Le donne e la legge 194. Cgil: "A Messina in pensione l'unico medico non obiettore"

Le donne e la legge 194. Cgil: “A Messina in pensione l’unico medico non obiettore”

Redazione

Le donne e la legge 194. Cgil: “A Messina in pensione l’unico medico non obiettore”

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lunedì 29 Gennaio 2024 - 10:00

Sindacati e associazioni: "Tanti i nodi critici sull'interruzione volontaria della gravidanza. Ci mobilitiamo per salute e sicurezza. Ecco le proposte"

MESSINA – “Tanti i nodi critici sull’interruzione volontaria della gravidanza. Ad esempio, ricordiamo che l’unico medico non obiettore sta andando in pensione. Il Policlinico ha reclutato dei medici non obiettori, d recente, ma solo a tempo determinato. Attualmente l’aborto farmacologico è accessibile a Messina e provincia solo al Policlinico Gaetano Martino, nonostante con una circolare del ministero della Salute del 2020 sia stato stabilito che l’aborto farmacologico, entro le 9 settimane, possa essere fatto presso tutte le strutture ambulatoriali e nei consultori pubblici”. Così la Cgil Messina ha presentato un documento di denuncia e richieste, simbolo dell’avvio di una serie di iniziative di “mobilitazione per difendere i diritti delle donne, il diritto alla salute e alla sicurezza delle donne e l’applicazione della legge 194 nell’area metropolitana”.

Il sindacato l’ha definita “una rete a sostegno della libera scelta e dei diritti”, lanciando una “battaglia per la prevenzione e per garantire il diritto alla propria libertà e autodeterminazione” con un documento che porta le firme di Cgil Messina, della Cgil Sicilia, delle associazioni Nudm, Cedav, Evaluna, Purple Square, Cirs ed è aperto alla condivisione a cittadini e movimenti.

A illustrarlo è stata la responsabile del coordinamento donne e segretaria confederale della Cgil Messina, Marcella Magistro, alla presenza del segretario generale della Cgil Messina Pietro Patti, della segretaria confederale Stefania Radici, della segretaria Cgil Sicilia Gabriella Messina, della responsabile del Dipartimento politiche di genere Elvira Morana, di Esmeralda Rizzi, dell’Ufficio politiche di genere della Cgil nazionale, e delle rappresentanti delle associazioni che hanno lanciato una rivendicazione rispetto alle criticità sull’interruzione volontaria di gravidanza.

Il documento condiviso

Il documento recita: “L’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) è considerata dalla legge italiana un servizio sanitario, volto alla salvaguardia della salute psichica e fisica della persona gestante che ha scelto, in ragione della propria libertà di autodeterminazione, di non portare avanti una gravidanza.
L’IVG, inoltre, è riconosciuta quale servizio sanitario rientrante nei cosiddetti Lea, livelli essenziali di assistenza, il che comporta che non sia derogabile e che debba essere garantita dalla sanità pubblica gratuitamente a tutte le persone sul territorio che ne facciano richiesta. Alla luce di quanto sopra espresso, quindi, appare impensabile che l’accesso all’interruzione di gravidanza sia ancor oggi ostacolato, reso di fatto un privilegio per coloro che possono permettersi di spostarsi dal luogo in cui vivono e pagare prestazioni sanitarie private. Eppure questo è ciò che avviene. L’aborto libero e sicuro, seppur formalmente garantito, continua ad essere fortemente osteggiato. Per questa ragione, dopo varie azioni (come petizioni, presidi ed esposti) singoli, sindacati, collettivi, coordinamenti donne e realtà associative impegnate nel sociale hanno deciso ancora una volta di unirsi per una denuncia comune di quanto accade nella nostra città. Messina conta tre strutture ospedaliere cittadine e sette strutture ospedaliere provinciali”.

Continua il documento: “Eppure il servizio di interruzione di gravidanza è garantito solo presso il Policlinico G. Martino, dove attualmente si trova l’unico ginecologo non obiettore di coscienza, il quale è tuttavia prossimo al pensionamento. Vero è che recentemente il Policlinico ha assunto medici non obiettori con contratto a tempo determinato, ma la precarietà del suddetto contratto non consente di assicurare pienamente il servizio. Riteniamo che non ci sia più tempo e che si debba intervenire in modo risolutivo e collettivo per non lasciare scoperto il nostro territorio di un servizio salvavita. Sul punto, si rammenta che ai sensi dell’art. 9 comma 4 della L. 194/1978: “Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso – quindi al netto del tasso di obiettori di coscienza – ad assicurare l’espletamento delle procedure previste dall’articolo 7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La regione ne controlla e garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale”.

“La legge dello Stato, dunque, dispone l’obbligo in capo alle regioni di garantire l’attuazione del servizio di IVG in ogni azienda ospedaliera indipendentemente dal numero di obiettori. Del resto, è noto come per sopperire alla mancanza di personale non obiettore di coscienza, alcuni ospedali abbiano provveduto a disporre bandi ad hoc volti a risolvere la situazione (ad esempio, l’Ospedale S. Camillo di Roma o l’Ospedale Umberto I di Roma). In verità, sappiamo bene che l’alto tasso di obiezione di coscienza (in Sicilia più dell’86%) spesso non riguarda motivi etici: è bensì legato a turni massacranti, ad eventuale ostruzionismo per gli avanzamenti di carriera o ad una pessima organizzazione del lavoro. Pretendiamo quindi un cambiamento strutturale all’interno dei centri ospedalieri per garantire il servizio, facendo anche riferimento alla condanna del Comitato Europeo dei Diritti Sociali dell’8 marzo 2014 in cui l’Italia è stata condannata per la discriminazione dei medici non obiettori. A tal proposito ci preme denunciare due realtà significative: la carenza di RU486 e quindi il limitato accesso all’IVG farmacologica; la presenza di centri antiabortisti all’interno degli ospedali”.

Attualmente l’aborto farmacologico è accessibile a Messina e provincia solo al Policlinico G. Martino, nonostante con circolare del ministero della Salute del 4/8/2020 sia stato stabilito che l’aborto farmacologico, entro le 9 settimane, possa essere fatto presso “tutte le strutture ambulatoriali e nei consultori pubblici”. Ancora, nella circolare è disposto che “al fine di favorire il ricorso all’interruzione di gravidanza con metodo farmacologico in regime di day hospital e ambulatoriale (…) si ritiene necessario provvedere all’aggiornamento delle linee di indirizzo”. L’IVG farmacologica pertanto dovrebbe essere favorita perché meno invasiva e più sicura (oltre che meno costosa per il SSN). Eppure continua ad esserne ostacolata la diffusione, contravvenendo anche a quanto disposto dall’art. 15 della L. 194/1978, ai sensi del quale: “Le regioni, d’intesa con le università e con gli enti ospedalieri, promuovono l’aggiornamento (…) sul decorso della gravidanza, sul parto e sull’uso delle tecniche più moderne, più rispettose dell’integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l’interruzione della gravidanza”.
Sul punto, si evidenzia inoltre che nelle nuove Linee guida di marzo 2022 l’Organizzazione mondiale della sanitù ha raccomandato l’Ivg farmacologica come metodo sicuro ed efficace, sottolineando che chi lo richiede possa, “con un sostegno adeguato, autogestire alcune o addirittura tutte le fasi dello stesso”. L’Oms punta sulla telemedicina e su un aborto sempre meno medicalizzato, permettendo alle persone di assumere autonomamente la RU486. In Italia il farmaco invece non è neanche fornito nei consultori, mentre in Francia, Regno Unito e Germania è possibile richiedere la spedizione di farmaci abortivi al proprio domicilio. È evidente come la questione sia prettamente politica poiché continuando ad ostacolare l’IVG farmacologica si va contro l’OMS, contro l’autonomia della persona e anche contro un oggettivo risparmio della sanità pubblica”.

In merito, inoltre, alla presenza di “Centri d’aiuto per la vita” negli ospedali, ricordano Cgil e associazioni che, ai sensi dell’articolo 5 della L. 194/1978, “il consultorio, la struttura sociosanitaria o il medico di fiducia hanno il compito di esaminare con la donna quando la richiesta di interruzione di gravidanza è motivata dall’incidenza delle condizioni economiche o sociali o familiari o di salute, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna, possibili soluzioni ai problemi proposti”.
Si legge nel documento: “La legge pertanto prevede che il colloquio informativo pre-Ivg sia svolto nei termini sopra indicati. Allo stato attuale il sistema sanitario pubblico non garantisce un processo abortivo privo di stress, ansia, colpevolizzazione, stigma e pregiudizio. Alla luce di quanto fin qui denunciato, riteniamo che sia importante fornire una mappatura della situazione, ossia avere una lettura mirata del servizio IVG e del funzionamento dei consultori presenti nel distretto (numero équipe multidisciplinare, ecc.), per la prevenzione e per garantire il diritto alla propria libertà e autodeterminazione”.

Le proposte

E ancora: “Altresì chiediamo con fermezza:

  • concorsi che permettano l’assunzione di medici non obiettori in un numero tale da garantire il servizio IVG;
  • piena attivazione dell’IVG farmacologica in ogni struttura ospedaliera e in ogni consultorio, con corsi di aggiornamento del personale, così come previsto dalla circolare del 4/8/2020 del Ministero della Salute;
  • promozione della telemedicina per consentire una graduale de-medicalizzazione dell’aborto farmacologico offrendo informazioni e supporto, secondo quanto disposto dalle linee guida della OMS del 2022;
  • campagne di de-criminalizzazione dell’aborto per rimuovere le barriere politiche che ostacolano l’aborto sicuro;
  • il divieto alle strutture sanitarie di far svolgere colloqui pre-IVG a persone non qualificate, il cui unico intento è dissuadere la persona dall’IVG, colpevolizzandola;
  • una ricognizione puntuale sulla presenza degli obiettori nelle realtà ospedaliere e nei consultori;
  • gratuità dei contraccettivi, come già previsto in alcune normative regionali;
  • informazione capillare e una reale accessibilità e gratuità degli strumenti alternativi alla
    pratica chirurgica;
  • sportelli specifici per persone LGBTQIA+, con particolare attenzione a persone transgender, che richiedono l’IVG;
  • l’introduzione di mediatori/mediatrici culturali per le persone migranti che richiedono l’IVG.

Un commento

  1. L’aborto è un diritto, i medici obiettori dovrebbero essere sospesi dalle loro mansioni e privati di stipendio, e poi vediamo se rimangono obiettori.

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