Un dossier individua Milazzo tra i siti più inquinati d'Italia. L'Adasc: "Intervenga l'UE"

Un dossier individua Milazzo tra i siti più inquinati d’Italia. L’Adasc: “Intervenga l’UE”

Eleonora Corace

Un dossier individua Milazzo tra i siti più inquinati d’Italia. L’Adasc: “Intervenga l’UE”

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lunedì 02 Settembre 2013 - 21:23

Uno studio reso noto dal Ministero della Salute individua i 44 siti più inquinati d'Italia, dalle Alpi al Mediterraneo. Le cittadine tirreniche di Milazzo, Pace del Mela e San Filippo del Mela vincono il triste primato per la Regione Sicilia. Il Presidente Adasc: "Invierò questo rapporto alla Commissione Europea sull'Ambiente. Ci appelliamo a Bruxelle".

Dalla Valle d’Aosta alla Sicilia. Un dossier del Ministero della Salute individua i 44 siti più inquinati d’Italia. A vincere il triste primato, nella nostra isola, la città di Milazzo, seguita da Biancavilla , provincia di Catania, Priolo, vicino a Siracusa e Gela, provincia di Caltanissetta. Dal desolante scenario affrescato dalla ricerca emerge un rischio di contrarre malattie respiratorie e degenerative – principalmente tumori – per milioni di italiani. Le cause sono spiegate luogo per luogo a seconda del diverso tipo di inquinamento riscontrato. Per i Comuni di Milazzo, Pace del Mela e San Filippo del Mela, in Provincia di Messina, l’analisi è la seguente: “Il Decreto di perimetrazione del SIN elenca la presenza delle seguenti tipologie di impianti: per la produzione di apparecchiature elettriche, una raffineria, un impianto siderurgico e una centrale elettrica. Risulta, fra gli uomini, un eccesso per le malattie dell’apparato genitourinario e un difetto per le patologie dell’apparato respiratorio. Tra le donne si osserva un difetto per tutte le cause, per le malattie dell’apparato digerente e del sistema circolatorio”. A dir poco preoccupanti i dati che riguardano la mortalità infantile: “Per le fasce di età comprese tra 0-1 e 0-14 anni , risulta in eccesso la mortalità nel primo anno di vita per alcune condizioni morbose di origine perinatale”. Non va meglio sul fronte lavorativo: “Un recente studio occupazionale sugli ex lavoratori di una industria di manufatti in cemento-amianto nel Comune di San Filippo del Mela ha analizzato la mortalità per cause correlate all’incidenza del mesotelioma. Pur con dei limiti, dovuti principalmente alla mancanza di dati ulteriori, l’indagine ha evidenziato un eccesso dell’incidenza di mesotelioma ed eccessi di mortalità per tumore maligno della pleura, del polmone e per pneumoconiosi». Un vero e proprio bollettino di guerra, dunque, o decalogo degli orrori.

Per quanto riguarda le zone menzionate nel dossier del resto della Sicilia, in provincia di Catania, a Biancavilla, a causa della presenza di una cava di materiale lapideo contaminato da fluoro-edenite – fibra cosiddetta asbestiforme, dunque cancerogena – è stato registrato un aumento di malattie dell’apparato cardiovascolare e dell’apparato respiratorio sia per quanto riguarda la popolazione maschile che quella femminile. Nei pressi di Siracusa, invece, viene menzionato come sito particolarmente inquinato la città di Priolo, a causa della presenza sul territorio d’impianti chimici, un polo petrolchimico, una raffineria, un’area portuale, amianto e discariche. “Si sono osservati eccessi della mortalità generale per tutte le cause e per tutti i tumori tra gli uomini, per malattie dell’apparato digerente tra le donne. Sono in eccesso negli uomini i tumori del polmone e della pleura, causa, quest’ultima, in eccesso anche nelle donne”. A Gela, infine, in provincia di Caltanissetta, rilevata la presenza di impianti chimici, petrolchimici, raffineria e discarica di rifiuti, viene segnalato “un eccesso di tumori polmonari sia tra gli uomini sia tra le donne; in crescita tra gli uomini sono anche il tumore dello stomaco e l’asma; tra le donne il tumore del colon-retto e l’asma”.

Niente di nuovo sotto il sole per Peppe Maimone, presidente dell’associazione Adasc – associazione della difesa per l’ambiente e per la salute dei cittadini- che da anni si batte per la tutela dell’ambiente e il diritto alla salute nella cittadina tirrenica. “Ci stiamo rivolgendo, ormai, alla Corte Europea per avere giustizia – annuncia Maimone – inoltrerò in questi giorni questo studio del Ministero della Salute alla Commissione Europea dell’Ambiente”. I cittadini di Milazzo – che segnalano il persistere di odori molesti nell’area nelle ultime due settimane – sperano, dunque, in un intervento comunitario dal momento che le istituzioni locali sembrano restare sorde ai continui appelli delle associazioni ambientaliste e al susseguirsi di ricerche e studi che rilevano dati oltremodo preoccupanti. “Ribadiamo che tutti gli studi scientifici indicano un incremento di patologie sul nostro territorio – spiega il presidente Adasc – Patologie legate a problematiche ambientali. I sindaci e le istituzioni ancora dormono, vediamo se almeno Strasburgo e Bruxelle ci ascolteranno. Il Ministero ha riconosciuto più volte che avevamo ragione, ma poi non ha fatto nulla. L’unica nostra soddisfazione è arrivata dal Comitato Tecnico Regionale, i cui esperti, nel corso di un sopralluogo, hanno rilevato che le norme di sicurezza di alcuni impianti della Raffineria non sono adeguate, come da noi precedentemente denunciato”.

Secondo un rapporto del Ctr – Comitato Tecnico Regionale per la sicurezza -, infatti, dopo un sopralluogo era emerso che la struttura industriale presentava delle criticità in caso di un sisma, di alluvioni e non aveva adeguati standard per la salvaguardia del sottosuolo e per i servizi antincendio. Nel verbale successivo – redatto mesi dopo nel corso di un ulteriore sopralluogo ed inviato al Ministero dell’Ambiente oltre che alla Regione Sicilia – si evidenziava che le richieste fatte da parte del Ctr alla Raffineria non erano state soddisfatte. Tutto questo nel dicembre del 2012. Il Ctr dichiarò allora il suo “no” ad eventuali ampliamenti degli impianti produttivi della Raffineria, mentre il presidente della commissione ambiente di Milazzo, Giuseppe Marano invitava il sindaco a dichiarare l’intera zona ad “alto rischio di crisi ambientale”. Anno nuovo, problemi vecchi. Ora gli ambientalisti del Tirreno aspettano risposte da Bruxelle. (Eleonora Corace)

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