Quando i dottori diventano “angeli”… Terapia Intensiva del Policlinico, polo di “buona sanità”

Parlare di "buona sanità", a Messina, suona quasi fuori luogo. E non saranno di certo pochi quelli che, scorrendo queste prime righe, inizieranno a storcere il naso. In effetti, basterebbe solo ripercorrere gli innumerevoli casi che quotidianamente trattiamo, dai medici assenteisti alle morti sospette sotto i ferri, dai ritardi nei soccorsi al degrado manifesto in certi reparti e corridoi, per domandarsi: "Buona sanità, ma dove?".

Eppure, qui lo scrivo e non lo nego, le eccellenze mediche, professionali e umane esistono anche in questa città. Hanno nomi, cognomi e volti che spesso faticano ad arrivare sulle pagine di cronaca locale, sia solo perché le facce "sbattute in prima" sono sempre quelle di arrestati, indagati, politici e "vips". Sarà in controtendenza alle regole base del giornalismo, dunque, che oggi scriverò dell'equipe di "angeli" che vive al Sesto Piano del Padiglione H del Policlinico Universitario di Messina: la Terapia Intensiva del Reparto di Chirurgia Vascolare.

Coordinati dal dottore Alberto Noto, gli otto anestesisti-rianimatori della TI dell'Ospedale Gaetano Martino hanno il compito di prendere in carico i pazienti politraumatizzati, operati d'urgenza, le cui condizioni di vita sono "altamente gravi". Non a caso la Rianimazione viene spesso accostata all'idea dell'anticamera della morte. Ed è proprio a questi dottori che familiari e parenti affidano, letteralmente, i propri cari e le proprie speranze. Il Reparto, diretto dal dottor Antonio David, è costituito da due stanze, due letti a testa, con a disposizione tutti i macchinari necessari per le "cure intensive" del caso: respiratori automatici, monitor multiparametrici, defibrillatori manuali, pompe infusionali ed impianti d'aspirazione. Nella Terapia Intensiva non esiste né giorno né notte. I quattro pazienti sono assistiti, 24 ore su 24, da infermieri specializzati e dalle grandi doti umane, ed è sempre presente un anestesista-rianimatore affiancato dai giovani medici specializzandi.

La TI è forse il luogo dove avvengono più miracoli in assoluto anche se, come l'equipe del dottor Noto ama ribadire, "noi facciamo solo il nostro lavoro". Eppure, in quel che fanno, c'è molto di più del semplice svolgere un impiego. C'è una vocazione intrinseca che va oltre il mero giuramento di Ippocrate, c'è una "delicatezza" umana verso pazienti e parenti che oltrepassa il basilare rapporto medico-assistiti. Tutti i lavoratori lavorano, ma non sempre lo fanno con amore, dedizione, passione. Soprattutto in un campo tanto delicato come quello medico.

Noi comuni mortali, dai dottori, pretendiamo ed esigiamo il massimo rispetto per la vita perché quando andiamo a farci curare, operare, assistere, noi affidiamo loro la nostra stessa esistenza. Ci fidiamo, anzi dobbiamo farlo. E va da sé che leggere/scrivere di mala sanità, di pazienti lasciati ad aspettare ore ed ore nei corridoi, di zecche nei Pronto Soccorso, di infermieri che uccidono gli assistiti, di dottori che invece di stare su un'ambulanza si fanno "scarabocchiare" la firma da un collega e se ne vanno, fa maturare la convinzione che le nostre fiducie sono completamente mal riposte.

E così come abbiamo il sacrosanto diritto di alterarci ed inveire quando cose del genere accadono, abbiamo il sacrosanto dovere di conoscere ed applaudire quelle "luci" che invece primeggiano. Come già scritto, queste luci hanno nomi, cognomi e volti che oggi meritano la mia pagina di "buona" cronaca: dott. Alberto Noto, dott. Placido Calì, dott. Raffaele De Luca, dott. Giovanni De Salvo, dott. Roberto Messina, dott. Massimiliano Giardina, dott.ssa Teresa David, dott.ssa Chiara Trecroci. A questi va aggiunto, cum lode, il dottor Filippo Benedetto, Medico Chirurgo del Reparto di Chirurgia Vascolare. Perché? Semplicemente perché i primi miracoli che accadono nella Sala Operatoria della Terapia Intensiva del Padiglione H portano in calce la sua firma. (Veronica Crocitti)