Manifesti rimossi a Reggio, avanzato ricorso al Tar

Manifesti rimossi a Reggio, avanzato ricorso al Tar

Redazione

Manifesti rimossi a Reggio, avanzato ricorso al Tar

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mercoledì 19 Maggio 2021 - 10:50

Alla fine, sarà il Tar a decidere se la rimozione dei controversi manifesti antiabortisti dell’associazione Pro Vita e Famiglia a Reggio Calabria da parte dell’amministrazione Falcomatà ha incarnato oppure no un atto di censura.
Lo fa sapere la stessa associazione, in una nota diramata alla stampa.
Sui manifesti “della discordia” campeggiava una scritta che recitava così:
Il corpo di mio figlio non è il mio corpo, sopprimerlo non è la mia scelta #StopAborto.

La mail dell’assessore

«Dopo aver analizzato gli atti forniti, in particolare si veniva a conoscenza di una email inviata alla Hermes dall’assessore comunale alle Politiche Giovanili, Sport, Pari Opportunità e Politiche di genere Giuseppina Palmenta – dicono dall’associazione -, con la quale si chiedeva «di procedere all’oscuramento» dei manifesti «perché in contrasto con quanto contenuto nel regolamento comunale per l’applicazione dell’imposta sulla pubblicità e del servizio pubbliche affissioni:È vietata ogni forma di esposizione pubblicitaria di immagini o messaggi che incitino alla violenza, all’odio razziale, alla discriminazione, al gioco d’azzardo in denaro e inoltre alla commercializzazione dei prodotti di tabacco’».

«Grave violazione»

«Quanto emerso dagli atti, insieme all’effettivo oscuramente dei manifesti, oltre ad essere stati pregiudizievoli sotto il profilo economico, rappresentano una grave violazione dei diritti di espressione della nostra associazione – affermano gli animatori di Pro Vita e Famiglia -, pertanto siamo stati costretti a ricorrere alla Giustizia riparatrice. In forza di una semplice email ordinaria di un’assessore alla società che gestisce un pubblico servizio, e dunque non di un provvedimento né di organi amministrativo né di indirizzo politico, né del Sindaco, né della Giunta, né del Consiglio Comunale, ma di una email di un’assessore, Hermes ha oscurato i manifesti la cui affissione era stata legittimamente richiesta e pagata e che, allorquando davvero si volesse scrutinare la fondatezza nel merito di una email, non violano alcuna norma regolamentare. Il messaggio veicolato dal nostro manifesto appare perfettamente coerente non solo con idealità culturali del tutto lecite e legittime, ma – si legge ancòra nella reprimenda dell’associazione – è addirittura coerente sia con il citato regolamento comunale che con norme positive dello Stato italiano poste a diretta tutela della maternità e della vita nascente fin dal suo inizio».
Di qui, la richiesta di «risarcimento di ogni danno patito nella misura che sarà dimostrata in corso di causa, ivi compresa la restituzione delle somme versate».

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