Un reverendo anglicano, un giovane tornato a casa e un personaggio di fantasia al centro del libro di Marco Boncoddo: "Assurdo che tante di queste cose siano successe davvero"
MESSINA – Nei mesi in cui il Messina sta vivendo una della pagine più difficili della sua storia sono tanti i tifosi che guardano al passato, ricordando gli anni più belli del calcio a Messina, tra le tante promozioni tra C, B e A vissute in diversi decenni. Ma non tutti conoscono una storia che invece l’autore messinese Marco Boncoddo ha voluto raccontare in un libro dal titolo “Fairplay – I ‘ngrisi del Messina Football Club”. Si tratta di un romanzo che racconta cos’è successo a inizio ‘900, quando è stato fondato il Messina, con un’idea nata nel Regno Unito e di marca (anche) inglese.
Il progetto che ruota intorno al libro è “quasi tutto buddace”, ha raccontato a Tempostretto, scherzando sul termine, l’autore. Il riferimento è stato non soltanto a se stesso, professore e giornalista messinese, ma anche alla prefazione del cronista Sebastiano Caspanello, alla copertina dell’artista peloritana Serena De Grazia (che vive a Vicenza) e all’editor Nancy Antonazzo, presidente di Terremoti di Carta. La casa editrice, invece, è romana: è la Fuorilinea edizioni.
La sinossi
Ma di cosa parla “Fairplay”? La sinossi recita: “Dopo aver studiato per diversi anni all’Eton College, Alfredo Marangolo ritorna a Messina con un’idea fissa, quella di donare alla sua città una squadra di football, nuovo sport che sta dilagando nel Regno Unito. Rassicurato dalla vicinanza del fraterno amico Mario Caroè, il ragazzo riesce a coinvolgere gli uomini più influenti della nutrita comunità inglese di Messina. Armatori, ingegneri e altri professionisti aderiscono al suo progetto, nel quale confluiranno alcuni rappresentanti della nobiltà cittadina. E mentre Ignazio, suo vecchio compagno di college, si occupa di fondare il Palermo, Alfredo culla il grande sogno di inserirsi in società e vedere la sua creazione trionfare sui campi di calcio. L’arrivo sulla scena del reverendo anglicano Charles B. Huleatt, archeologo filantropo nonché scopritore della più antica fonte esistente del Vangelo di Matteo, permetterà al neonato Messina Football Club di diventare un club in stile inglese. Quando tutto sembra destinato a consacrarsi, con Alfredo promesso sposo di Emma Falkenburg e i campioni in bianco-blu a mietere successi, il destino deciderà di recidere i fili della storia. Il devastante terremoto del 1908 cancellerà l’antica Messina in una manciata di secondi, affogando qualsiasi sogno di grandezza nelle acque dello Stretto. A salvare la memoria sarà la discendenza dell’amico Mario, incatenata dal suo inesauribile romanticismo pienamente siciliano. A far da sfondo alla vicenda, la società messinese d’inizio secolo, vittima del suo anacronistico e decadente immobilismo”.
Boncoddo: “Eventi e personaggi quasi tutti reali”
E Boncoddo ha raccontato: “La quasi totalità del libro si basa su personaggi realmente esistiti ed eventi reali. È questa la cosa assurda: tutto quello che sembra incredibile all’interno della storia in realtà è successo davvero. Ad esempio il reverendo anglicano Charles B. Huleatt, personalità incredibile, ricordato per aver scoperto in qualità di archeologo un papiro del primo secolo dopo Cristo, la più antica fonte esistente del Vangelo di Matteo. È stato lui a prendere in mano tutto dal 1901 in poi, prima di morire con tutta la famiglia a causa del terremoto del 1908. E anche la storia iniziale è vera: Marangolo e Majo Pagano, di Messina e di Palermo, erano davvero insieme all’Eton college e sono tornati in Sicilia con la promessa di fondare una squadra nelle rispettive città”.
L’autore: “Caroè inventato e modellato su mio papà”
Il personaggio di fantasia è invece Mario Caroè: “Sì, l’ho modellato in parte su mio papà. Ma volevo anche un personaggio che potesse incarnare le peculiarità del messinese e che facesse un po’ da contraltare ad Alfredo Marangolo. Quest’ultimo, infatti, è propositivo, un visionario, una vera pila elettrica, tutte qualità per le quali non siamo propriamente conosciuti. Ecco, Mario Caroè è il classico amico che spesso ‘mummuria’, ma che è pronto a esaltarsi davanti alle novità, anche se con i suoi tempi”.
Com’è nata la ricerca sul Messina delle origini
Ma com’è nata la ricerca delle origini del Messina? Boncoddo ha spiegato: “Tutto nasce dalla passione, come sempre in questi casi. L’amore sconfinato per la mia squadra si è unito a quella che è diventata la mia professione, ovvero la Storia e le Lettere in generale, che adesso insegno. La voglia di scoprire le origini del mio Messina mi ha portato a indagare su tutto ciò che accadde 125 anni fa, regalandomi incredibili sorprese. Inoltre, da diversi anni, curo la rubrica Amarcord su messinanelpallone.it e sono sempre alla ricerca di nuove storie da raccontare”.
Boncoddo: “Solo la storia ci fa capire chi siamo”
La ricerca ha permesso all’autore di confrontarsi con la storia. E la memoria di Messina va ritrovata, non soltanto nel calcio ma anche per la città intera: “Personalmente credo che la conoscenza della storia sia l’unica cosa che ci permette di capire davvero chi siamo. Una comunità senza radici non può esistere, è solo un gruppo di persone che vive nello stesso posto, senza un’identità reale. Come dico sempre ai miei alunni: se sconosciamo da dove veniamo come potremmo mai capire dove vogliamo arrivare?. Ecco, ho scelto di raccontare questa storia per far capire ai miei concittadini quanto sia grande il lignaggio della nostra città. Solo partendo da questo, a mio avviso, è possibile recuperare quell’orgoglio che potrebbe permetterci di riappropriarci del ruolo che meritiamo. Inoltre, credo che personaggi come Marangolo, Sanderson, Peirce e Huleatt non dovrebbero rimanere nell’oblio nel quale sono scivolati. Non mi sembra rispettoso per tutto ciò che hanno fatto per la nostra città”.
L’autore: “Tracce della Messina dei tempi ancora visibili”
Infine, Boncoddo ha aggiunto: “Ricordare la storia è fondamentale. I tifosi inglesi, giusto per rimanere sull’argomento, sono orgogliosi della storia del loro club e anche se la loro squadra vive un momento di declino, vanno allo stadio perché si sentono eredi di quella tradizione. Perché noi dovremmo fare diversamente? Per quanto riguarda la conoscenza della città, invece, sono pochi i messinesi che conoscono quella Messina ormai scomparsa. Ma studiandone la storia è possibile ritrovare quelle poche tracce che, fortunatamente, sono ancora visibili nella Messina attuale”.
