Furci. L'Unità al centro della Visita Pastorale. Padre Massimo: "Settimana di comunione"

Furci. L’Unità al centro della Visita Pastorale. Padre Massimo: “Settimana di comunione”

Carmelo Caspanello

Furci. L’Unità al centro della Visita Pastorale. Padre Massimo: “Settimana di comunione”

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giovedì 22 Febbraio 2024 - 12:59

INTERVISTA A DON MASSIMO BRIGUGLIO. Momenti di incontro, confronto e celebrazione per rinsaldare il legame tra l'Arcivescovo, il parroco e le comunità di Furci, Mandanici e Pagliara

massimo Briguglio
ASCOLTA l’intervista a padre Massimo Briguglio, parroco di Furci

FURCI – Sette giorni di eventi, incontri e celebrazioni hanno caratterizzato la Visita Pastorale di monsignor Giovanni Accolla a Furci, Mandanici e Pagliara. Un’immersione nella fede e nella vita delle comunità ecclesiali, che ha coinvolto fedeli di tutte le età e provenienze. Rispetto all’ultima di 19 anni addietro, indetta dall’allora arcivescovo Giovanni Marra, quella appena conclusa si è distinta per l’attenzione all’Unità Pastorale, non limitandosi alle singole parrocchie. Un’occasione per rafforzare il senso di comunione e collaborazione tra le diverse realtà ecclesiali del territorio. La visita si è aperta con la catechesi di padre Giuseppe Lonia, incentrata sul tema “La visita pastorale del Vescovo, fondamento visibile dell’unità della chiesa particolare”. Padre Lonia ha sottolineato l’importanza di questo evento per le comunità di fedeli, definendolo “un tempo di grazia e un momento speciale per il dialogo del Vescovo con i fedeli”.

Una parte della visita ha riguardato i controlli amministrativi da parte dei direttori degli Uffici diocesani e del cancelliere arcivescovile. Sabato mattina si è tenuto il momento centrale della visita: un incontro nella sala San Luigi di Furci con l’Arcivescovo, l’Ausiliare, i preti e i fedeli dell’unità pastorale. Dopo un momento di preghiera e un saluto di mons. Accolla, sono stati formati quattro gruppi per discutere su diverse macro-aree pastorali: evangelizzazione, liturgia, carità e ambito sociale. Al termine, i coordinatori dei gruppi hanno relazionato all’Arcivescovo, che ha poi offerto le sue riflessioni conclusive. Un momento di confronto e dialogo tra il presule, i presbiteri e i fedeli, suddivisi in gruppi per aree pastorali. Un’occasione per discutere e confrontarsi su tematiche di vita ecclesiale e sociale.

La settimana è stata ricca di celebrazioni eucaristiche, culminate nella Messa domenicale a Furci presieduta da Monsignor Accolla e concelebrata dal parroco, padre Massimo Briguglio. Un momento di festa e di comunione, allietato dalla presenza dei bambini e dalla benedizione della porta sud della Chiesa, del portone laterale e dell’Icona della Dormitio. La porta sud è stata arricchita da 28 formelle in bronzo a cera persa frutto della collaborazione tra il maestro iconografo Ivan Polverari e il maestro scultore Enrico Salemi Scarcella e la fonderia Ursino di Catania che raffigurano altrettanti episodi dell’antico testamento. Il presule ha benedetto anche il portone laterale che si affaccia sulla piazza antistante la chiesa anch’esso abbellito da 8 formelle in bronzo raffiguranti alcune scene della parabola del padre misericordioso, ed infine l’Icona della Dormitio del Maesro Ivan Polverari, all’interno della Chiesa. La Visita Pastorale si è conclusa come un’esperienza di crescita e rinnovamento per la Chiesa locale. Un’occasione per riflettere sul presente e guardare al futuro con speranza, rafforzando il legame tra l’Arcivescovo e le comunità.

“Sono grato – ha commentato l’arcivescovo – per l’accoglienza calorosa e per la partecipazione sentita a questa Visita Pastorale. Ho avuto modo di conoscere da vicino la vitalità e la ricchezza di fede di queste comunità. Il mio auspicio è che l’evento sia un punto di partenza per un nuovo slancio missionario, per una Chiesa sempre più aperta e accogliente”. La Visita Pastorale si è rivelata un’esperienza di grande valore per l’intera Unità Pastorale, un momento di crescita e di speranza per il futuro della Chiesa locale.

Ma qual è il significato per una parrocchia di una visita pastorale? Lo abbiamo chiesto al parroco di Furci, padre Massimo Briguglio.
“Una visita pastorale – spiega il sacerdote – è veramente un momento di grande ricchezza perché ogni parrocchia prende coscienza di essere chiesa. Ogni parrocchia non è chiesa da sola, lo è all’interno di una chiesa diocesana. Dove ognuno esercita il suo servizio. Il Vescovo, che è centro di unità, è padre, è successore degli Apostoli, è colui che incoraggia, che corregge, ma che dà quel senso di appartenenza alla Chiesa di Cristo, che ci fa sentire veramente discepoli del Signore. Già nella preparazione, nel rispondere al questionario, la visita ci ha messi insieme, ci ha costretti quasi a metterci insieme con tutti gli operatori pastorali per dare risposte che erano frutto di un ragionamento, di una riflessione di tutti. Già questo favorisce l’ecclesialità dell’evento”.

Ha voluto portare Monsignor Di Pietro nelle periferie di Furci, dalle case popolari alla Casa protetta per gli anziani, nei luoghi dove c’è sofferenza. Come sta cambiando oggi la realtà sociale, cosa può fare la parrocchia?
“La parrocchia, come la Chiesa stessa, non esiste per sé stessa, esiste per evangelizzare. La malattia di una parrocchia, come tante volte ce l’ha ricordato Papa Francesco, è che si guarda troppo allo specchio, quando cade nel ritualismo, nel tradizionalismo, quando non è capace di guardare l’uomo concreto, perché perdiamo dal punto di vista teologico la dimensione dell’incarnazione. Quando noi neghiamo l’incarnazione non solo di Cristo ma anche della Chiesa, cadiamo nell’eresia. Quindi quello che bisogna fare è guardarci intorno, incontrare le persone e andare a vedere soprattutto coloro che hanno subito ferite e subiscono ferite dalla vita per malattie, per disoccupazione, per emarginazione sociale, per crisi depressive. Quanti depressi. Abbiamo persone che hanno bisogno di un aiuto. Diceva monsignor Amoroso, che è stato mio formatore: noi cantiamo il Padre nostro tenendoci per mano senza renderci conto che là fuori c’è un mondo che va a fuoco. Ecco, questa immagine mi ha sempre tormentato, mi ha messo sempre molta paura.  Io non voglio appartenere a una chiesa così, bensì in una chiesa che presente sul territorio, nel silenzio, nella discrezione, ma per dare a ciascuno un conforto, un sostegno, una parola di incoraggiamento e un sostegno a volte anche materiale. Cioè, deve essere una chiesa empatica. Il rischio è di ritrovarci in una chiesa ‘indifferente’. E questa è una cosa che mi fa molto paura”.

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