza c’è la bellezza” dice Silvia Ripoll, le cui fotografie sono protagoniste della mostra “Altro, Altrove, Ancora”, organizzata e ospitata, fino al 15 novembre, dalla Galleria Arte Cavour.

Silvia Ripoll, catalana di nascita (ma ormai orlandina d’adozione), ha studiato alla Deutsche Schule di Barcellona e si è laureata in Storia Antica – Archeologia presso l’Università Complutense di Madrid. “Per formazione sono archeologa, ma ho sempre avuto la passione per la fotografia, e scoprire il mondo degli smartphone è stato sorprendente. Lo smartphone è un oggetto piccolo che ho sempre con me, e quando sento il bisogno di evadere, di stare con me stessa, lo prendo e inizio a giocare. Stravolgo i colori, modifico totalmente un’immagine; sicuramente l’immagine reale non mi soddisfa, e cerco di vedere qualcosa, per questo il titolo della mostra. Nelle mie foto c’è quello che vedo nel mio quotidiano, per esempio i tentacoli di un polipo visti dal pescivendolo”.

Le circa venti foto esposte vedono la sovrapposizione di diverse immagini, tra cui a farla da padrone sono i volti umani, accavallati l’uno con l’altro, oppure con elementi della natura – come le rocce di Capo d’Orlando – o costruiti dell’uomo – è il caso della statua greca unita a un ingranaggio meccanico, o la donna sullo sfondo della batteria di un’auto. “La figura umana è predominante” continua la fotografa “tutti abbiamo dei lati oscuri, al centro della mia produzione fotografica ci sono le complessità che ci caratterizzano. Utilizzo solo lo smartphone, sia per scattare le foto che per modificarle. In genere, chi realizza collage fotografici usa Photoshop, io invece uso un’applicazione gratuita, PhotoDirector. Per il passaggio dal cellulare alla stampa devo ringraziare Immaginazione FineArt di Antonello Alagna, che ha fatto un ottimo lavoro. Non era facile ampliare le mie immagini, e addirittura qualcuno pensava fosse impossibile”.

L’uso esclusivo del cellulare porta con sé un messaggio che Silvia Ripoll ci tiene a sottolineare: “Come dicevo, uso solo il telefono e un’applicazione gratuita per realizzare le mie foto, quindi non ho investito grosse somme, anzi per la verità non ho comprato niente, e questo dimostra che con poco si può fare tantissimo. L’importante è buttarsi, giocare, e soprattutto avere il piacere di farlo”.

Gli scatti realizzati dalla fotografa, oltre a colpire per il dato squisitamente estetico, portano a riflettere sul rapporto tra i volti e gli altri elementi a cui sono avvicinati. È chiaro che ogni spettatore troverà la propria chiave di lettura, come conferma la stessa Silvia Ripoll: “Deve essere ogni persona a trovare un’emozione, io non riesco a spiegarle tutte. Dietro a un’immagine esteriore, io ne intuisco un’altra nascosta, che sarà però diversa da quella che possono avvertire gli spettatori, e questo gioco di aspettative e percezioni è ciò che più mi affascina. Proprio per confrontarmi con gli spettatori, cercherò di essere presente in sala almeno tre o quattro o giorni a settimana fino al termine della mostra”.

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