I venti nello Stretto, ecco quando si superano i 160 km/h

I venti nello Stretto, ecco quando si superano i 160 km/h

Daniele Ingemi

I venti nello Stretto, ecco quando si superano i 160 km/h

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lunedì 17 Aprile 2023 - 08:00

Tutti i record di massima raffica raggiunti sullo Stretto

Per la sua particolare conformazione orografica, simile ad una valle ad imbuto, la zona dello Stretto di Messina è uno dei luoghi più ventosi del Mediterraneo centrale, assieme alle Bocche di Bonifacio, Canale di Sicilia e al Canale d’Otranto. Fra tutti i venti caratteristici dello Stretto di Messina, lo scirocco è di sicuro quello più violento e tempestoso. Questo perché i venti meridionali, che dalla costa libica o dalla Tunisia salgono in direzione dello Ionio, una volta abbracciate le coste della Calabria orientale e della Sicilia ionica, tendono ad incanalarsi all’interno dello Stretto di Messina, rafforzandosi sensibilmente durante la risalita da Sud a Nord.

Una volta “canalizzato” dentro lo Stretto, il flusso sciroccale comincia ad accelerare arrivato all’altezza della parte centrale dello Stretto di Messina, fra la penisola di San Ranieri e il litorale di Gallico, lungo la sponda calabrese. Proprio qui si genera il cosiddetto “effetto Venturi” che con il graduale restringimento della sezione, man mano che ci avviciniamo all’imboccatura nord, causa una conseguente e netta intensificazione del flusso eolico che raggiunge i picchi di velocità proprio nell’estrema parte nord della strettoia, fra Capo Peloro e Cannitello.

Una delle tante sciroccate che spesso sferza l’area dello Stretto di Messina fra autunno e primavera.

Il punto dove lo scirocco raggiunge la massima forza

Proprio nell’imboccatura nord, tra Ganzirri e Torre Faro, non di rado, le fortissime raffiche che risalgono da Sud, per piegare più verso S-SO attorno Capo Peloro, possono raggiungere o superare abbondantemente la soglia dei 100-120 km/h, mentre lungo l’imboccatura sud e nella parte centrale non si superano neppure i 70-80 km/h. Da notare pure come nell’imboccatura nord, proprio a ridosso di Capo Peloro, i venti da S-SE e da Sud che risalgono l’area dello stretto, subito dopo aver impattato con la penisola di Ganzirri, tendano a ruotare più da S-SO e SO, venendo avvertiti con una maggiore componente di libeccio (da 200° 220°) dagli anemometri collocati sul Pilone.

In pochi sanno che lo Stretto di Messina è anche l’unico posto al mondo dove lo scirocco al suolo (il vento da SE), ruota in libeccio (da SO), con la creazione di furiosi “deflussi eolici” particolarmente violente sopra il livello del mare. Una caratteristica unica è che le massime velocità si raggiungono proprio in superficie, fra 0 e 100 metri di altezza. Man mano che si sale di quota l’intensità del flusso da Sud perde un po’ di forza. Questo è “l’effetto Venturi” che raggiunge le sue massime intensità proprio sopra il livello del mare, visto che proprio nei bassi strati si fa più stretta la strettoia fra Calabria e Sicilia.

Rappresentazione del cosiddetto effetto Venturi nello Stretto di Messina

I record di massima raffica

Basti pensare che il 24 Novembre del 1991, durante una delle sciroccate più violente degli ultimi decenni, gli anemometri installati sul Pilone di Torre Faro registrarono una max raffiche di circa 163 km/h (88 nodi), mentre l’anemometro più basso misurò un picco di oltre 142 km/h (77 nodi). Parliamo di raffiche la cui intensità è equivalente a quella di un uragano di 2^ categoria sulla scala Saffir-Simpson. Oltre allo scirocco e all’ostro sullo Stretto le burrasche possono essere apportate anche dagli intensi venti di ponente, maestrale, e in misura minore di tramontana, che spesso sono costretti a scavalcare velocemente i Peloritani settentrionali, incanalandosi lungo le principali vallate dove scorrono le fiumare, per gettarsi con forti raffiche di caduta (vento di pendio), molto turbolenti e irregolari, sia nella direzione che nella velocità. Spesso questo tipo di raffiche si presentano sotto forma di “strisciate” molto localizzate e il notevole effetto di compressione prodotto dalla componente discendente del vento può produrre anche dei danni ad infrastrutture e tetti di abitazioni allorquando si supera la soglia dei 90-100 km/h.

Il 31 Dicembre del 1979, durante una fortissima maestralata, gli anemometri del pilone hanno registrato una massima raffica di 152 km/h (circa 82 nodi). Notevoli pure i 148 km/h del 28 Dicembre del 1999, quando l’Italia e le aree tirreniche furono colpite dai resti della tremenda tempesta di vento atlantica che il 26 dello stesso mese aveva messo in ginocchio il nord della Francia e parte della Mitteleuropa, causando enormi danni e tanti disagi.

Un commento

  1. Grazie Tempostretto per la approfondita relazione sui venti dello stretto.
    Chi ha orecchie per intendere intenda.

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