Ritorna Santo Piazzese con il suo nuovo romanzo "Blues di mezz'autunno"

Ritorna Santo Piazzese con il suo nuovo romanzo “Blues di mezz’autunno”

Laura Giacobbe

Ritorna Santo Piazzese con il suo nuovo romanzo “Blues di mezz’autunno”

venerdì 22 Novembre 2013 - 11:25

Il nostro amato Lorenzo La Marca, dopo una breve pausa ne “Il soffio della valanga”, ritorna prepotentemente in scena.

Finalmente di ritorno, Santo Piazzese, con il suo nuovo romanzo, “Blues di mezz’autunno”. Il nostro amato Lorenzo La Marca, dopo una breve pausa ne “Il soffio della valanga”, ritorna prepotentemente in scena. “Per un ritratto del protagonista da giovane”: questo sarebbe stato il titolo alternativo, ha rivelato Piazzese durante la presentazione del libro, avvenuta lo scorso sabato 16 Novembre presso la libreria Ciofalo. Stavolta infatti non si tratta più di un giallo, ma di un romanzo di formazione che ha tutto il sapore, amaro e dolciastro, della nostalgia. Attraverso un lungo flashback, assistiamo insieme alla nascita del personaggio e all’affascinante percorso di crescita del protagonista, mentre da ragazzo diventa uomo. Il tutto naturalmente condito da una scelta perfetta di colonne sonore, cui l’autore, da amante della musica quale è, non può rinunciare. Come questi ci spiega, sollecitato dalle domande del moderatore, il giornalista Marcello Mento, si tratta di una scelta studiata poiché la musica deve assecondare il registro linguistico.

“Il blues non è soltanto un genere musicale. E’ anche uno stato d’animo”, sostiene l’autore. In questo caso, potremmo dire che è più un’atmosfera, che avvolge il lettore come una malia e lo intrappola, in un di torpore beatamente malinconico, per tutta la durata della storia. E il lettore si lascia trasportare, scivolando indietro nel tempo nella Sicilia degli anni Settanta, con i suoi ritmi lenti, ancora dettati in larga misura dalle leggi naturali e non stravolti dal progresso. Ci si trova così di fronte ad un La Marca in erba, studente di biologia, alle prese con una tesi sperimentale sulla migrazione dei tonni. Per fare esperienza sul campo, questi si ritrova imbarcato su di un peschereccio, il Santa Ninfa, a condividere la vita dura e spartana dei marinai. Dopo una resistenza iniziale dettata dalle abitudini cittadine, finisce per subire il fascino irresistibile che il mare sa esercitare. Comincia così a legare con i membri dell’equipaggio, ad ogni imbarco un po’ di più, a conoscerne le abitudini più bizzarre, a comprenderne i discorsi e i silenzi. Il tempo assume una dimensione diversa a bordo. A volte vola in compagnia della musica, del buon vino e dei ricchi piatti di pesce cucinati ad arte da don Benedetto, cuoco di bordo nonché membro più anziano dell’equipaggio, con cui il saggio capitano Valenza non manca di confrontarsi in merito alle decisioni più rischiose; a volte le ore sembrano interminabili, spese in minuziose, metodiche occupazioni e accompagnate da un linguaggio fatto solo di gesti e di sguardi. Perché, dopo tanto tempo trascorso insieme in uno spazio ristretto, le parole diventano superflue. La vita per mare è fatta anche di questo, e la baldoria si alterna alla malinconia, e la muta contemplazione dell’orizzonte trasporta lontano i marinai, alle loro case. Ai loro amori. La Marca diventa così parte integrante di questo mondo, pur consapevole che, come tutte le fasi più o meno piacevoli della vita, anche questa deve avere un termine. Poi, all’improvviso, un faro appare nella notte e la Spada dei Turchi si palesa, con questo nome evocativo ed un alone di mistero ad avvolgere la sorte sua e degli abitanti. La Spada dei Turchi è un’ “Isola non trovata”. Un luogo immaginario, sintesi di molti luoghi reali in cui l’autore ha soggiornato, nell’arco della sua vita. E forse è proprio quest’idea a conferirle, nel libro, maggiore fascino e a farne un luogo quasi magico. All’apparenza insignificante, uno sputo di terra inesistente sulle mappe, impossibile da trovare, che sembra cambiare posizione a suo personale piacimento, per non essere trovata, se non al momento opportuno.
La Marca ne è immediatamente attratto, come molti prima di lui, “gli stravaganti”, gente partita da varie parti del mondo, ognuno con la sua storia alle spalle, approdato per caso e poi incapace di tornare indietro, se non con l’insaziabile desiderio di farvi ritorno. Chi in fuga dal passato, chi da una storia finita male, chi per dimenticare una perdita o le brutture della guerra. La Spada è un posto dove ritirarsi dal mondo, fuggire dal destino o semplicemente stare un po’ in pace con se stessi. Così accade al protagonista. Sbarcato più che altro per curiosità, pur cercando sempre, per carattere, di restare un po’ defilato, finisce per essere coinvolto ed apprezzato, ed apprezzare a sua volta i bizzarri abitanti dell’isola, stringendo con alcuni una profonda amicizia. Ed è così che La Spada gli entra dentro, incatenandolo per sempre. Ogni buona avventura tuttavia, per rimanere tale, è destinata a concludersi. Ma rimane un ricordo che, di tanto in tanto, a tradimento ritorna. Basta una brezza di mare o un leggero blues, per risvegliare qualcosa che è solo sopito.
Una stretta piacevole al cuore, come il ricordo dei giorni lontani.

Santo Piazzese, oltre che affascinare come sempre con la vastità dei suoi interessi, grazie alle citazioni che spaziano dal cinema, alla letteratura, alla musica, con questo quarto romanzo, si concede una pausa dal suo genere prediletto. Un esperimento assolutamente riuscito, che non può che far sperare il pubblico in una nuova uscita, nel minor tempo possibile.

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