I dubbi sull'utilità del tirocinio al Tribunale

I dubbi sull’utilità del tirocinio al Tribunale

Redazione

I dubbi sull’utilità del tirocinio al Tribunale

giovedì 03 Novembre 2022 - 18:35

Una riflessione sulla formazione delle nuove leve di magistrati

Riveviamo e pubblichiamo una riflessione sul tema, scritta dal lettore Antonio Mangraviti.

I problemi della giustizia e le nuove leve di magistrati

A cosa serve il tirocinio al Tribunale? La domanda potrebbe sembrare a prima vista retorica. Dovrebbe infatti essere evidente che lo stage di formazione della durata di diciotto mesi presso gli uffici giudiziari, a cui possono partecipare i laureati in giurisprudenza più meritevoli, serva ad assistere e coadiuvare i magistrati nei tribunali.

Le problematiche della giustizia necessitano di giovani motivati e preparati, considerato tra l’altro le difficoltà a reperire, tramite i concorsi, nuove leve di magistrati che possano colmare le storiche carenze d’organico. E che i magistrati apprezzino i tirocinanti che supportano il loro lavoro andando oltre il mero significato formativo del ruolo di questi ultimi, appare chiaro di fronte alla realtà di una mole di lavoro ed un arretrato che lede nei fatti l’esercizio di una giustizia efficiente ed efficace.

Per venire incontro a questa situazione il concorso magistratura 2022-2023 per 400 assunzioni amplia la platea dei partecipanti: adesso per partecipare al concorso basta la laurea in giurisprudenza e non sarà più necessario il diploma conseguito presso le scuole di specializzazione o appunto lo svolgimento del tirocinio professionale o l’abilitazione alla professione forense. Di fronte alle difficoltà a reclutare magistrati la scelta sembra essere stata quella di togliere valore alla formazione teorica e pratica, come se allargare la base dei candidati bastasse a risolvere la questione. Ma il tempo speso per la preparazione rappresenta o no un valore aggiunto?

Perché diminuire l’ammontare delle borse di studio?

Lasciamo questa domanda aperta e soffermiamoci su un ulteriore aspetto relativo all’ ultima assegnazione delle borse di studio per i tirocini formativi ex art. 73 decreto legge 69/2013, svolti nell’anno 2021 presso gli uffici giudiziari della giustizia ordinaria e amministrativa. L’ ammontare complessivo delle borse di studio è passato dai 10.659.913 stanziati nel 2020 agli 8.568.421 euro per il 2021. Di conseguenza, mentre nell’anno precedente quasi il 100% dei tirocinanti ha avuto riconosciuta la borsa di 400 euro mensili, quest’anno ha potuto beneficiarne meno del 70% dei richiedenti, mentre 1207 ne sono rimasti esclusi. Si trattava dunque di riconoscere non tanto l’impegno profuso che avrebbe avuto titolo a ben altra valorizzazione, ma quanto meno le spese che oggettivamente sostengono i tirocinanti a favore della pubblica amministrazione.

In maniera insolita e per certi versi incomprensibile si è deciso di diminuire l’ammontare complessivo delle borse che nel triennio precedente 2018-2019 si attestava ad una media di 10.700.000 euro. Il risparmio ottenuto di ca. 2.100.000 euro, oltre a disincentivare e demotivare i giovani che si avvicinano all’importante ruolo di responsabilità rappresentato dalla magistratura, non serve certamente ad aiutare il difficile stato in cui versa la nostra giustizia in cui anche i tirocinanti si sono ritagliati un ruolo essenziale.

Serve davvero la formazione?

Le scelte sono state chiare e non si tratta di contestare l’apertura “erga omnes” dei requisiti per accedere alla magistratura che potrebbe essere stata motivata da esigenze organizzative, quanto di valorizzare un ruolo che di fatto è stato svuotato di contenuto. Questo periodo, che per i giovani è un tempo fondamentale ed irripetibile, deve servire come trampolino di lancio per le loro aspirazioni in un contesto nel quale andrebbe rivendicata l’utilità sociale della formazione. Invece corre il rischio di essere un salto nel nulla, nel quale rimbombano, vuotamente, le belle parole strombazzate a favore dei giovani.

La domanda legittima che dunque si farà la nostra migliore leva sarà: “A cosa è servito il mio periodo di formazione?”. La risposta invece la lasciamo sottointesa, non esplicitata, in quanto merita non una risposta formale, ma un impegno concreto delle istituzioni sul futuro dei tirocinanti.

Antonio Mangraviti

Un commento

  1. pietro giorgianni 4 Novembre 2022 14:59

    riflessione sulla riflessione: ma i lettori e lo stesso autore della riflessione, ha idea di quanti magistrati escono fuori ruolo per assumere le più disparate funzioni sia nel territorio nazionale che all’estero? per non prlare di quelli che si danno alla politica. Quindi, essendo dei lavoratori stipendiati, e non una elite, dovrebbero prima di ogni cosa essere tenuti a svolgere i compiti per cui hanno vinto un concorso, e soprattutto anche in virtù del fatto che hanno stipendi oltremodo alti, senza avere il benchè minimo obbligo di presenza. alcuni lavorano da casa e poi vanno due o tre volte in udienza ogni mese.

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