L’inferno e la fanciulla. Toccante allegorico percorso nell’infernale al di qua di una di noi

L’inferno e la fanciulla. Toccante allegorico percorso nell’infernale al di qua di una di noi

Tosi Siragusa

L’inferno e la fanciulla. Toccante allegorico percorso nell’infernale al di qua di una di noi

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sabato 03 Luglio 2021 - 08:23

Piece in apparenza stralunata, come la monologante protagonista, una sorta di enorme fanciulla abbigliata con abito alla marinaretta, con gonna a palloncino e sandali “con gli occhi”, e accessoriata con una borsetta ricolma di materiale improbabile, ma funzionale ad affrontare questo suo viaggio terreno. Altra figura che aleggia è la Mente che decide di tradurre se stessa in forma di fanciulla, per poter riflettere sull’essere adulti nella nostra contemporaneità.

La creatura surreale, forse più che verso la dimensione di adulta, si muove a ritroso…. È una donna/bambina, che non è riuscita a raggiungere la condizione del sé adulto, permanendo in una eterna proiezione mentale del “come sarebbe se”, che non giunge mai a concretizzazione.

E così la rappresentazione davvero inusuale, straniante e perturbante apre uno sconvolgente spiraglio sulla porzione di infantilismo, che sovente connota le nostre reazioni agli accadimenti esistenziali, il “modus ” di interagire gli uni con gli altri, non certo da “grandi”.

Il focus è in realtà sulle logiche da bambino che albergano in esseri anagraficamente nell’età adulta e emergono, sembrerebbe senza ragione alcuna, di tanto in tanto (spesso, anzi).

La possibilità di evolvere, “in toto”, mano a mano che il tempo della vita procede inesorabile, sembra per lo più negata, e la crescita, che dovrebbe viversi quale punto di arrivo, è compromessa da stereotipati aspettative e clichè del vivere in società, dall’imperativo categorico del confermarsi a modelli standardizzati, per essere riconosciuti e accettati nella commedia dell’esistenza.

La metodologia emergente dall’opera, id est la creazione di una figura caratterizzata sul piano fisico e vocale per il modo di pensare, ne rivela la genesi di studio teatrale, ove protagonista è il prototipo di Fanciulla, quasi emblema dell’infanzia che si riconosce, più che in un’età anagrafica, in uno stato d’essere, che può reputarsi quasi comune alla generalità.

Poco a poco l’abbozzo e il progetto si sono trasformati in vera e propria performance, con una sapiente costruzione del personaggio, in grado di prendere lo spettatore per mano, facendolo partecipare e coinvolgendolo intensamente, potendo percepire che anche della sua vita si sta ragionando….

Il tutto attraverso una assoluta semplicità di linguaggio e immagini, sonorità linguistiche tipiche del parlato infantile, neologismi bambineschi, che attirano l’empatia del pubblico…. E se la voce è da fanciulla, i vocaboli utilizzati sono, invece, sovente, “da adulti”, generando una macchiettistica parodia del personaggio adulto.

Il tono di voce è sussurrato e ciò, in uno con le musiche di sottofondo, rende l’ambientazione onirica, consentendo a ogni fruitore di immergersi nei propri ricordi, mentre la bambina, simbolo universale e portatrice di riflessioni sulla nostra contemporaneità, fa il suo ingresso in società, attraversando l’infernale quotidianità del primo giorno di scuola, con i suoi complessi momenti sociali, le aspettative, le delusioni, la prima cotta, l’insofferenza nei confronti dell’autorità, la misantropia. Le tipologie di bambini che, secondo la narrazione, giocano in giardino, rappresentano immagini dell’evoluzione di probabili categorie nell’età adulta.

L’affascinante gioco di ombre sullo sfondo appare, ancora, proiezione olografica di ciò che sarà, tra immaginazione e prospettive, facendo interagire la bambina con le immagini della propria mente.

Il viaggio esistenziale, con (esplicito) rimando della mappa all’inferno della Commedia del Sommo Poeta, e non trascurando quelli mitologici di Enea e Odisseo, è percorso-metafora della vita, e nella piece, in particolare, il discorso è collocato all’interno di un non-luogo, con i genitori in condizioni di marginalità, che lasciano la prole alla mercè della società, mente, i figli-bambini analizzano l’evoluzione o involuzione del proprio futuro.

Ci si potrebbe interrogare anche sul senso della scelta della Fanciulla, femmina e bambina, immersa in una situazione di “non crescita” all’interno della riflessione sul presente e sul futuro.

Una complessa partitura del personaggio, in definitiva, ove accanto alla fanciullina, che utilizza una semplice forma di racconto della sua storia, si insinua “L’altra”, una figura che parla una lingua forte, ma poetica, per suggerire al pubblico la chiave di lettura allegorica dello script.

Il testo integrale dello spettacolo, di Mariano Dammacco e Serena Balivo, è racchiuso nel libro, pari titolo, pubblicato da “L’arboreto”, nella collana “Il giardino selvatico”, che si apre con “Chiamatemi Cenere, chiacchiere a uso del lettore”, per introdurre il fruitore all’incontro con un testo teatrale.

Lo spettacolo si inserisce altresì all’interno della “Trilogia della fine del mondo” – insieme a “Esilio” e “La buona educazione” – che indaga sugli aspetti quotidiani dell’esistenza quasi con visione apocalittica, per porre domande su un nuovo universo che dobbiamo affrontare, mentre un mondo che conoscevamo sta finendo in modo inesorabile.

Drammaturgia originale e intensa, questa, della Piccola Compagnia Dammacco di Modena, con la splendida vincitrice del Premio UBU 2017, la Balivo, anche nei panni attoriali dell’unica splendida presenza in scena, portatrice di pensieri sulla società contemporanea, personaggio a metà fra l’Alice nel paese delle Meraviglie e la Dorothy del Mago di Oz, romanzi che incarnano il concetto del viaggio fantastico di un’adulta che non riesce a dismettere la dimensione bambinesca nelle sue attitudini mentali e nel modo in cui viene percepita dagli altri. Incisiva, ma non pervasiva, la direzione di Dammacco, che appare “in toto” fiducioso – e giustamente – nelle capacità performative della Sua interprete, nella Sua fisicità e le doti mimiche da artista di strada; low cost l’allestimento, solo una pedana di legno, con su un martello (di legno) e un ombrello trasparente, come dovevasi.

La gestualità dell’artista è stata ancor più messa in risalto dalle musiche che hanno accompagnato la sua performance, particolarmente efficace la “Danza macabra” di Saint Saens, che ha reso appieno “l’inferno” della fanciulla.

Spettacolo affascinante e affabulatorio, questa seconda prova della Rassegna, “Segnali di vita nei cortili” nel decennale del “Cortile Teatro Festival”, andata in scena nella storica sede c/o il Cortile del settecentesco Palazzo Calapaj D’Alcontres, con il tutto esaurito e il condivisibile apprezzamento del pubblico entusiasta, che ha potuto altresì gustare le ormai famose prelibatezze culinarie per l’occasione approntate, come per ogni stagione teatrale, dal Ristorante “La Cucchiara” di Giuseppe Giamboi, che anche quest’anno ha messo a disposizione la propria location di grande atmosfera: il rito dell’aperitivo prima e delle portate (primo piatto e dolce) dopo (il tutto, con materie prime di evidente rilievo) lo spettacolo, è assai gradevole e consolidato.

Il sapiente Direttore Artistico del Cortile-Teatro Festival, Roberto Zorn Bonaventura, con il “Castello di Sancio Panza”, in uno con le riuscite collaborazioni di “Nutrimenti Terrestri” di Maurizio Puglisi, e il sostegno di “Latitudini” di Luigi Spedale, di “Caronte e Tourist”, e soprattutto del Comune di Messina, meritano di certo il nostro più forte plauso, per essere riusciti a mettere insieme una Rassegna di impatto artistico e spessore qualitativo davvero ragguardevoli.

Un commento

  1. Ecco un altra cosa che mi piace di Tempostretto…….la completezza della cultura di questo giornale che “abbraccia” anche il teatro…….mi è parso di assistere alla messa in scena di questo testo descritto così amabilmente da rendere me in prima fila ad assistervi😁……mi ha riportato agli unici tempi felici in cui il teatro era per me il ‘rifugio “migliore ai miei “tormenti” perché nel rappresentare i personaggi mi proiettavo nella loro vita mettendo la mia” anima “che mi portava a capire sempre il senso del testo nella stessa maniera di questa descrizione sapientemente espressa 👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏

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