-Angeli senza ali-: la «battaglia di civiltà» per la sicurezza sul lavoro

-Angeli senza ali-: la «battaglia di civiltà» per la sicurezza sul lavoro

Redazione

-Angeli senza ali-: la «battaglia di civiltà» per la sicurezza sul lavoro

martedì 02 Dicembre 2008 - 15:55

Si è svolto stamani l'incontro-dibattito organizzato da Tempostretto e la Cisl di Messina. Protagoniste le fotografie di Dino Sturiale. Tonino Genovese: «Non si parli solo dopo eventi luttuosi, teniamo accesi i riflettori»

In Italia ci sono tre milioni e mezzo di aziende. Sono chiamati a controllarne la sicurezza appena 430 ispettori. Questo dato sarebbe sufficiente a rendere l’idea di quale sia il livello della cultura della sicurezza sul lavoro nel nostro Paese. Un dato che si unisce a tutti gli altri sciorinati da Tonino Genovese (nella foto), segretario generale della Cisl Messina, in conclusione dell’incontro svoltosi stamani al Salone degli Specchi della Provincia, organizzato dal nostro giornale on-line Tempostretto.it insieme, appunto, alla Cisl sulla sicurezza sul lavoro. -Angeli senza ali- il titolo, quasi romantico, che si è voluto dare all’evento, che ha visto sedersi l’uno accanto all’altro istituzioni, politica, sindacato e informazione. «L’obiettivo – ha detto Pippo Trimarchi, nostro editore e moderatore dell’incontro – è tenere accesi i riflettori su una problematica che, al suo interno, ne contiene a sua volta tante altre».

Le vere protagoniste, però, sono le fotografie di Dino Sturiale, già oggetto di un lungo reportage da noi pubblicato e che meglio di qualsiasi parola fanno capire quanto grave e diffuso sia il problema (in fotogallery una selezione delle immagini). Scatti in certi casi sconcertanti, che hanno dato il là al dibattito. Alle fotografie si è affidato anche Francesco Giacobbe, ricercatore Ispesl, che ha focalizzato l’attenzione sulla percezione del rischio, punto centrale in quale la normativa vigente sulla sicurezza nei luoghi di lavoro imposta tutto proprio sulla valutazione del pericolo da parte di datori e soprattutto lavoratori. Curioso il dato statistico citato da Giacobbe sui responsabili, secondo i diretti interessati, degli incidenti sul lavoro: secondo il 41% degli intervistati è degli imprenditori, per il 24% è delle autorità di controllo e secondo il 21% è dei lavoratori stessi. Eloquenti anche le risposte sui Dpi (dispositivi di protezione individuale): «Sono stati consegnati a tutti», dicono i datori. «Mi danno fastidio», affermano i manovali.

Assente il direttore dell’Ispettorato Provinciale del Lavoro, Elio Coletta, una testimonianza interessante su chi è deputato al controllo è arrivata da Antonio De Domenico, ex ispettore del lavoro, secondo il quale «uno dei problemi più grossi è passare dalle carte burocratiche alla fattività. Nessuno, in realtà, può dire di applicare per intero il testo unico sulla sicurezza da poco approvato, anche se poi bisognerebbe ricordarsi che le prime norme esistono dal 1955». Sconcertanti i numeri sulle carenze organiche dell’Ispettorato: «Mediamente arrivano ogni anno 400 fascicoli dalla Procura, più varie richieste da ministeri, prefetture, carabinieri, ecc.. A fronte di tutto questo a Messina ci sono in servizio tre ispettori di vigilanza». De Domenico fa anche una fotografia dell’impresa tipo del messinese: «Oltre al datore di lavoro abbiamo tre dipendenti tipo, il parente, il -regolarizzato- e l’extracomunitario. Il grado di penetrazione della cultura di prevenzione deve fare un salto bigenerazionale, ma si consideri che non ci vuole una scuola di alta ingegneria per non assistere a quanto documentato dalle foto: sono tutte violazioni estremamente elementari della normativa».

Cosa fa la politica per -disinnescare- questa bomba perennemente sul punto di scoppiare? «Attraverso protocolli d’intesa e iniziative che partono dalle scuole – spiega Renato Fichera, assessore provinciale con delega al Lavoro e alla Sicurezza – stiamo cercando di fare opera di sensibilizzazione. Nel bilancio 2009 saranno inseriti più fondi per portare avanti questa fase progettuale». E a Fichera il segretario della Cisl Genovese chiede formalmente un impegno, quello di sottoscrivere un codice etico dedicato proprio alla tematica della sicurezza sul lavoro. Cisl rappresentata anche dal segretario provinciale della Filca Santino Barbera, il quale ci tiene a sottolineare che «non è tutto come si vede nelle fotografie il settore edile, che anzi, rispetto ad altri campi, ha trovato un certo equilibrio. Il problema è che tutti pensano di poter fare l’imprenditore edile o il manovale. E’ il comparto più produttivo e al tempo stesso più contagiato dal cancro del lavoro nero (abbiamo un buon 50% di sommerso). Si dice sempre che mancano uomini, mezzi e risorse: ma quanti impiegati potrebbero essere convertiti?».

Salvatore Arcovito, presidente regionale dell’Ance (Associazione nazionale costruttori edili) punta il dito sul problema della formazione, «anche per i tecnici. Il sistema ha evidentemente delle carenze, e nessuno può tirarsi indietro. E’ necessaria un’azione condivisa, so che il presidente regionale dell’Inail vuole rafforzare la collaborazione tra il mondo delle imprese e le casse edili, snodo certamente necessario e inevitabile. Si pensi a un dato: nei bandi di gara pubblici è previsto solo un 2% per il capitolato dedicato alla sicurezza. Chi conosce il problema sa che è troppo poco». Così come troppo poca è l’attenzione dedicata dall’Ausl al problema. Lo testimonia la responsabile del servizio Medicina del Lavoro dell’Ausl5 Teresa Carrara: «Siamo carenti, anche se il direttore generale si sta attivando per avere più tecnici. A fronte di oltre 30mila aziende, non solo dell’edilizia ma di tutti i settori, abbiamo due ispettori, due tecnici e dieci medici. Siamo pochissimi, ci vorrebbe più personale e soprattutto più spesa per la prevenzione».

La conclusione di Tonino Genovese è che «la realtà supera le parole, per questo ci siamo affidati alle immagini e ai numeri. Il lavoro deve essere per l’uomo, non l’uomo per il lavoro. Non si parli di sicurezza solo dopo un evento luttuoso, il nostro compito è tenere sempre accesi i riflettori. E’ una battaglia di civiltà, in un paese civile non si può morire di lavoro. Dal 2007 gli incidenti sono diminuiti, ma la media è ancora di 3 morti al giorno, sono 1 milione gli infortuni, quelli denunciati. La battaglia diventa anche di legalità, di contrasto al lavoro irregolare. Diventa un’assunzione di responsabilità». Poi i numeri, che insieme alla fotografia dicono tutto: «3,5 milioni di aziende in Italia, solo 430 ispettori. Il 42% dei decessi avviene per cadute, il 20% perché travolti da mezzi meccanici. L’età media: 37 anni. Considerando che la vita media in Italia arriva a 79 anni, vengono tolti, rubati 42 anni di vita a chi muore sul posto di lavoro. 5607 gli infortuni denunciati in provincia nel 2007, 8 quelli mortali, mentre nel 2008 sono già 9 i decessi. Che fine ha fatto – si chiede il segretario della Cisl – l’impegno straordinario assunto dal governatore Lombardo dopo i fatti di Mineo? E’ impantanato nelle commissioni dell’Ars in uno stucchevole rimpiattino tra maggioranza e opposizione».

«Non ci fermeremo qui, – annuncia Genovese – questa collaborazione nuova tra giornale on-line e organizzazione sindacale proseguirà su internet, mentre l’iniziativa di oggi diventerà itinerante, entrando nelle scuole della città e della provincia».

Nella fotogallery alcune delle immagini scattate da Dino Sturiale

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