Shakespeare era messinese? L’architetto Giuseppe Provenzale indaga sull’identità del drammaturgo

Shakespeare era messinese? L’architetto Giuseppe Provenzale indaga sull’identità del drammaturgo

Giuseppe Spano

Shakespeare era messinese? L’architetto Giuseppe Provenzale indaga sull’identità del drammaturgo

lunedì 05 Novembre 2012 - 14:24

Lo studioso peloritano, nel corso di un convegno svoltosi a Londra, propone ulteriori analisi sulle origini del celebre scrittore “inglese”

William Shakespeare da Stratford upon Avon o Michelangelo (Giovanni, John) Florio da Messina?
L’architetto messinese Giuseppe Provenzale propone un’articolata analisi storica che evoca numerosi ed, apparentemente, fondati interrogativi.

Nell’intervento al convegno su “L’amore nella poesia di Shakespeare”, svoltosi all’Hilton Kensington Hotel di Londra, lo studioso peloritano riporta notizie biografiche, incongruenze ed affinità e qualche curiosità su personaggi e modi di dire della lingua messinese del ‘500 e, soprattutto, l’analisi comparata di metrica e costruzione del verso nella scrittura di Florio e Shakespeare.

Lo “scetticismo costruttivo” di Provenzale prende le mosse da una serie di riflessioni:
– Le opere del Bardo sono state scritte da un W. Shakespeare da Stratford mai uscito dall’Inghilterra (e senza alcun attestato di frequenza scolastica) o da un Michelangelo (o Giovanni, John) Florio colto italiano, giramondo e fuggiasco per motivi religiosi?
– Gli Inglesi si barricano a Stratford-Upon-Avon, gli Italiani (ma non solo) da circa un secolo ricercano notizie che portino in Italia l’identità di Shakespeare.
– Lamberto Tassinari ha scritto il saggio Shakespeare? È il nome d’arte di John Florio.
– Frances Amelia Yates nel John Florio in The Life of an Italian in Shakespeare’s England (1934) si è fermata un attimo prima della sovrapposizione dei due nomi e ne ha autorevolmente congelato ulteriori studi.
Entrambi li hanno però portati in Italia.
– Il defunto prof. Martino Juvara, riprendendo studi degli anni ’20 e ‘30 dello scorso secolo fa coincidere i due personaggi e li porta addirittura a Messina.
Juvara ha scritto di un Michelangelo Florio figlio di Giovanni Florio e Guglielmina Crollalanza nato a Messina il 23 aprile 1654, (stessa data per W. Shakespeare).

Resta comunque il dramma dell’impossibile rivelazione dell’identità floriana del Bardo e il dubbio che la biblioteca e quei manoscritti di Florio non siano veramente spariti. Li aveva lasciati a lord Pembroke e questa “mancanza” di prove è proprio la prova?

(Giuseppe Spano’)

4 commenti

  1. 'NDDRIA CAMBRIA 5 Novembre 2012 15:47

    CROLLALANZA pulisci la lancia
    FRANCALANCI pulisci la lancia

    dei due cognomi quello più usato da noi è il FRANCALANCI.

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  2. Ecco le prove che era di ME:
    a) ci sono ben due opere di WS ambientate a ME: non solo l’arcinota Molto Rumore per Nulla, ma anche il 2° atto di Antonio e Cleopatra;
    b) il resto della Sicilia è cmq molto ben rappresentato, ad es. Palermo (Il racconto d’inverno) e Siracusa (La commedia degli errori);
    c) in mezzo al testo originale inglese di Molto Rumore c’è anche la parola “mizzica”;
    d) nel Riccardo III, il deforme Gloucester (il futuro re Riccardo III) annega Clarence in una botte di vino … e – considerando anche l’assenza di una cultura vinicola autoctona degli Inglesi – sapete che vino era? la MALVASIA!!!;
    e) Shakespeare è la traduzione letterale di Crolla- (Shake-) -lancia (-speare), poi sincopato in -lanza, suffisso delle ns parti presente anche oggigiorno sia come tale che come cognome a parte.
    Serve altro?

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  3. Incommentabile. Dal metodo alla scarsa conoscenza delle regole dell’ortografia italiana. Gli architetti facciano gli architetti, e lascino fare agli storici, quelli veri, il loro mestiere.

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  4. Si, era di cammari, via polveriera!

    Schezi a parte, non dimentichiamoci che in quegli anni
    vi era una forte presenza inglese nei nostri mari e Messina non era una citta’ di poco conto. Alcune delle isole, dove oggi si produce la malvasia, erano proprieta’ di inglesi e proprio loro furono i primi a scoprire quanto era buono il vino delle lipari.
    Anche Salgari, in fondo, scrisse dell’India senza esserci mai stato.

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