Guglielmo Pispisa: “Messina una città senza memoria”

Guglielmo Pispisa: “Messina una città senza memoria”

Domenico Colosi

Guglielmo Pispisa: “Messina una città senza memoria”

venerdì 03 Ottobre 2014 - 13:34

Da un paio di settimane è disponibile in libreria “Voi non siete qui” (Il Saggiatore), il nuovo romanzo dello scrittore messinese interamente ambientato nella città dello Stretto.

Questo romanzo non è un atto d’accusa contro la città di Messina, ma lo è soprattutto nei confronti di certi messinesi: quelli che hanno paura del cambiamento, quelli che non hanno memoria, gli ignavi. Negli Stati Uniti, lungo le tangenziali, è facile incontrare dei cartelli stradali che recitano: “Non lamentarti del traffico, Tu sei il traffico”. Walter Chiari, il protagonista del mio romanzo, è il classico messinese abile solo nel lamentarsi a vuoto di problemi che egli stesso ha contribuito a creare con la propria mediocrità”. “Voi non siete qui”, ultimo romanzo di Guglielmo Pispisa edito da Il Saggiatore e disponibile in libreria da un paio di settimane, è per certi versi il massimo compendio disponibile sul senso di provincialismo che attanaglia il cittadino messinese, un caustico bignami sui luoghi comuni con un campione di mediocrità come protagonista, un avvocato combattuto tra avventure extraconiugali e complotti internazionali: “Già dal nome Walter Chiari ho voluto dare delle indicazioni ben precise: non vi è una personalità tangibile neanche nel primo approccio, nelle presentazioni, ma ci imbattiamo solo nella brutta copia di uno già famoso. Un personaggio meschino, misogino, razzista, con il lavoro più inflazionato a Messina, una città con quasi tremila avvocati”.

“Voi non siete qui” è il tuo primo romanzo ambientato a Messina.

Avevo degli obblighi contrattuali con l’editore e ho deciso di narrare la realtà che conoscevo meglio anche per evitare di svolgere il lungo e consueto lavoro di documentazione che precede la stesura di ogni mio libro. Ho scelto dunque la mia città come ambientazione e faccio esercitare al protagonista la mia stessa professione.

Soprattutto nei primi capitoli emerge una componente autobiografica che si attenua lungo il corso del romanzo. Quali sono i punti di contatto tra autore e protagonista?

Non sono un appassionato dell’auto-fiction, nelle prime pagine ho inserito delle vicende che mi accomunano con il protagonista, in seguito è prevalsa la voglia di raccontare la realtà cittadina da un punto di vista diverso, quasi “privilegiato”: ho innestato una sorta di gioco nel degradare questo esempio di uomo comune in un meccanismo sempre più perverso. Per tanti personaggi ho preso spunto da persone reali, soprattutto per una certa fauna tipica dei tribunali.

Nel romanzo si parla anche di massoneria.

In “Voi non siete qui” descrivo la massoneria in modo macchiettistico, prendendo spunto da una famosa scena di “Un borghese piccolo piccolo”. Ho fatto delle ricerche e ho parlato con alcune persone che conoscono perfettamente questa realtà, ma non credo che un certo tipo di massoneria o di associazionismo sia l’unico problema esistente a Messina, come spesso viene narrato in molti ambienti: talvolta si tratta di un alibi notevolmente ingigantito per evitare di affrontare altre problematiche. Messina è soprattutto una città senza memoria, anche a causa del terremoto del 1908: la città è stata ripopolata da persone provenienti dalla provincia o dalla Calabria che hanno trasmesso tradizioni diverse e un senso di appartenenza estraneo alla città. È passato molto tempo, ma gli effetti sono ancora oggi tangibili.

Dal punto di vista letterario il romanzo è un chiaro omaggio a Philip K. Dick, ma si respirano anche echi di alcuni romanzi di Walter Siti. Quali sono state le tue influenze durante la fase di stesura?

Considero Dick un maestro nel suo campo, “Ubik” è un capolavoro assoluto che mi ha molto influenzato come scrittore. Dick è geniale soprattutto nelle intuizioni legate alla sua personale visione del mondo con un continuo e imprevedibile esercizio di confusione tra il piano della realtà e vicende verosimilmente reali. Walter Siti è uno scrittore che ammiro particolarmente, tanto da ritenerlo il migliore scrittore vivente in Italia. Ho letto le sue opere nella maturità, quando già avevo pubblicato i miei primi romanzi, quindi non posso dire di essere stato influenzato dalla sua prosa, ma lo considero comunque un punto di riferimento.

Ricollegandoci ai romanzi di Walter Siti, in “Voi non siete qui” sono presenti continui riferimenti alla contemporaneità: è una scelta stilistica ben precisa o vi sono esclusive ragioni di funzionalità all’interno della trama?

Volevo scrivere qualcosa di contemporaneo sfuggendo dal tipico senso dell’ordinario che spesso caratterizza opere eccessivamente legate alla propria epoca. Del resto è inutile nascondere o aggirare il problema nel vano tentativo di dare un tono “letterario” a quegli elementi quotidiani che ogni lettore conosce perfettamente. Quando scrivo penso innanzitutto alla storia che devo narrare, lo stile, a mio avviso, deve essere subordinato alla trama. A questo proposito ricordo sempre una celebre frase di Dashiell Hammett: “Uno scrittore che pensa a come deve scrivere una storia è uno scrittore fallito”. Legarmi alla contemporaneità, come ho fatto per questo romanzo, non fa parte della mia cifra stilistica in senso generale, non ho infatti posto l’accento su alcune situazioni in particolare come spesso avviene nei romanzi di un grandissimo scrittore come Bret Easton Ellis. Volevo sviluppare principalmente la trama e creare continui giochi di specchi tra i personaggi inserendoli in un contesto in cui fosse anche presente un certo tipo di critica sociale.

Domenico Colosi

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