D'Amore: «Il dissesto sarebbe la pietra tombale per la città». Briguglio: «Basta con l'Ente porto»

D’Amore: «Il dissesto sarebbe la pietra tombale per la città». Briguglio: «Basta con l’Ente porto»

Redazione

D’Amore: «Il dissesto sarebbe la pietra tombale per la città». Briguglio: «Basta con l’Ente porto»

sabato 15 Marzo 2008 - 12:20

Il duo di Risorgimento messinese torna a parlare a Palazzo Zanca. Il candidato a sindaco: «Ridurre gli sprechi si può, ecco come»

«Si va a votare per le elezioni regionali e politiche, e nessuno ha speso una parola per la città». Parte forte Carmelo Briguglio, presidente di Risorgimento messinese, nell’incontro organizzato oggi a Palazzo Zanca dal nome -Costruiamo il nostro futuro-. E parte con una considerazione difficilmente smentibile: -loro- pensano a liste e a strategie romano-palermitane, -noi- parliamo della città. Se tutto questo si tradurrà in un vantaggio alla urne per le prossime amministrative, dove Fabio D’Amore correrà per la poltrona di sindaco, chiaramente è ancora presto per dirlo, ma in ogni caso Risorgimento messinese qualche simpatia la sta ottenendo, anche tra i colleghi politici, come Antonio Saitta, Ciccio Rizzo e Alessandro La Cava, giusto per fare qualche nome, oggi in platea per ascoltare le proposte e le idee della coppia D’Amore-Briguglio.

L’ex consigliere di Vince Messina parla di una campagna elettorale che in questo momento è caratterizzata da «un tifo da stadio, senza nessun contenuto». Poi avverte: «Attenti ad esaltare un certo tipo di turismo, come quello prospettato per la zona di Tono e Mortelle (il riferimento è al progetto di Bohigas, nda), un turismo attraverso il quale non creiamo imprenditori, come si fa ad esempio sulla riviera romagnola, ma camerieri». Briguglio insiste su un tasto già toccato altre volte: «Smettiamola di esportare cervelli, non voglio morire in una città piena di camerieri, ma di dirigenti, di imprenditori». Dunque sposta il mirino sul waterfront, sulla schiavitù dai tir («cosa si aspetta a far partire la via del mare?») e su tempi d’attualità, visto il recente Comitato portuale sul Prp, come il Punto Franco e la zona falcata. Su quest’ultima afferma: «Non può diventare un condominio per ricchi. Quella è un’area che deve essere dedicata al lavoro, alla ricchezza, e nel porto vanno fatte attività portuali, non musei o lottizzazioni». Sul Punto Franco ribadisce come «la legge sia chiara su questo: tutto compete all’Autorità portuale. L’Ente porto è tenuto in vita solo dai suoi quattordici consiglieri e dall’unica impiegata». L’ultimo riferimento è alla riqualificazione delle zone conosciute come Zis (zona industriale statale) e Zir (zona industriale regionale), abbandonante a se stesse e che dovrebbero essere di fruizione degli imprenditori locali.

Nel suo intervento D’Amore si concentra su un punto di estrema delicatezza ed attualità: il dissesto finanziario. «Una iattura per la città di Messina» la definisce senza mezzi termini l’ex presidente del Consiglio comunale. «Cosa significa – continua – lo si potrebbe chiedere al prefetto Alecci, che ha vissuto in prima persona l’esperienza di Taranto, Comune che ancora paga le conseguenze di questo atto». D’Amore ritiene che chi vuole il dissesto (si riferisce agli -ex- alleati dell’Udc?) non vuole il bene della città, e che anzi «è una follia parlare di sviluppo e poi chiedere il dissesto». Dunque passa a chiarire alcuni punti su ciò che accadrebbe se il commissario Sinatra o chi per lui dovessero prendere una decisione in questo senso: «Non esiste l’idea che tutto torna come prima una volta dichiarato il dissesto. Verrebbe nominato un organo di tre membri che deciderebbe, nella sostanza, il futuro della città. I primi a subirne le conseguenze sarebbero i creditori del Comune. E’ falso – aggiunge – dire che lo Stato risana le casse, non è così dal 2001. Si avrebbe l’aumento di tutte le tasse comunali al massimo consentito, con la tassa per la spazzatura, ad esempio, che passerebbe a totale carico dei cittadini. Si sarebbe obbligati a vendere il patrimonio immobiliare del Comune, un danno immediato ma anche futuro. Ogni spesa non ritenuta indispensabile verrebbe eliminata, tanto che alcune imprese hanno già fatto sapere che in questo caso sarebbero pronte a portare i libri in tribunale e a chiudere. Insomma – conclude – è un’ipotesi inverosimile, che il Consiglio comunale, con un ultimo atto di responsabilità votando il bilancio dopo la sentenza di decadenza, ha voluto evitare consegnando, appunto, il bilancio approvato al commissario». D’Amore espone quali sono alcune delle proposte di Risorgimento messinese in merito alla riduzione degli sprechi: «Limitare le consulenze esterne, ridurre drasticamente le spesi di rappresentanza, razionalizzare e controllare i lavori pubblici e sulle strade, porre un freno all’antico vizio dei debiti fuori bilancio, e a questo proposito qualcuno dovrebbe spiegare perché i dirigenti non vengono perseguiti economicamente, modificare il sistema dei rifiuti». D’Amore ha già annunciato che sull’argomento tornerà in un prossimo incontro, ma ha chiarito ancora una volta: «Il dissesto sarebbe una pietra tombale per la città. Visto che siamo in periodo pasquale – conclude – voglio credere che le pietre tombali si possono anche rimuovere».

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