I destini di Messinambiente e MessinaServizi si intrecciano: cosa accadrà

Resta un mese per presentare il piano concordatario per evitare il fallimento di Messinambiente. Scadrà infatti il 3 luglio il termine ulteriormente concesso dal giudice Giuseppe Minutoli alla società di via Dogali, a quella data Messinambiente avrà avuto i 120 giorni previsti dalla procedura fallimentare, cioè il massimo del tempo previsto per depositare il piano con cui ci si impegnerà a saldare il debito milionario con l’Agenzia delle Entrate. Il tempo dunque corre, questi primi tre mesi sono stati intensi e non sono mancatie le frizioni tra pezzi di amministrazione Accorinti e vertici di Messinambiente. Dev’essere, infatti, il Comune a mettere sul piatto i soldi e dire come si intenderà coprire finanziariamente il piano piuttosto che mandare la società al fallimento. E adesso questa scelta rischia di legare indissolubilmente i destini di Messinambiente e della nascente MessinaServizi. La società fortemente voluta dall’amministrazione Accorinti per dare una gestione nuova al settore rifiuti, probabilmente la scelta politica più importante dei quattro anni di questa amministrazione, è stata costituita con l’avallo del consiglio comunale ma adesso sta trovando una strada tutta in salita per diventare effettivamente operativa. In queste settimane a Palazzo Zanca sta andando in scena la saga della MessinaServizi, con l’aula che non riesce a votare l’atto per le troppe assenze, i lavoratori in protesta, i dubbi sorti troppo tardi visto che comunque la società già esiste. Dubbi che adesso rischiano di moltiplicarsi. Perché la MessinaServizi potrebbe nascere con un fardello sulle spalle lasciato in eredità da Messinambiente. Il motivo? Ecco che qui torna in scena il concordato fallimentare e il salvataggio dal fallimento. In prima battuta, infatti, l’amministrazione Accorinti aveva deciso di procedere verso il concordato in liquidazione, mentre adesso sembra aver cambiato idea, dando indicazione ai legali che assistono Messinambiente, Marcello Parrinello e Paolo Vermiglio, di invertire la rotta procedendo verso un percorso di continuità. Per i legali doveva essere questa la strada da seguire fin dal principio. Ma, provando a capire cosa comporterà questa decisione, la sensazione è che da Messinambiente a MessinaServizi l’unica cosa che cambierà sarà il nome. Lasciando tra l’altro “in dono” alla nuova società un bel gruzzolo di debiti da smaltire senza che neanche sia davvero decollata.

Per gli avvocati, scegliere il concordato in continuità darebbe la possibilità di ridurre le percentuali da prevedere per il degrado al chirografo del debito. Con il percorso liquidatorio infatti deve essere di almeno il 20% del totale l’ammontare extra che si deve prevedere, mentre con la continuità non ci sono vincoli. Quindi, visto che il Comune non naviga in acque serene e visto che le disponibilità finanziarie sono ridotte, i legali spingono verso la continuità aziendale attraverso un trasferimento del ramo d’azienda da Messinambiente a MessinaServizi.

Una scelta giusta, per gli avvocati, anche sul versante della forza lavoro. Come avverrà il passaggio dei lavoratori? Nella relazione si spiega che il trasferimento della forza lavoro può avvenire agganciandolo al trasferimento del ramo d’azienda. Ipotesi considerata «del tutto agevole» nel caso di concordato in continuità. In questo caso scatterebbe subito la sottoscrizione di un verbale con i sindacati per condividere il passaggio dei lavoratori con le qualifiche attualmente riconosciute, ma a MessinaServizi toccherà accollarsi il TFR e altri debiti simili che in questo momento ha Messinambiente. Quindi la nuova società partirà con circa 6 milioni di debito sulle spalle. Con il concordato in continuità però si potrà procedere a fare delle transazioni con i lavoratori per chiudere i contenziosi pendenti, anche accettando eventuali riduzioni. Invece con il concordato liquidatorio l’unica soluzione sarebbe quella di licenziare tutti i lavoratori, farli transitare da Messinambiente alla SRR e poi da lì avviare un piano di assunzioni per MessinaServizi. Parrinello scrive nella relazione che «è chiaro che questa dinamica non offre spazi di manovra agli accordi e presenta un profilo di criticità tutt’altro che marginale». In pratica se venissero licenziati i lavoratori di Messinambiente per farli transitare alla nuova società, non si potrebbe garantire il salvataggio di tutti i posti di lavoro. Lo prevede la legge 9 del 2010 e Parrinello lo scrive chiaro: «Esiste il rischio concreto che si possa applicare solo ai lavoratori in pianta organica alla data del 31 dicembre 2009 e non a quelli sopravvenuti (anche se riconosciuto in forza di sentenza passata in giudicato)». A rischio in questo modo sarebbero 110 dipendenti. Un’ipotesi che l’amministrazione Accorinti ha già garantito di scongiurare in ogni modo e che adesso potrebbe davvero essere allontanata da questo concordato in continuità che invece garantirebbe tutti.

Si andrà dunque verso un concordato in continuità, si chiude così la relazione che definisce le linee guida da seguire: «Il concordato liquidatorio ci spingerebbe in una strettoia difficile da governare anche per il profilo della forza lavoro. Stiamo lavorando per predisporre un piano concordatario che preveda la continuità aziendale».

Probabilmente questa scelta farà storcere il muso a tanti, soprattutto a coloro i quali fin dal principio hanno nutrito dubbi su cosa sarebbe stata la MessinaServizi. Tra tutti forse il primo sarà Beniamino Ginatempo, amministratore unico della nuova società, che fin dal principio ha dichiarato che sarebbe impensabile far partire la MessinaServizi con dei debiti che arrivano dal passato. Insomma, il solito quadro complicato da gestire. Con scadenze alle porte e in un clima pesantissimo.

Francesca Stornante