Il canto delle cialome

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Vittorio Tumeo

Il canto delle cialome

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domenica 27 Settembre 2020 - 08:43

La tonnara, un mondo a sé dimenticato

Erano ben tre le tonnare in funzione nel messinese: Tono, Oliveri e San Giorgio. Per secoli hanno rappresentato il perno dell’economia della costa tirrenica fornendo reddito a migliaia di famiglie. Negli anni ‘Sessanta però l’inesorabile declino: i “rais” locali intonarono per l’ultima volta le loro “cialome”, i peculiari canti propiziatori che accompagnavano il cruento rito della mattanza. Moriva una delle più antiche e caratteristiche forme del lavoro dell’uomo, introdotta quasi certamente dagli Arabi, e con essa moriva soprattutto una specifica identità culturale che nella pesca del tonno aveva il suo riferimento. Di quanto fosse importante tale attività lo si deduce da un proclama del 1500 che vietava l’arresto per qualsiasi motivo dei pescatori impegnati nella mattanza. Nuove tecnologie, concorrenza spietata, emigrazione di manodopera le cause del declino.

La mattanza ormai con il suo carattere artigianale poteva sopravvivere solamente come elemento del folclore locale e la tonnara come testimonianza etnoantropologica. Ma purtroppo le nuove forme di economia che si sono affacciate all’orizzonte, come il turismo, e la conseguente riconversione del territorio alle mutate esigenze hanno spazzato via i segni di quel passato che invece andava consegnato integro ai posteri. Molte tonnare di Sicilia sono diventate lussuosi residence, i magazzini di lavorazione raffinati ristoranti, le aree di rimessa delle barche ampi parcheggi. E così è successo che paliscarmi, ancore e reti abbandonati in prossimità delle spiegge sono diventati solo degli ingombranti oggetti di cui liberarsi al più presto, in barba anche ai vincoli apposti dalla Soprintendenza. Di quell’antico e suggestivo rito di vita marinara ci resta oggi soltanto la cialoma dell’ultimo rais: “A nomi di Gesù e Maria Santissima issa, issa e accarizza lu tunnu. E a lu patruni chi ci damu?” E in coro la ciurma arrabbiata rispondeva: “Sta testa di cazzu”.

Vittorio Tumeo

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