Il cambiamento dovuto alla pandemia e la grandezza di un imprenditore capace di guardare lontano

Il cambiamento dovuto alla pandemia e la grandezza di un imprenditore capace di guardare lontano

Redazione

Il cambiamento dovuto alla pandemia e la grandezza di un imprenditore capace di guardare lontano

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mercoledì 29 Settembre 2021 - 08:47

Una concreta visione di società moderna che abbia come presupposto ed elemento fondante la centralità della persona

di Tonino Genovese (ex segretario Cisl)

“Il sorgere di un tempo nuovo è già iniziato dalle ombre di una notte dolorosa; questo tempo nuovo, stimati amici, io lo vedo come pieno di opportunità favolose, come portatore di linfa nuova, come creatore di idee, tutto intorno a una rinnovata voglia di vivere. So che ci sarà una nuova crescita economica, so che l’entusiasmo prenderà i nostri cuori. Ma alla fine saremo diversi; anche noi, come il tempo, saremo in qualche maniera nuovi. Qualcosa di trasformato ci farà vedere le cose e la vita in una dimensione diversa, bellissima, incantata

(Brunello Cucinelli)

Sono queste alcune delle parole tratte dalla missiva che l’imprenditore umbro Brunello Cucinelli rivolge ai propri dipendenti. Esse testimoniano la grandezza di un imprenditore che possiede una visione e una capacità di guardare lontano. Fondatore di un’impresa definita umanistica “fatta di sensibilità, di consapevolezza, di dignità serena” che mette al centro la persona“Che risponda nella forma più nobile a tutte le regole di etica che l’uomo ha definito nel corso dei secoli… una forma di capitalismo umanistico contemporaneo con forti radici antiche, dove il profitto si consegue senza danno o offesa per alcuno, e parte dello stesso si utilizzi per ogni iniziativa in grado di migliorare concretamente la condizione della vita umana: servizi, scuole, luoghi di culto e recupero dei beni culturali”

La modificazione repentina dovuta alla pandemia ha messo in luce una, già in atto, crisi economica con indici di depressione mai raggiunti nel corso degli ultimi vent’anni. Gli esperti ci dicono che crescono sia i poveri di “povertà relativa” sia i poveri di “povertà assoluta”; la disoccupazione ha raggiunto una cifra record, colpendo tutto l’arco dell’età lavorativa e in particolare il mondo giovanile, con gravi riflessi economici, psicologici e sociali. La povertà ha superato le caratteristiche tipiche del fenomeno transitorio e congiunturale per assumere i connotati di un’involuzione strutturale, che allarga progressivamente le disuguaglianze sociali, intacca i diritti fondamentali dei cittadini e chiama in causa le grandi scelte politiche e richiede la mobilitazione di tutte le forze culturali e sociali. Tuttavia il crollo non è solo economico poiché una forte decadenza pervade tutte le sfere della vita provocando crisi nelle relazioni quale un evidente analfabetismo emotivo (Galimberti 2007, Goleman 2011) che impedisce di comunicare. Molti studiosi, tra cui Fabio Folgheraiter (2012) indicano la crisi come un’opportunità senza precedenti dove è possibile rivalutare il proprio operato, cercare di correggere gli errori e proporre nuove strategie. La proposta a livello europeo è stata identificata con lo sviluppo e sostegno della Social Innovation (Murray et al 2010, Mouleart et al 2014) che sollecita, tanto le singole persone quanto le imprese sociali, a ripensarsi in maniera diversa mettendo al centro l’idea che le risorse si possono e si devono riutilizzare, dare nuova vita alle cose tramite idee, da piccole esperienze quotidiane le quali possono generare nuove forme di fare welfare in una concezione più etica e dignitosa (Murray et al 2010).

Da tempo si disquisisce sulla vulnerabilità del contesto e del sistema dei servizi di cui la crisi pandemica in modo precipuo ha messo a nudo limiti e contraddizioni.

Si tratta di una problematica complessa e di interesse macro che richiede l’attivazione di processi di ri-pensamento e ri-definizione degli approcci, delle politiche, delle organizzazioni, delle professionalità, degli strumenti e delle prassi operative sulla base di un nuovo paradigma. Il processo di cambiamento che si intende innescare si fonda sul modello di “welfare generativo”, secondo l’idea teorizzata dalla Fondazione “E. Zancan” che prevede di superare l’attuale modello di welfare, basato quasi esclusivamente su uno Stato che raccoglie e distribuisce risorse tramite il sistema fiscale e i trasferimenti monetari, con un welfare capace di rigenerare le risorse disponibili, responsabilizzando le persone che ricevono aiuto, al fine di aumentare il rendimento degli interventi delle politiche sociali a beneficio dell’intera collettività. Avviare la costruzione di un percorso capace di trasformarsi in una nuova alleanza territoriale tra attori diversi in grado di affrontare la vulnerabilità sociale in un’ottica diversa e rigenerativa ovvero il Welfare generativo un welfare in grado di rigenerare e far rendere le risorse disponibili, per aumentare il rendimento degli interventi delle politiche sociali, a beneficio dell’intera collettività. Operare in un’ottica di welfare generativo significa non accontentarsi di azioni appropriate e personalizzate ad personam, ma promuovere il concorso al risultato della persona stessa, che può aggiungere valore e beneficio e amplificare ulteriormente la portata dell’esito conseguito. “Non più solo bisogno di assistenza per pochi, ma la necessità di affermare i «bisogni umani» e di «riconoscimento, ma anche espressione di creatività, di convivialità e di socialità» (Haddock e Mouleart 2009) da parte di tutta la cittadinanza, per rafforzare un’identità comunitaria che aiuti le persone ad identificarsi con essa e a partecipare alla sua crescita. Modelli di sviluppo alternativi, dunque, che pongono al centro la diversificazione delle azioni verso i gruppi svantaggiati, non più considerati solo dal punto di vista di carenze economiche, ma che incoraggino le possibilità che loro stessi hanno per poter soddisfare le loro esigenze di base. Inoltre «diventa prioritario che ogni individuo ritrovi un ruolo di attore e non sia relegato al ruolo passivo di consumatore», (Haddock e Mouleart 2009) ciò che John Friedmann (1992 in Haddock e Mouleart 2009) denominò per primo come empowerment, ovvero la possibilità di autorealizzazione attraverso la partecipazione attiva alle scelte inerenti la sfera pubblica e il riconoscimento di essere portatori di diritti, doveri, bisogni e potenzialità.

Bisogna rivedere le basi dello “stare assieme” che porti alla responsabilizzazione verso i suoi appartenenti, in modo che il “prendersi cura” non venga delegato solo alle istituzioni, ma si trasformi in una presa di coscienza comune. La risposta è tutta riposta nella nostra capacità di concepire azioni e politiche di cooperazione ed inclusione sociale indirizzate a ravvivare tutte quelle qualità ed energie positive che ognuno di noi porta con sé, perseguendo una concreta visione di società moderna che abbia come presupposto ed elemento fondante la centralità della persona.

2 commenti

  1. Una riflessione strutturata e sostanziata da riferimenti puntuali, un pensiero che dovremmo tutti condividere.
    Nei fatti, in azioni concrete.

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  2. Purtroppo al sud siamo poveri di tutto (anche di persone),
    Cucinelli oltre ad essere un bravo imprenditore, ha valorizzato il territorio dove opera, utilizzato mano d’opera locale e in piu’ ci ha trasmesso il suo amore per l’arte ed il rispetto del creato.
    Avercene di imprenditori cosi………probabilmente sara’ il posto , ma non e’ il solo quel territorio e’ pieno di uomini e donne che hanno fatto la differenza《Luisa Spagnoli, Buitoni).
    Noi non possiamo vantarci

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