I quesiti dell'8 e 9 giugno indicano una strada in termini di civiltà giuridica e diritti. In tempi di regressione e bassa partecipazione, aprono una porta verso il futuro
di Marco Olivieri
Per i referendum dell’8 e 9 giugno, la sfida più difficile è quella della partecipazione. Per essere valido l’esito, in relazione a ogni singola scheda, dovrà andare alle urne almeno il 50% più uno degli aventi diritto. Ma perché è importante partecipare ed esprimere le proprie preferenze? I cinque “sì” aprono una porta verso un futuro più civile ed equo, in termini di giustizia sociale e diritti, rispetto a un presente segnato da paure e bassa partecipazione democratica.
I cinque quesiti risultano in controtendenza rispetto a una politica che non riesce a invertire la rotta in termini di sicurezza del lavoro e lotta al precariato. Tocca comunque al Parlamento e al governo affrontare in maniera organica e complessa la materia. Ma i quattro quesiti, tre legati al Jobs Act di Renzi, indicano la direzione: più garanzie contro i licenziamenti illegittimi nelle imprese con più di 15 dipendenti e più tutele economiche per i lavoratori delle piccole imprese; il ripristino dell’obbligo di causali per il ricorso ai contratti a tempo determinato contro il precariato; una modifica alle norme che impediscono, in caso di infortunio negli appalti, di estendere la responsabilità all’impresa appaltante.
Quattro quesiti. Quattro indicazioni sul fronte della civiltà giuridica. E non meno importante è il quinto quesito: ridurre da 10 a 5 gli anni di residenza legale in Italia, richiesti per poter fare domanda di cittadinanza italiana. Cittadinanza che, una volta ottenuta, sarebbe trasmessa ai figli e alle figlie minorenni. Un modo per fare, finalmente, un passo significativo verso una società che non discrimini tra esseri umani di serie A e di serie B. Un piccolo cambiamento, in attesa d’interventi stutturali nel campo della migrazione, nel segno di una cittadinanza aperta all’integrazione e a un’idea di Europa dinamica e vitale. E non rappresentata da chi propaganda muri antistorici per il proprio tornaconto elettorale.
Così la Cgil: “Ogni anno muoiono 1000 persone sul lavoro. Rendiamolo più sicuro. Cancelliamo le leggi che hanno reso le lavoratrici e i lavoratori più poveri e precari. Rimuoviamo l’ingiustizia che nega il diritto alla cittadinanza a 2 milioni e 500mila persone che vivono e lavorano in Italia”.
I 5 quesiti referendari
Ma vediamo i quesiti uno per uno. La Corte Costituzionale ne ha ritenuto validi cinque, per i quali nel 2024 sono stati raccolti 5 milioni di firme.
- Stop ai licenziamenti illegittimi
Nelle imprese con più di 15 dipendenti, le lavoratrici e i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 in poi non possono rientrare nel loro posto di lavoro dopo un licenziamento illegittimo. Sono oltre 3 milioni e 500mila ad oggi e aumenteranno nei prossimi anni le lavoratrici e i lavoratori penalizzati da una legge che impedisce il reintegro anche nel caso in cui la/il giudice dichiari ingiusta e infondata l’interruzione del rapporto. Abroghiamo questa norma, diamo uno stop ai licenziamenti privi di giusta causa o giustificato motivo. - Più tutele per le lavoratrici e i lavoratori delle piccole imprese
Nelle imprese con meno di 16 dipendenti, in caso di licenziamento illegittimo oggi una lavoratrice o un lavoratore può al massimo ottenere 6 mensilità di risarcimento, anche qualora una/un giudice reputi infondata l’interruzione del rapporto. Questa è una condizione che tiene le/i dipendenti delle piccole imprese (circa 3 milioni e 700mila) in uno stato di forte soggezione rispetto alla/al titolare. Abroghiamo questo limite, aumentiamo l’indennizzo sulla base della capacità economica dell’azienda, dei carichi familiari e dell’età della lavoratrice e del lavoratore. - Riduzione del lavoro precario
In Italia circa 2 milioni e 300 mila persone hanno contratti di lavoro a tempo determinato. I rapporti a termine possono oggi essere instaurati fino a 12 mesi senza alcuna ragione oggettiva che giustifichi il lavoro temporaneo. Rendiamo il lavoro più stabile. Ripristiniamo l’obbligo di causali per il ricorso ai contratti a tempo determinato. - Più sicurezza sul lavoro
Arrivano fino a 500mila, in Italia, le denunce annuali di infortunio sul lavoro. Quasi 1000 i morti. Modifichiamo le norme attuali, che impediscono in caso di infortunio negli appalti di estendere la responsabilità all’impresa appaltante. Cambiamo le leggi che favoriscono il ricorso ad appaltatori privi di solidità finanziaria, spesso non in regola con le norme antinfortunistiche. Abrogare le norme in essere ed estendere la responsabilità dell’imprenditore committente significa garantire maggiore sicurezza sul lavoro. - Più integrazione con la cittadinanza italiana
Riduciamo da 10 a 5 gli anni di residenza legale in Italia richiesti per poter fare domanda di cittadinanza italiana, che una volta ottenuta sarebbe trasmessa ai figli e alle figlie minorenni. Questa modifica costituisce una conquista decisiva per circa 2 milioni e 500mila cittadine e cittadini di origine straniera che nel nostro Paese nascono, crescono, abitano, studiano e lavorano. Allineiamo l’Italia ai maggiori Paesi Europei, che hanno già compreso come promuovere diritti, tutele e opportunità garantisca ricchezza e crescita per l’intero Paese.

è solo un favore alla sinistra (impazzita) manteniamo tutto come ora
le norme da abolire sono state fatte nel 2015 con renzi (era nel pd all’epoca)
lasciamo la cittadinanza dopo 10 anni sarebbe 5 anni è come regalare a tutti gli irregolari la cittadinanza italiana