L'iter travagliato del progetto del Ponte sullo Stretto non è un caso unico
La storia delle infrastrutture in Italia racconta spesso un copione identico: il potere politico decide di procedere spedito, superando i rilievi critici della Corte dei Conti o degli organismi di vigilanza su costi, procedure e utilità. Il caso del Ponte sullo Stretto non è un’eccezione, ma l’ultimo capitolo di una serie di precedenti illustri.
Il sistema del “Concessionario Unico”: il caso Mose
Il Mose di Venezia rappresenta l’esempio più calzante di gestione dei contratti con gare criticate. Per decenni, vari organi di controllo e l’Europa hanno contestato il sistema del “concessionario unico” (il Consorzio Venezia Nuova), che operava in regime di monopolio senza gare d’appalto europee.
Nonostante gli avvertimenti sulla mancanza di concorrenza e l’esplosione dei costi — passati da 2 a oltre 6 miliardi di euro — i governi hanno continuato a rifinanziare l’opera tramite leggi speciali. Il risultato è stato un completamento con lungo ritardo e scandali giudiziari. Alla fine, però, oggi il Mose è in funzione e ha “salvato” più volte Venezia dall’acqua alta.
L’Alta Velocità Milano-Napoli e i costi record
Negli anni ’90, la realizzazione della rete AV italiana fu impostata con un sistema di “contraente generale” aspramente criticato dai magistrati contabili. La Corte dei Conti e l’Antitrust segnalarono che l’affidamento diretto dei lavori a grandi consorzi, senza gare, avrebbe portato a un aumento incontrollato dei costi rispetto agli standard europei.
Il Governo decise di procedere per non rallentare l’ammodernamento del Paese, utilizzando lo strumento dei “contratti a trattativa privata”. Oggi l’Italia vanta una delle reti AV più costose al chilometro al mondo, anche a causa di quella mancanza di confronto competitivo denunciata all’epoca. Da Napoli a Milano, però, ci si muove in 4 ore di treno, tempi impensabili fino a qualche anno fa.
Il fallimento del privato nella Pedemontana Lombarda
Il caso della Pedemontana Lombarda è invece il precedente più vicino al Ponte per quanto riguarda il fallimento del capitale privato. Il progetto era nato con l’idea che i privati avrebbero coperto la maggior parte dei costi tramite la finanza di progetto.
Nonostante i dubbi della Corte dei Conti sulla reale capacità dell’opera di ripagarsi con i pedaggi, e nonostante i privati non si trovassero, l’opera è stata fatta partire lo stesso. Lo Stato è dovuto intervenire con massicce iniezioni di denaro pubblico, tra defiscalizzazioni e contributi diretti, per evitare il fallimento del cantiere, trasformando un’opera “privata” in un enorme esborso pubblico.
Il costo previsto è di 5 miliardi e ad oggi sono aperti 27 km su 67.
Autostrada Asti-Cuneo
È uno dei casi più emblematici di fallimento della finanza di progetto e di “cecità” verso i rilievi degli organi di controllo. L’opera era stata affidata a un privato che avrebbe dovuto completarla con i propri fondi. I lavori si sono bloccati per anni perché il piano finanziario non reggeva. Invece di revocare la concessione o fare una nuova gara, lo Stato ha autorizzato il cosiddetto cross-financing (prolungare una concessione autostradale diversa, la Torino-Milano, per pagare l’opera in Piemonte). L’Europa e l’Antitrust hanno sollevato forti dubbi sulla legittimità di questo scambio, ma il governo ha proceduto per sbloccare il cantiere “a ogni costo”.
Oggi l’autostrada è completa, tranne per gli ultimi 9 chilometri, la cui apertura è prevista a breve.
Terzo Valico dei Giovi (Genova-Milano)
Simile al caso dell’Alta Velocità, il Terzo Valico è un esempio di “opera blindata” dalle leggi speciali (Legge Obiettivo). L’opera è stata affidata senza gara a un unico grande consorzio e le varianti in corso d’opera hanno fatto lievitare i prezzi in modo esponenziale. Ogni volta che emergevano dubbi tecnici o economici, la risposta politica è stata che fermarsi costerebbe più che finire.
Oggi sono stati realizzati 86,5 chilometri di galleria sui 90 complessivi previsti dall’opera. La fine dei lavori per la prima canna è prevista entro il 2026, la fine dei lavori totali, quindi anche la seconda canna, entro il 2027. Il costo totale stimato è di 10,6 miliardi di euro.
Il paragone con il Ponte sullo Stretto
Oggi il progetto del Ponte sullo Stretto ricalca questa dinamica in tre atti: 1) L’opera viene presentata come sostenibile grazie ai privati (inizialmente si parlava del 60%); 2) La Corte dei Conti avverte che il rischio operativo resta totalmente a carico dello Stato; 3) Il governo potrebbe procedere “nonostante tutto”, poiché fermarsi ora significherebbe pagare penali miliardarie ai consorzi.

Al punto in cui si è arrivati, si proceda, come avvenuto negli altri casi riportati nell’articolo. Il Ponte sullo Stretto di Messina è die norme utilità sociale ed economica
per i Siciliani e gli Italiani, sbloccherà lo stato di indigenza industriale che attanaglia la Sicilia, oltre ad attirare ingenti investimenti sia nel settore produttivo, come in quello turistico.