Musica. "La preghiera del disperato" al tempo della pandemia

Musica. “La preghiera del disperato” al tempo della pandemia

Redazione

Musica. “La preghiera del disperato” al tempo della pandemia

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giovedì 25 Marzo 2021 - 11:11

L'autore Bartolomeo Cosenza: "Il brano è dedicato a tutti coloro che, pur nelle enormi difficoltà, trovano la forza e il coraggio per andare avanti e continuare a sperare. Dio non ci abbandona"

La settimana scorsa ci eravamo lasciati con una bellissima Ave Maria del Maestro Bartolomeo Cosenza https://www.youtube.com/watch?v=ZrAnPimzMAk. Un brano capace di dare forti emozioni e commuovere l’ascoltatore fino alle lacrime. Continuiamo adesso a parlare delle composizioni del Maestro, soffermandoci questa volta su un brano dal titolo sicuramente inusuale: “La Preghiera del disperato” https://www.youtube.com/watch?v=9KfdqxpeVck.

Che questo compositore sia una persona dalla profonda fede è fuor di dubbio, ma vorrei approfondire perché la preghiera è proprio quella di un disperato. Certo, sembra molto attuale, visto che la pandemia da Covid-19 ha seminato attorno a sé morte, paura e disperazione, amplificando esponenzialmente gli effetti della crisi che il nostro Paese già da anni vive. Avvio il video. Un bellissimo lungomare, il Foro Italico della città di Palermo. Forti onde si infrangono sugli scogli, un mare burrascoso e agitato. Ma mi rendo conto che la tempesta non solo una condizione meteorologica, ma è condivisa dallo stato d’animo del nostro protagonista, un uomo distinto e dai capelli brizzolati che cammina pensieroso e nervosamente sul lungomare, è il tenore del Teatro Massimo, Domenico Ghegghi, è lui che interpreta il disperato. Sembra, in effetti, smarrito e confuso. Si è fatto buio, il fragore del mare cede il posto al silenzio, l’atmosfera si fa quasi onirica ed ecco che il nostro protagonista trova “rifugio” in una chiesa, quella dellaFondazione “Casa Lavoro e Preghiera” di Padre Messina, un vero e proprio faro nella tempesta. La scena continua all’interno della chiesa, ed ecco apparire nuovamente da dietro la porta il nostro disperato. Mai titolo fu più appropriato. Il personaggio esterna tutta la sua angoscia, una disperazione acuta e palpabile che stringe il cuore di chi l’ascolta. Ma chi è questo disperato? Non ci è dato saperlo. L’autore lascia all’immaginazione di chi ascolta e di chi probabilmente condivide gli stessi problemi, o almeno in parte, del protagonista. Forse è una di quelle persone che ha perduto il lavoro e non sa come tirare avanti, o forse è uno di quei commercianti che è stato costretto a chiudere la propria attività per via della pandemia e ha dovuto a malincuore licenziare i suoi dipendenti; o forse è proprio uno di quei dipendenti licenziati; o forse chissà? Ma alla fine non penso sia importante sapere quale sia la vera ragione. Ora sono con lui in questa chiesa e condivido la sua angoscia. Si intravede in una dissolvenza incrociata una città piovosa, le strade sono deserte, non c’è anima viva, potrebbe essere una qualsiasi città d’Italia. Le famiglie piene di ansia e preoccupazione sono rintanate nelle proprie case. Le “gocce di pioggia son lacrime” recita l’aria, “un canto che si perderà nel vento”. Un climax di dolore e inquietudine, il protagonista sembra quasi che voglia farla finita, è stanco, sfinito, sfiduciato da tutto e da tutti. Ma improvvisamente ode una voce! Una voce che lo aiuta salvandolo da un gesto estremo e disperato. Non si sa da dove essa provenga ma chiede di essere ascoltata. Il nostro uomo è confuso, spaesato, si guarda attorno, ha paura, ma dopo comprende che quella voce è una voce interiore, forse la voce della coscienza, chissà? Una voce che si fa sempre più insistente e che si fa strada in quel coacervo brulicante di tormenti ed afflizioni. Una voce dolce e melodiosa (quella del soprano Natasa Kàtai) che lo invita a riflettere, a non arrendersi, ad amare la vita. Una luce in fondo al tunnel che lentamente ma inesorabilmente si intensifica e contrasta le tenebre che avvolgono l’anima del nostro disperato. Sembra di assistere a quella famosa conversione angosciosa dell’Innominato dei Promessi Sposi. Un duello interiore, un conflitto benefico prende vita nell’animo del personaggio. Una battaglia fra forze contrastanti: sfiducia e conforto, desiderio di mollare tutto e voglia di ricominciare, disperazione e speranza. Si la speranza! E’ proprio quella che alla fine prevale! L’amore per la vita infuso dal buon Gesù e dalla celeste Madre trionfa su tutto. Dopo che si è tolta la giacca ecco un assolo del tenore che mette letteralmente i brividi e poi il finale… e che finale! Per tre volte si inneggia alla vita e al nostro buon Dio con un crescendo orchestrale e una melodia che scalda il cuore. Ho la pelle d’oca! E’ stata un’esperienza catartica, un lungo e sofferto calvario. Sembra di avere percorso la montagna del purgatorio Dantesco assieme al protagonista e adesso vedo con lui una luce che illumina il mondo, una luce di speranza e si torna a “riveder le stelle”. Alla fine del video leggo: “il brano è dedicato a tutti coloro che, pur nelle enormi difficoltà, trovano la forza e il coraggio per andare avanti e continuare a sperare. Dio non ci abbandona!”. Altri video del Maestro Bartolomeo Cosenza sono disponibili ai seguenti link:

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