La crudeltà sugli animali, l'abigeato, i pericoli per la salute e il business delle agromafie nella sentenza del Tribunale di Patti
PATTI – Sono 106 le pagine riempite dai giudici del Tribunale di Patti (presidente Ugo Scavuzzo, nella foto d’apertura) per spiegare il perché delle 7 condanne, le assoluzioni e le prescrizioni decise a luglio scorso alla fine del processo di primo grado sull’operazione Gamma Interferon. Si tratta dell’inchiesta condotta dal pool anti agromafie del Commissariato di Polizia di Sant’Agata che scoperchiò il traffico di animali da macello sui Nebrodi, i tanti casi di abigeato e l’organizzazione che gestiva il business tutt’altro che sicuro per chi acquistava le carni.
La sentenza
La maxi inchiesta si è divisa in diversi tronconi processuali, tanti sono usciti scagionati dalle accuse, in particolare molti veterinari e macellai. I “protagonisti” principali dell’inchiesta, quelli accusati di associazione, sono rimasti coinvolti nel procedimento principale, definito con sentenza del 19 luglio scorso. Le condanne: 2 anni e mezzo ad Agostino Ninone Tindaro Giacomo e Giovanni Girbino; 4 anni e 3 mesi a Borgia Biagio Salvatore, 3 anni a Calcò Antonino detto Brik, 3 anni e 3 mesi a Conti Mammamica Sebastiano, 4 anni e mezzo a Gioitta Nicolino; 3 anni a Musarra Salvatore, . Tutti hanno incassato assoluzioni parziali, tante le prescrizioni (per oltre 100 accuse). Tutti sono stati condannati anche a risarcire le parti civili: Asp di Messina, Parco dei Nebrodi, associazione Difesa Utenti Servizi Bancari e Finanziari, Codacons e associazione Tribunale dei Consumatori. Decisa anche l‘assoluzione del poliziotto Vincenzo Saporito, di Alberto Paterniti, Carmelo Galati Massaro e Fortunata Grasso, Vincenzo Maenza, Salvatore Artino Inferno. Non luogo a procedere per difetto di querela per Giancarlo Fontana, Carmelo Ferraro, Carmelo Gioitta, Marco Mistretta, Carmelo Galati Massaro e Salvatore Artino Inferno. Hanno difeso gli avvocati Antonio Di Francesco, Alessandro Pruiti, Carmelo Scillia, Giuseppe Danna, Marilena Bonfiglio, Nicoletta Calanni Macchio, Salvatore Giannone, Santino Trovato, Sebastiano Calcò.
L’inchiesta sulle agro mafie

L’indagine è partita nel 2014 dal pool di poliziotti anti-agromafie messo in piedi dal commissario di Sant’Agata Daniele Manganaro col prezioso aiuto dell’agente della Scientifica Tiziano Granata.
Il Commissario avviò le intercettazioni telefoniche dopo la denuncia dei movimenti anti racket sul fenomeno che sta dietro ai tanti furti, in quegli anni denunciati, di capi di bestiame sui Nebrodi. Quel che gli agenti scoprirono, cristallizzato nelle sette condanne decise dal Tribunale di Patti, non era affatto rassicurante: gli animali venivano rubati, venduti, macellati clandestinamente e immessi in commercio senza alcuna tracciabilità. Non sicure e a rischio infezione le modalità di macellazione, oltre che di conservazione, così come il trattamento degli stessi animali. Emblematico il caso delle analisi svolte a campione su una quantità di capi sequestrati trovate tracce di un antiparassitario vietato nel caso in cui gli animali sono destinati al consumo umano e alla vendita del latte in particolare, perché potenzialmente dannoso dell’essere umano. “Su tutti rimbambinuti”, dice un allevatore al telefono a proposito dell’uso di una sostanza. “Eh, i mmazzasti” gli risponde l’interlocutore. Sostanze pericolose, scriveranno appunto gli agenti.
Ecco il perché delle condanne
A mettere gli agenti sulle tracce di questi episodi sono state appunto le intercettazioni telefoniche. Conversazioni che provano, scrive il Tribunale di Patti nelle motivazioni della sentenza depositate in questi giorni, le accuse alla base del processo. Il tenore delle conversazioni intercettate, il racconto, confermato in aula al processo, del commissario Manganaro e le deposizioni dei veterinari chiamati per i controllo, i verbali dei sequestri effettuati sul territorio. Tutto questo, scrive il Tribunale, cristallizza quel che è rimasto in piedi dell’impianto accusatorio, dopo la “scrematura” effettuata negli altri processi e al netto delle assoluzioni decise anche in questo dibattimento. Una indagine come poche ne sono state condotte, in tema di agromafie, quella battezzata Gamma Interferon, di là di quanto poi “ha retto” nei vari gradi di giudizio. E destinata a far precedente anche la sentenza della Corte presieduta dal dottore Scavuzzo, che si sofferma sulla giurisprudenza di molti reati legati ai temi della sicurezza dell’agro alimentare, della crudeltà sugli animali, dell’associazione finalizzata ai reati di ecomafie.
L’agnello incaprettato vivo tra i cadaveri
Come i verbali risalenti al 21 dicembre 2014. Siamo alla vigilia di Natale e l’usanza di donare “capretti” per la cena delle Feste è ancora tristemente in voga. Ecco quindi che gli agenti fermano una jeep. Dentro ci sono i resti di 25 capretti, “scannati” e trasportati a pezzi nel bagagliaio, senza grosse precauzioni igienico sanitarie. Addossato sui cadaveri degli animali, un agnellino con le zampe legate, buttato in mezzo ai resti delle capre, sotto choc.