L'accusa chiede la condanna a 2 anni e mezzo per l'imprenditore edile Carlo Borella

L’accusa chiede la condanna a 2 anni e mezzo per l’imprenditore edile Carlo Borella

L’accusa chiede la condanna a 2 anni e mezzo per l’imprenditore edile Carlo Borella

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lunedì 12 Marzo 2012 - 13:49

Il PM Giuseppe Verzera ha chiesto la condanna a due anni e mezzo di reclusione per l'imprenditore edile messinese Carlo Borella che deve rispondere di favoreggiamento aggravato di associazione mafiosa. Borella ha chiesto di essere giudicato con il rito abbreviato. Analoga richiesta avanzata dal collaboratore di giustizia Alfio Castro. La sentenza del gup Giovanni De Marco prevista per mercoledì prossimo.

E’ iniziata con un colpo di scena l’udienza preliminare dell’operazione “Sistema 2” che aveva portato alla luce una serie di estorsioni ai danni di imprenditori messinesi da parte della famiglia mafiosa di Barcellona. L’imprenditore Carlo Borella, ex presidente dell’Ance Messina, l’Associazione dei costruttori edili, ha chiesto al gup Giovanni De Marco di essere giudicato con il rito abbreviato per rispondere della pesante accusa di favoreggiamento aggravato di associazione mafiosa. Analoga richiesta è stata avanzata da Alfio Giuseppe Castro, oggi collaboratore di giustizia, uomo di fiducia delle cosche catanesi nei rapporti con i clan di Barcellona. Il PM Giuseppe Verzera ha quindi chiesto la condanna a due anni e mezzo di reclusione per Borella e a tre anni e due mesi per Castro che ha ottenuto le attenuanti per la collaborazione. Verzera ha ribadito le richieste di rinvio a giudizio per il reggente della cosca dei barcellonesi Carmelo D’Amico e per il geometra Biagio Raffa, ex dipendente della Demoter, l’impresa di Borella. E’ stata, invece, stralciata la posizione di Tindaro Calabrese, il boss dei “Mazzarroti” che oggi non era in aula perché impegnato nel processo dell’operazione antimafia “Vivaio”. L’udienza è stata aggiornata a mercoledì prossimo quando il gup De Marco emetterà la sentenza per Borella e Castro, deciderà sulle richieste di rinvio a giudizio per Raffa e D’Amico e riunificherà la posizione di Calabrese.
Le indagini scattarono grazie alle dichiarazioni di un imprenditore edile costretto a pagare il pizzo. Un vero e proprio sistema delle tangenti che i padrini di Cosa Nostra imponevano agli imprenditori che vincevano gare di appalti pubblici nella zona. Immediatamente venivano contattati dagli emissari del clan che li costringevano a versare la cosiddetta “messa a posto”. Ad esempio D’Amico e Calabrese, secondo l’accusa, imposero il pizzo all’impresa “Mediterranea Costruzioni” impegnata nei lavori di realizzazione del centro commerciale di Milazzo. Il titolare versava al clan 10.000 euro a Natale, Pasqua e Ferragosto. D’Amico avrebbe costretto a pagare tangenti anche la Demoter di Carlo Borella che stava realizzando opere di metanizzazione a S. Lucia del Mela. Per nascondere le prove dell’estorsione D’Amico chiese ad un altro imprenditore di rilasciargli una fattura di 20 mila euro per il “nolo a freddo” dei mezzi. Ma anche Borella è indagato nell’operazione “Sistema” in quanto nel corso dell’interrogatori, condotto dagli uomini della Mobile, negò di aver versato il pizzo a Cosa Nostra. Per il favoreggiamento dei boss D’Amico, Calabrese e Castro è indagato anche il geometra Biagio Raffa al quale viene contestata anche l’emissione di false fatturazioni per 20 mila euro.

Un commento

  1. ECCO IL CONTRIBUTO DEI COSTRUTTORI MESSINESI ALLA NOSTRA CITTA’ : LO SCEMPIO DEL TERRITORIO CEMENTIFICATO FINO A SOFFOCARCI E UN EX PRESIDENTE DELL’ANCE, INDAGATO PER FAVOREGGIAMENTO AGGRAVATO DI ASSOCIAZIONE MAFIOSA.MENO MALE CHE SONO INVECCHIATI E
    I GIOVANI PALAZZINARI, GRAZIE ALLA MADONNINA, NON NE SONO “ALL’ALTEZZA”.

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