Protagonisti del documentario-denuncia del regista Marco Dentici tre attori messinesi: Maria Grazia Cucinotta, Nino Frassica e Ninni Bruschetta
Sono trascorsi quasi due anni dalla tragedia che sconvolse Giampilieri e che distrusse la vita di 37 persone eppure per molti italiani il ricordo si è perso nel nulla.
Sensazione che non appartiene al neo regista Marco Dentici che lunedì scorso, nella sezione Controcampo Italiano della 68^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, ha proposto il suo lungometraggio “Caldo grigio, caldo nero”, un documentario-film prodotto da Diva Produzioni ed Entr’acte e che si sviluppa attorno alla tragedia del villaggio messinese sconvolto da un nubifragio assassino.
La trama racconta di quella maledetta sera, dei fiumi di fango e della disperazione e dei giorni successivi all’alluvione, momenti caratterizzati da solidarietà effimera e dolore spettacolarizzato dai mezzi di comunicazione, soccorsi affannosi e promesse spesso vane, funerali di Stato e polemiche sterili, ma nello scorrere dei mesi si perde il ricordo di quelle ore fino ad arrivare al marzo 2011, mese in cui il governo nazionale blocca i fondi Fas destinati alla Sicilia.
Il film ha il suo triste epilogo in un servizio giornalistico che, a distanza di due anni, ripropone le immagini di un nuovo nubifragio, un’amara denuncia dell’indifferenza che ha segnato questi due anni, una verità scomoda ed irrispettosa del disinteresse nazionale.
Per Marco Dentici, sessantaquattrenne di Galati Marina, si tratta dell’esordio nel ruolo di regista, una scelta cinematografica dettata dall’esigenza di ridare dignità ad una popolazione ferita non solo fisicamente ma anche moralmente, una comunità a cui lo stesso regista appartiene e che in breve tempo si è ritrovata abbandonata ed isolata nell’oblio del silenzio.
E messinesi sono anche i tre attori protagonisti del lungometraggio, Maria Grazia Cucinotta, Nino Frassica e Ninni Bruschetta che con estrema passione hanno voluto esprimere la loro vicinanza al tema dell’opera di Dentici. (Giuseppe Spanò)
