Messina on the beach: i solitari

Messina on the beach: i solitari

Giusy Pitrone

Messina on the beach: i solitari

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venerdì 12 Luglio 2019 - 08:00

Godersi la spiaggia in solitudine è una di quelle esperienze che ricordo con più sincera commozione del periodo pre-maternità. So che altre madri come me aspettano la terza età per tornare a rilassarsi senza scattare in piedi ogni due minuti per controllare, spalmare, lanciare palette e assistere alle performance dei figli.

I solitari fruitori del mare non sono pochi e hanno caratteristiche diverse tra loro: le donne, innanzitutto. Una donna che va al mare da sola cerca sì il sole, ma soprattutto brama la serenità e il silenzio. A seconda dell’età, è armata di libro o rivista, che probabilmente userà per scacciare le vespe o fingerà di leggere appassionatamente quando qualcuno vorrà intavolare una conversazione. Non vogliono distrazioni, per lo più desiderano pensare in pace, ai loro guai o a cosa preparare per cena. Non cercano neanche la tintarella ad ogni costo, oggi siamo molto più consapevoli, sappiamo che l’abbronzatura selvaggia ci fa somigliare a Donatella Versace caduta in disgrazia e che a settembre, scolorendo, ci potrebbe apparire la cartina del continente africano sulla faccia. Le signore solitarie sono gentili e molto tolleranti con i vicini di ombrellone. Se i tuoi figli dovessero crivellarle con la pistola ad acqua o lanciarle un sasso di un kilo e mezzo sulla fronte, non ti denunceranno e manterranno un sorriso benevolo dinnanzi alle tue scuse, prima di andare a farsi ricucire al pronto soccorso.

Veniamo agli uomini che si dividono in due sottocategorie. Lo sconcicatore e l’amante della tintarella. Il primo esiste da che esiste il mondo. Va al mare da solo perché non ha trovato nessuno che gli faccia compagnia e decide di trovarla in loco. Stende la tovaglia ma ci resta seduto per pochissimo tempo, perché si annoia. Si siede, passeggia, si guarda attorno per adocchiare le prede con la colonna sonora de Lo Squalo in sottofondo. Se le trova giovani, sole e con una quantità di cellulite accettabile, ha fatto bingo. Quando la signorina decide di fare il bagno o anche solo avvicinarsi alla battigia, quella è la sua occasione: si lancia con argomenti infallibili. Stai attenta, ci sono le meduse. Ebbene, da vent’anni le meduse flagellano i nostri mari, è una paura entrata nel nostro DNA, come quella del terremoto. A volte ci viene il timore anche quando entriamo nella nostra vasca da bagno, vuoi che la fanciulla non lo sappia? Cos’è, una suicida? Una che era in coma dal ‘92 e si è risvegliata ora? È chiaro che è un tentativo di fare conversazione, anche perché a questo cortese interesse per la pelle della malcapitata, segue un vero e proprio report sulla presenza degli animaletti marini: ieri, sai quante ce n’erano? P I E N O. L’altro giorno niente, neanche una. Ora, caro simpatico sconcicatore, cosa ti aspetti? Che la signora ti inviti sulla sua tovaglia per approfondire l’argomento? Che ti chieda di mostrarle dei grafici sull’andamento dei banchi di meduse nello Ionio? Neanche miiii, si muore di caldo funziona. Un’estate in cui non faccia caldo esiste in Islanda, non in Sicilia, quindi non riuscirai a creare un’intesa né con questi né con altri argomenti. Rassegnati.

L’amante della tintarella è il mio preferito. È una categoria nuova, degli ultimi anni. Tempo fa gli uomini vivevano l’abbronzatura non come uno scopo, ma una conseguenza del mare e dell’estate. Le compagne o le madri dovevano inseguirli per metter loro la crema protettiva, ché da uomini veri non tolleravano di essere unti e bisunti. Adesso l’uomo cerca la tintarella più della donna. Arrivano in spiaggia, stendono la tovaglia in perfetta posizione rispetto all’incidenza dei raggi solari e la riposizionano via via che il sole si sposta. Compiranno alla fine un movimento completo di rotazione attorno al proprio asse. Fissano l’asciugamano con delle pietre per evitare che si formi anche la minima piega e, non si capisce quale superpotere abbiano, nessun granello di sabbia riesce a collocarsi su essa. Si ungono come un pitone di Portella, organizzano un poggiatesta, spesso mettono gli auricolari alle orecchie e si stendono. Stop, fine. Non resta che mettergli uno specchietto davanti la bocca per assicurarsi che respirino ancora. Ma hanno un timer interno che li risveglia quando è ora di spostare la tovaglia o girarsi per colorare bene anche il lato b, che l’abbronzatura deve essere perfettamente uniforme. I più attenti si mettono anche di fianco, come quando devi arrostire lo spiedino di braciole lo tiri su per cuocerle nei bordi. Non si muovono neanche se c’è un’onda anomala, una tempesta di vento, una pioggia di meteoriti, se la gente inizia a fuggire gridando aiuto, niente si può frapporre fra loro e la camicia di lino bianca che con l’abbronzatura sta una meraviglia. A meno che tuo figlio non faccia malauguratamente precipitare un singolo granello di sabbia sulla loro tovaglia. A quel punto si mettono su e ti guardano con tutto l’odio di cui sono capaci. Inutile chiedere scusa, non rispondono. I movimenti labiali potrebbero inficiare il colorito del viso.

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